Questa pagina è una stanza disabitata.
Ogni tanto porto una seggiola rotta
o un pacco di giornali, e li abbandono
in un angolo: nient’altro.
Quello che avanza si dispone qui
e nella tregua dell’uso si deposita.
É l’ultima sosta degli oggetti
prima d’uscire dall’orizzonte della casa,
nella luce chiara del loro tramonto.
Non ho un bicchiere d’acqua
sopra il letto:
ho questo quaderno.
A volte ci segno parole nel buio
e il giorno che segue le trova
deformate dalla luce e mute.
Sono oggetti notturni
posati ad asciugare,
che nel sole s’incrinano
e scoppiano. Restano pezzi sparsi,
povere ceramiche del sonno
che colmano la pagina.
É il cimitero del pensiero
che si raccoglie tra le mie mani.
Amo i gesti imprecisi,
uno che inciampa, l’altro
che fa urtare il bicchiere,
quello che non ricorda,
chi è distratto, la sentinella
che non sa arrestare il battito
breve delle palpebre.
Mi stanno a cuore,
perché vedo in loro il tremore,
il tintinnio familiare
del meccanismo rotto.
L’oggetto intatto tace, non ha voce
ma solo movimento. Qui invece
ha ceduto il congegno,
il gioco delle parti,
un pezzo si separa,
si annuncia.
Dentro qualcosa balla.
(V. Magrelli, Poesie)