sabato 29 febbraio 2020

Lucia Anna Joyce



Figlia di un genio, innamorata di un genio, allieva di un genio, paziente di un genio. La lapide, nel piccolo cimitero di Northampton, in Inghilterra, avrebbe potuto recare questa epigrafe. Vi si legge invece solo il nome di chi riposa lì sotto, e poi le date:

Lucia Anna Joyce, Trieste 1907 - Northampton 1982.


Lucia, creatura sfortunata e bellissima. Lucia, creatura intelligentissima. Lucia e il suo vestito da sirena cucito da sola. 1929, recita la data di questa immagine, mentre Lucia selvaggia e leggiadra danza sotto lo sguardo incantato del pubblico. Un giorno si parlerà di James Joyce come del padre di Lucia - dichiarò qualcuno. Lucia e l'equilibrio che si spezza. Cede Lucia a qualcosa di troppo grande per una mente sola. Nessuno ha mai raccontato veramente questa storia. L'amore del padre, il loro rapporto intenso cerebrale esclusivo, la gelosia che di questa complicità ha Nora sua madre, l'indifferenza di Giorgio, suo fratello, che la condanna al manicomio a vita.
È la persona più intelligente che conosca -diceva Joyce- Ha un fuoco nel cervello acceso da ogni scintilla di talento che io possiedo e che a lei ho trasmesso. A trentatré anni Lucia avrà fatto il giro dei manicomi europei, sarà stata sottoposta a ogni genere di terapia, violentata infinite volte nel corpo e nella mente, psichicamente annullata. L'ultimo a cui Joyce disperato si rivolge è Jung che non riesce però a formulare una diagnosi precisa. Al rifiuto del padre che non vuole che sottoponga le sue poesie ad una analisi ritenendole una nuova letteratura, Jung non se la sente di continuare e l'abbandona. Quando Joyce andrà a prendere la figlia in Svizzera, congedandosi da Jung dirà: Lucia ed io nuotiamo nella stessa acqua. Sì, ma lei sta affogando, sarà la replica dell’analista. Della vita di Lucia non resta niente. Come se mai fosse esistita. Il padre è l'unico che continui ad andare a trovarla. Lucia è il suo specchio. Ma quando muore improvvisamente nel 1941 lei viene trasferita nel manicomio di Northampton, in Inghilterra, e lì dimenticata. La madre non andrà mai a trovarla e tantomeno il fratello.
Eppure c'è qualcuno che ha conservato questa immagine nel suo portafoglio per tutta la vita. L'unico uomo che Lucia abbia amato. Samuel Beckett. A tenere in vita il mistero di Lucia e del suo amore non corrisposto che forse avrebbe potuto salvarla. Beckett non si separò mai da questa foto. Un gesto. Un segno. Un amore irrealizzato. Forse un pentimento. E poi ancora solo il buio.

Francesca d’Aloja, Corpi speciali





















































Talento



Cerco di capire quale potrebbe essere la mia vocazione: raggiungere l’assoluto, tentando di elevare, perfezionandomi, il livello della mia maestria. La dignità dell’artigiano. Il livello della qualità. Perduto da tutti perché inutile e sostituito dall’apparenza, dall’illusione della qualità. Io invece voglio conservare il livello della qualità. Come Atlante, che reggeva la Terra sulle proprie spalle. Avrebbe potuto, quand’era stanco, lasciarla semplicemente cadere. Per una sconosciuta ragione tuttavia non l’ha mai fatto, ha continuato a portarla sulle spalle. Ed è questa la cosa più sorprendente del mito, non tanto il fatto che l’abbia sopportata così a lungo, ma che abbia continuato a portarla anche dopo aver scoperto l’inganno.
Il talento è una disgrazia perché se, da un lato, non dà diritto ad alcun merito né rispetto particolari, d’altro canto impone enormi vincoli, come per un uomo onesto i preziosi affidatigli perché li custodisca, senza il diritto a trarne un profitto personale. Non capisco perché la gloria sia il massimo dei sogni delle cosiddette personalità del mondo artistico. È più probabile che la megalomania sia invece un segno di mancanza di talento. Vivere la vita per dare forma a qualcosa –che sia fittizio o fatale, che ci faccia fiorire nell’eternità o meno– è il carisma potente. Viviamo qui per dare vita ad altro, per altri. Fosse pure un quaderno, su cui è inscritta una favola, nascosto in un armadio, a favore dei futuri e di chi non saprà comprenderlo. A volte l’incendio va equiparato al bacio.

Andrej Tarkovskij,  Martirologio






Comet



Comet McNaught, Australia












giovedì 27 febbraio 2020

I.F.O.




