giovedì 27 ottobre 2022

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sabato 22 ottobre 2022

Antico

 

Io sono antica, dicevo a un amico qualche giorno fa, senza riuscire a spiegargli in quel momento in che senso lo intendessi. Non è l’identificarsi col tradizionalista, perché la mia è anche accoglienza del nuovo, non è avversione indiscriminata al progresso, perché in fondo di questo faccio uso.

Ma è il modo di rapportarmi a tutto questo che mi fa antica. Perché il mio concetto di tempo è un concetto recuperato dall’antico.

Darsi tempo, principalmente, non lasciarsi mangiare e consumare dalle cose.

Questa è un’epoca che fagocita tutto senza dichiararlo apertamente. Io rifiuto di essere fagocitata dal superfluo che sembra diventato oggigiorno la necessità, la priorità, la norma.

Essere antichi, per come lo intendo io, significa privilegiare la qualità della vita rispetto alla quantità indifferenziata dell’abbondanza.

Qualità significa conoscere, consumare senza spreco, non abbuffarsi né di oggetti né di cibo. Saper scegliere le cose di cui abbiamo veramente bisogno, senza sottometterci alle mode, all’usa e getta che altro scopo non ha se non quello di favorire l’ennesimo ricambio di quanto si produce, nell’ottica di un eterno temporaneo consumo, di una sempre accresciuta produzione, e per contro, di un costante aumento nello svilimento e sfruttamento della manodopera impiegata in paesi resi sempre più poveri.

Mi sento antica perché voglio assaporare, gustare la genuinità e non mi accontento della sua rappresentazione puramente virtuale. Perché conosco quel che la mia terra produce di buono e so dargli valore.

Antico è il mio bisogno di affidarmi a un’educazione fondamentale su quanto mi è utile oltre che piacevole.

Antico è il rifiuto all’omologazione propugnata e diffusa da discutibili modelli, da discutibilissimi linguaggi e personaggi dei mass media.

Antico è anche il tempo selezionato, e perciò ridotto, dedicato a queste attività, perché è tempo usato contro il tempo che ci è dato per vivere.

Significa, essere antica, anche uscirsene senza portarsi necessariamente il cellulare, senza essere per forza collegati e rintracciabili da chiunque ed in qualunque posto, in qualsiasi momento, non piegarsi all’insensata necessità di controllare 300 volte al giorno il telefonino o di lasciarlo come un bicchiere, un piatto, accanto a te sul tavolo del bar o del ristorante.

Antico è ritagliarsi uno spazio privato, difenderlo e arricchirlo di interessi che ti gratificano perché ti formano.

Antico è camminare e mantenere il corpo in attività, è posare lo sguardo sempre fresco e nuovo su oggetti e persone vedendole e ascoltandole con partecipazione.

Significa saper distinguere i profumi, riconoscere i fiori, gli alberi, i venti, il valore di ogni singola parola, di ogni atto disinteressato d’amicizia.

È l’amore del bello naturale, dei veri colori di un tramonto, ad esempio, di per sé già qualcosa di insostituibile e irrecuperabile.

Di uomini e donne che fanno un uso discreto della loro bellezza e un uso quotidiano e naturale della loro gentilezza.

Quest’antico è rivoluzionario, è ancora il no del ribelle di Camus, è memoria che non sbiadisce con un colpo di spugna, è il no al signorsì nei confronti del progresso consumistico e omologante che si è impadronito già delle vite e principalmente delle vite di oggi.

E non deve spaventare questa solitudine. La solitudine di trovarsi nella direzione opposta a quella imperante. Che sia questo il sensato, il reale e l’umanissimo progresso.

Filomena Shedir Di Paola




 

 

 

 

 

martedì 18 ottobre 2022

domenica 9 ottobre 2022

domenica 2 ottobre 2022

Opinioni

 

La domanda non è “SE”, è “QUANDO”

Mentre ci trastulliamo con i risultati elettorali e con il totoministri la guerra va avanti, e lo fa mostrando senza più remore ciò che molti avevano intuito fin dal primo giorno: i pugili sul ring si chiamano Joe Biden e Vladimir Putin, noi siamo il ring.
Ora lo sappiamo o dovremmo saperlo perché mentre i due pugili saltellavano senza neppure sfiorarsi raccogliendo applausi e fischi dalle rispettive tifoserie ad essere calpestati dai loro piedi come le tavole di un ring siamo noi, Ucraini in primis e a seguire tutti i cittadini dell'Unione Europea.
Ho detto i cittadini, non i governi che sull'incontro di boxe hanno scommesso forti somme politiche ed economiche. Ai governi dell'indipendenza dell'Ucraina non importa un accidente, non più di quanto importasse loro dell'Afganistan, della Georgia, dei Curdi, degli Yemeniti o di chiunque altro sia stato ridotto in poltiglia dalle loro precedenti scommesse.
Ora Biden ha sferrato il primo pugno come aveva annunciato il 7 febbraio alla Casa Bianca prima che la guerra incominciasse durante un incontro bilaterale col premier tedesco Scholz “Se i Russi invadono azzereremo il Nord Stream”. Lo ha fatto, e lo ha fatto nel preciso momento in cui la Germania ha mostrato il primo segno di cedimento nella guerra santa contro il demonio.
Se siete tra quelli che pensano che sia stato Putin a far saltare l'oleodotto che gli è costato 10 miliardi e che versava quotidianamente un fiume di denaro nelle sue casse avete solo perso tempo a leggere questo post, e temo che altro ne perderete nel commentarlo. E’ davvero ridicolo, molto al di sotto del livello minimo di intelligenza, pensare che Putin abbia fatto irreparabilmente saltare per aria una sua infrastruttura preziosa quando gli sarebbe bastato chiudere il rubinetto.
Con quelle esplosioni la guerra è uscita dai confini dell'Ucraina, che arrivi anche da noi è, salvo miracoli in cui non credo, soltanto questione di tempo.

Mario Piazza