domenica 31 luglio 2011

Restiamo Umani



In Africa, si dice, i morti sono neri e le armi bianche. Sarebbe difficile trovare una sintesi più adeguata della successione di disastri che è stata e continua a essere, da secoli, l’esistenza nel continente africano. Il luogo del mondo in cui si dice sia nata l’umanità non era certamente il paradiso terrestre quando i primi “esploratori” europei vi ci sono sbarcati (al contrario di quello che dice il mito biblico, Adamo non è stato espulso dall’Eden, semplicemente non c’è mai entrato), ma, con l’arrivo dell’uomo bianco si sono spalancate, per i neri, le porte dell’inferno. Queste porte continuano a essere implacabilmente aperte, generazioni su generazioni di africani sono state sacrificate dinanzi alla mal celata indifferenza o all’impudente complicità dell’opinione pubblica mondiale. Un milione di neri morti per la guerra, per la fame o per malattie che sarebbero potute essere curate, peserà sempre meno sul bilancio di qualsiasi paese dominatore e occuperà meno spazio nei notiziari rispetto alle quindici vittime di un serial killer. Sappiamo che l’orrore, in tutte le sue forme, le più crudeli, le più atroci e infami, incombe e rabbuia tutti i giorni, come una maledizione, il nostro disgraziato pianeta, ma l’Africa sembra essere diventata la sua zona preferita, il suo laboratorio sperimentale, il luogo in cui l’orrore si sente più a suo agio nel commettere nefandezze che giudicheremmo inconcepibili, come se i popoli africani fossero stati segnati alla nascita da un destino di cavie, su cui, per definizione, ogni genere di violenza è permessa, tutte le torture giustificate, tutti i crimini assolti. Al contrario di quello che molti si ostinano a credere non ci sarà un tribunale di Dio o della Storia a giudicare le atrocità commesse dagli uomini sugli uomini. Il futuro, sempre così disponibile nel decretare questa tipologia di amnistia generale che è l’oblio mascherato da perdono, è anche bravo nell’approvare, tacitamente o esplicitamente, a seconda della convenienza dei piani economici, militari e politici, l’immunità a vita per gli autori diretti e indiretti dei più mostruosi gesti contro la carne e lo spirito. È un errore consegnare al futuro l’incarico di giudicare i responsabili della sofferenza delle vittime di oggi, perchè questo futuro non smetterà di avere le sue vittime e allo stesso modo non saprà resistere alla tentazione di rimandare a un altro futuro ancora più lontano il meraviglioso momento della giustizia universale a cui molti di noi fingono di credere come la maniera più facile, e anche più ipocrita, di eludere responsabilità che spettano solo noi, e a questo presente che siamo. Si può capire qualcuno che si scusi dicendo: “Non sapevo”, ma è inaccettabile che si dica: “Preferisco non sapere”. Il funzionamento del mondo ha smesso di essere il mistero che era, le leve del male sono sotto gli occhi di tutti, per le mani che le governano ormai non ci sono più guanti a sufficienza per nascondere le macchie di sangue. Dovrebbe essere quindi facile per chiunque scegliere tra il lato della verità e quello della menzogna, tra il rispetto umano e il disprezzo per l’altro, tra quelli che sono a favore della vita e quelli contro. Tristemente le cose non vanno sempre così. L’egoismo personale, la pigrizia, la mancanza di generosità, le piccole vigliaccherie quotidiane, tutto questo ha contribuito a questa pericolosa forma di cecità mentale che consiste nello stare al mondo senza vederlo, o vederne solo quello che, in quel momento, è più utile ai nostri interessi. In questi casi non possiamo desiderare altro che la coscienza venga a strattonarci con violenza per un braccio chiedendoci a bruciapelo: “Dove vai? Cosa fai? Chi credi di essere?”. Un’insurrezione di coscienze libere è quello di cui avremmo bisogno.
Sarà ancora possibile?

(Josè Saramago, Africa)

 

























Windows / III







giovedì 28 luglio 2011

lunedì 25 luglio 2011

Cinque Sensi : Vista


Comunque ci si immagini, ci si pensa sempre dotati di vista. Credo che l’uomo sogni unicamente per non cessare di vedere. Può darsi che un giorno la luce interiore s’irradi fuori di noi, tanto che nessun’altra ci sia più necessaria.

(Goethe, Le affinità elettive)






















sabato 23 luglio 2011

venerdì 22 luglio 2011

martedì 19 luglio 2011

lunedì 18 luglio 2011

Nadja


L’importante è che le disposizioni particolari che mi vado lentamente scoprendo quaggiù non mi distraggano dalla ricerca di una disposizione generale  che mi sarebbe peculiare e che non mi è data. 

Al di  là delle inclinazioni di ogni genere che riconosco in me, delle affinità che sento, delle attrazioni che subisco, dei fatti che mi succedono e che succedono solo a me, al di là dei tanti gesti che mi vedo compiere e di certe emozioni che solo io provo, mi sforzo, di fronte agli altri uomini, di capire in che cosa consista, se non da che cosa dipenda, la mia differenza.
Non è forse nell’esatta misura in cui prenderò coscienza di questa differenza che saprò rivelare a me stesso ciò che fra tutti gli altri sono venuto a fare in questo mondo e di quale messaggio unico sono latore, per non poter rispondere della sua sorte che con la mia testa?

(A. Breton, Nadja)     

     

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sabato 16 luglio 2011

La Risposta


Con gesti lenti e solenni Dwar Ev procedette alla saldatura, in oro, degli ultimi due fili. Gli occhi di venti telecamere erano fissi su di lui e le onde subteriche portarono da un angolo all' altro dell'universo venti diverse immagini della cerimonia. Si rialzò con un cenno del capo a Dwar Reyn, e si accostò alla leva dell'interruttore generale: la leva che avrebbe collegato, in un colpo solo, tutti i giganteschi calcolatori elettronici di tutti i pianeti abitati dell'Universo - novantasei miliardi di pianeti abitati - formando il super circuito da cui sarebbe uscito il Supercalcolatore, un'unica macchina cibernetica racchiudente tutto il sapere di tutte le galassie.
Dwar Reyn rivolse un breve discorso agli innumerevoli miliardi di spettatori. Poi, dopo un attimo di silenzio disse: "Tutto è pronto Dwar Ez". 

Dwar Ez abbassò la leva. Si udì un formidabile ronzio che concentrava tutta la potenza, l'energia di novantasei miliardi di pianeti. Grappoli di luci multicolori lampeggiarono sull'immenso quadro, poi, una dopo l'altra si attenuarono.
Draw Ez fece un passo indietro e trasse un profondo respiro. "L'onore di porre la prima domanda spetta a te, Dwar Reyn". 
"Grazie" rispose Dwar Reyn "Sarà una domanda cui nessuna macchina cibernetica ha potuto, da sola, rispondere".
Tornò a voltarsi verso la macchina. "C'è  Dio?".
L'immensa voce rispose senza esitazione, senza il minimo crepitio di valvole o condensatori.
"Sì :  adesso,  Dio  c'è."
Il terrore sconvolse la faccia di Dwar Ev, che si slanciò verso il quadro di comando. Un fulmine sceso dal cielo senza nubi lo incenerì, e fuse la leva inchiodandola per sempre al suo posto.

(Fredric Brown)


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