Il viterbese Pierpaolo Lazzarini ha ideato l'"Identified Flying Object". Si tratta di una capsula montata su un velivolo mosso da otto eliche che trasporta due persone ed è alimentato da batterie, un disco volante di 4,75 metri con otto motori elettrici.
Per ottenere questo risultato, è stata montata una capsula di circa due metri (per i passeggeri) su un drone Phantom 4, a cui sono state effettuate delle modifiche hardware e aggiunte quattro eliche a quelle esistenti. In questo modo, «non cambia molto rispetto alla tecnologia che sta alla base del drone, ma viene pilotato dall’interno e può avere la stessa elevazione di un elicottero», spiega ancora il suo ideatore. Velocità raggiungibile: 200 chilometri orari.
I passeggeri potranno entrare nella capsula centrale tramite scale o grazie a una semisfera che funge da ascensore. L’IFO è in grado di trasportare fino a due persone. Il peso è uno dei problemi a cui sta cercando di far fronte Lazzarini: «Dovendo volare, dobbiamo stare sotto i 600 chili, passeggeri compresi». Per questo è stata usata per la realizzazione una fibra di carbonio leggerissima. «Il problema sono le batterie, che da sole raggiungono i 200 chili». Le batterie forniscono al mezzo un’autonomia di circa un’ora e un quarto. Che si riduce a 45 minuti se a bordo ci sono due persone. La guida dell’IFO potrà essere, a scelta, manuale o da remoto. In caso d’emergenza, la capsula centrale è programmata per staccarsi, mentre un paracadute posizionato nella parte posteriore metterà in salvo i passeggeri. 
 








Prospettiva




Perspective, ph. Sami Uçan, Turkey







lunedì 24 febbraio 2020

domenica 23 febbraio 2020

giovedì 20 febbraio 2020

Mandragola



La mandragola è una radice, che si biforca come due gambe di donna, e quando la si toglie dal terreno manda un grido di disperazione. Come ciò sia possibile nessun autore lo dice. Ma la mandragola per questo si colloca nella linea incerta tra il vegetale e l’animale.
D’altronde si legge nel Talmud che quando una pianta, o anche un semplice arbusto viene reciso, uno stelo d’erba, un piccolo non ti scordar di me, si leva un grido straziante che va da oriente a occidente percorrendo tutto il cielo, ma nessuno lo sente. È questa la condizione del vegetale, che è muto, e non si sente il muto canto di un prato in una giornata di giugno, ogni specie di erba con la sua tonalità diversa, il radicchio con la voce da basso che canta canzoni melodiche, le eriche che formano un coro come di donne in chiesa, il vilucchio che fa il tenore napoletano, e via di seguito, sono centinaia di specie in un prato qualunque, con vari solisti, che si aprono al sole; di color giallo, bianco, rosato, azzurrognolo, è come un canto a bocca chiusa, un inno, che dura una giornata, raggiunge l’apice tra mezzogiorno e le tre, se non è nuvolo, poi scende di un’ottava, poi di due, e quando il sole tramonta c’è come un brusio, una specie di debole Ave Maria in chiave di basso, o di Om, perché l’erba è profondamente religiosa; non che creda in un Dio antropomorfo, l’erba non crede in niente, neanche nelle mucche, al massimo dice: «accomodatevi» (...)

E. Cavazzoni, La mandragola, da Guida agli animali fantastici 


 











martedì 18 febbraio 2020

Onori



Una volta mi si è posato un passero sulla spalla mentre stavo zappando in un giardino del villaggio e ho sentito di essere più onorato in quella circostanza di quanto lo potessi essere da qualsiasi mostrina avessi potuto indossare.

Henry David Thoreau







domenica 16 febbraio 2020

venerdì 14 febbraio 2020

lunedì 10 febbraio 2020

Joaquin











Vigne



Isola di Lanzarote, nell’arcipelago delle isole Canarie: sul terreno vulcanico, completamente nero e ricco di nutrienti ma difficile da coltivare, gli isolani sono 
riusciti a costruire dei vigneti molto particolari. Infatti a causa del vento costante 
che soffia sull’isola ogni vite è stata piantata all’interno di una buca circolare scavata 
al fine di tenere la pianta al riparo ed evitare che si danneggi; questo ovviamente costringe ad una raccolta manuale dell’uva, la Malvasia vulcanica, tipica dell’isola.
























sabato 8 febbraio 2020

giovedì 6 febbraio 2020

Canto



"Tra gli Himbas della Namibia in Africa del sud, la data di nascita di un bambino non è fissata al momento della nascita o del concepimento, ma molto prima: dal giorno in cui il bambino è pensato nella mente della madre.
Quando una donna decide di avere un figlio, si siede e si riposa sotto un albero, e ascolta fino a quando non sente il canto del bambino che vuole nascere. E dopo aver ascoltato il canto di quel bambino, torna dall'uomo che sarà il padre del bambino per insegnargli quel canto. E poi, quando fanno l'amore per concepire fisicamente il bambino, cantano la canzone del bambino per invitarlo.
Quando la madre è incinta, insegna la canzone del bambino alle ostetriche e alle donne anziane del villaggio, in modo che quando il bambino nasce, le donne anziane e le persone intorno al bambino cantino la sua canzone per accoglierlo.
Quando il bambino cresce, gli altri abitanti del villaggio imparano la sua canzone, in modo che se il bambino cade, o si fa male, ci sia sempre qualcuno che lo prenda in braccio e gli canti la sua canzone. Inoltre, se il bambino fa qualcosa di meraviglioso, o passa con successo attraverso i riti di passaggio, la gente del villaggio canta la canzone in onore del bambino.
Nella tribù c'è un'altra occasione in cui gli abitanti del villaggio cantano per il bambino. Se, in qualsiasi momento della sua vita, la persona commette un crimine o un atto sociale aberrante, l'individuo è chiamato al centro del villaggio e la gente della comunità forma un cerchio intorno a lui. Poi cantano la sua canzone. La tribù riconosce che la correzione di un comportamento antisociale non avviene attraverso la punizione ma attraverso l'amore e il ricordo della propria identità. Quando si riconosce la propria canzone, non si vuole o si deve fare nulla che possa nuocere all'altra persona. Ed è lo stesso per tutta la vita. Nel matrimonio si cantano canzoni, insieme. E quando quel bambino è invecchiato ed è a letto, pronto a morire, tutti gli abitanti del villaggio conoscono la sua canzone e la cantano per l'ultima volta".





mercoledì 5 febbraio 2020

L'origine dei mali



Prosperano in Cina i Pigs hotels, edifici di 11 piani con 1.000 maiali da macellare 

per piano. Si potrebbero chiamare allevamenti super intensivi: qui gli animali 

non vanno in vacanza. Attendono la morte in un inferno multi-piani.


Rinchiusi in palazzoni freddi, dove non c’è erba cielo e luce ma solo cemento. 
1.000 animali per per piano, vengono ingrassati dagli allevatori della Cina per soddisfare l’appetito del popolo cinese che sceglie la carne di maiale come alimento principale da inserire nella dieta quotidiana.   I cosiddetti “Pigs hotel”, hotel dei maiali, sono situati sul Monte Yaji, nella Cina meridionale. La società agricola privata Guangxi Yangxiang Co Ltd, gestisce sei allevamenti dai sette ai 13 piani. Sono gli edifici di questo genere più alti del mondo
(…) “Ci sono grandi vantaggi sul costruire un grattacielo per maiali”, – ha detto Xu Jiajing, direttore dell’allevamento di Yangxiang- “si risparmiano energia e risorse. L’area di terra non è molta, ma in poco spazio puoi allevare tanti animali”. (...)

Lo Yangxiang ospita 30.000 scrofe su un’area di 11 ettari e produce fino a  
840.000 suinetti all’anno. Si tratta dell’allevamento più grande e 
più intensivo a livello globale. (...)
L’impatto visivo così come quello emotivo è devastante. Migliaia di vite accatastate 
su piani di cemento, ingozzate e mandate a morire ogni ora del giorno.
 Questo è l’off-limits della disumanità, oltre il quale non resta che la meschinità dell’uomo. 




 

Quiet










lunedì 3 febbraio 2020

Virus



Il coronavirus è stato sequenziato dai Cinesi e pubblicato su Lancet il 30 gennaio 2020:

Il virus pare sia stato isolato da:



Italiani, il 2.02.2020

Le ricercatorici italiane sono state definite in tanti modi, tra cui, da La Repubblica, come “Gli angeli del virus”. Niente, due tette e una figa vengono prima di una professione.
Titoli a gogo sul fatto che l’Italia sia stata la prima a isolare il virus. Moti d’orgoglio, cazzi dritti su cui far sventolare il tricolore, “visto cosa siamo capaci di fare?”. Tutte manifestazioni d’orgoglio provenienti da chi, di solito passa le giornate a scrivere e criticare i sovranisti.
A seguito della notizia-fake sull’eccellenza tutta italiana e blablabla, neanche 12 ore dopo si è entrati nel vortice dei fondi dati alla ricerca, dei ricercatori precari, se stavamo in Germania, se stavamo in America, se stavamo nel 1895 ecc.
In queste 24 ore di giornalismo c’è stato tutto quello che andrebbe detestato e combattuto: superficialismo nel dare una notizia non notizia; maschilismo nel definire “angeli” due ricercatrici con tanto di PhD; esaltazione della patria da chi ha sempre criticato i sovranisti; esterofilia spicciola “all’estero danno più soldi, mica come da noi”.
È stato meraviglioso, grazie.















domenica 2 febbraio 2020

sabato 1 febbraio 2020