mercoledì 31 gennaio 2018

Prepararsi al futuro




Tra le cose essenziali che si preparano dentro di noi vi sono gli incontri rinviati. Può trattarsi di luoghi e di uomini, di quadri come di libri. Vi sono città per le quali provo un’attrazione così forte come se fossi predestinato a trascorrervi una vita intera fin dall’inizio. Con mille astuzie evito di andarvi, e ogni volta che si presenta l’occasione di visitarle e vi rinuncio, sento aumentare a tal segno la loro importanza che si potrebbe quasi pensare che io sono ancora nel mondo soltanto per quelle città e che sarei già scomparso da un pezzo se non ci fossero loro che continuano ad aspettarmi. 
Vi sono persone di cui mi piace sentir parlare, e allora ascolto quanto più è possibile e con tale avidità che si potrebbe quasi pensare che in fondo so di loro più di quanto ne sappiano esse stesse – ma evito di guardare una loro fotografia e mi sottraggo ad ogni raffigurazione visiva, come se un divieto particolare e legittimo impedisse di conoscere la loro faccia. Vi sono anche persone che mi incontrano per anni sul medesimo percorso, che mi danno motivo di riflettere e mi appaiono come enigmi di cui sono chiamato a trovare la soluzione, e tuttavia io non rivolgo loro la parola, proseguo in silenzio per la mia strada, come esse fanno con me, e tutt’e due ci scambiamo sguardi interrogativi, tutt’e due teniamo le labbra ben chiuse: io penso a quello che sarà il nostro primo colloquio e mi eccito all’idea di tutte le cose inaspettate che scoprirò allora.
E infine vi sono persone che amo da anni senza che esse possano averne il minimo sospetto, e intanto io divento sempre più vecchio, e ormai deve apparire come un’assurda illusione l’idea che io glielo dica mai, sebbene io viva sempre nell’attesa di questo momento stupendo. Senza questo minuzioso prepararmi al futuro non sarei capace di vivere, e per me, se mi studio attentamente, questi preparativi non sono meno importanti delle improvvise sorprese che arrivano come dal nulla e lasciano senza parola.

Elias Canetti, Il gioco degli occhi 

 



 

Minister for loneliness









Map





Number of active Italian army soldiers per 100,000 from each Italian region. 
 











martedì 30 gennaio 2018










Un passato non passato




Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti.


Primo Levi, Un passato che credevamo non dovesse tornare più,
Corriere della sera, 8 maggio 1974







lunedì 29 gennaio 2018

Progresso




Naturalmente la ragione è odiosa, ma perché? Perché dimostra (a quelli che ne hanno il coraggio) che noi, i vivi, siamo fuori dalla vita – completamente fuori. I misteri di un universo fatto di gocce di fuoco e zolle di fango non ci riguardano affatto. Non vale la pena di preoccuparsi del destino di un’umanità condannata, alla fine, a perire per il freddo. Se te lo prendi a cuore, diventa una tragedia insopportabile.
Se credi nel progresso non conoscerai che lacrime, perché la perfezione, una volta raggiunta, deve finire nel freddo, nella tenebra e nel silenzio. Da un punto di vista spassionato l’ardore di riforme e progresso, virtù, conoscenza, e perfino bellezza, è solo un vano aggrapparsi alle apparenze, come preoccuparsi del taglio dei propri vestiti in una comunità di ciechi.
La vita non ci conosce e noi non conosciamo la vita – non conosciamo nemmeno i nostri stessi pensieri. Metà delle parole che usiamo non ha alcun significato, e dell’altra metà ognuno comprende ogni parola secondo il suggerimento della propria follia e presunzione. La fede è un mito e le credenze fluttuano come nebbie sulla costa: i pensieri svaniscono; le parole, una volta pronunciate, muoiono; e la memoria di ieri è altrettanto vaga della speranza di domani – solo la sfilza delle mie banalità sembra non aver fine.

J. Conrad, lettera, in Opere Complete










domenica 28 gennaio 2018

Fallimenti




La vera bontà dell'uomo si può manifestare in tutta purezza e libertà solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell'umanità, l'esame fondamentale (posto così in profondità da sfuggire al nostro sguardo) è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell'uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri.

M.Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere





venerdì 26 gennaio 2018





Omaggio alla solitudine




Per me la solitudine è come per altri la benedizione della chiesa. È la luce della grazia. Non chiudo mai la porta alle mie spalle senza la coscienza di compiere un gesto misericordioso nei miei confronti. Cantor illustrava ai suoi allievi il concetto di infinito raccontando che c'era una volta un uomo che possedeva un albergo con un numero di stanze infinito, e l'albergo era al completo. Poi arrivò un altro ospite. L'albergatore spostò allora l'ospite della stanza numero uno nella numero due, quello della numero due nella tre, quello della tre nella quattro, e via di seguito. Così la stanza numero uno rimase libera per il nuovo ospite. Ciò che mi piace di questa storia è che tutti coloro che vi sono coinvolti, gli ospiti e l'albergatore, considerano normalissimo compiere un numero infinito di operazioni perché un ospite possa trovare pace in una stanza tutta sua. È un grande omaggio alla solitudine. 

Peter Høeg, Il senso di Smilla per la neve 

 

 

 

 





Volti




Chi ha steso braccia al largo
battendo le pinne dei piedi
gli occhi assorti nel buio del respiro,
chi si è immerso nel fondo di pupilla
di una cernia intanata
dimenticando l’aria, chi ha legato
all’albero una tela e ha combinato
la rotta e la deriva, chi ha remato
in piedi a legni lunghi: questi sanno
che le acque hanno volti.
E sopra i volti affiorano
burrasche, bonacce, correnti
e il salto dei pesci che sognano il volo.

Erri De Luca, Volti







giovedì 25 gennaio 2018

mercoledì 24 gennaio 2018









Non c'è dubbio



Non chiedo che si sostituisca lo Stato con una Biblioteca -benché questa idea abbia visitato più volte la mia mente-; ma per me non c’è dubbio che se scegliessimo i nostri governanti sulla base della loro esperienza di lettori, e non sulla base dei loro programmi politici, ci sarebbe assai meno sofferenza sulla terra.

Iosif Brodskij

 





martedì 23 gennaio 2018










Difficile riparare




«Mi sembra una barbarie ferire sempre lo stesso albero ed estrarne troppa linfa in una volta sola, come fanno certe persone in zone che godono di una fama migliore della nostra. La linfa di betulla viene venduta a caro prezzo e a nessuno importa degli alberi prosciugati e pieni di cicatrici. Io invece perforo la corteccia con cautela, inserisco un tubicino, ci metto sotto il vasetto e lo lego stringendo forte. L’elisir defluisce goccia a goccia e dopo alcuni giorni, quando vado a recuperarlo, richiudo l’area ferita con la stessa cura che riservavo ai pazienti». Da giovane Baba Dunja si portava dietro anche i figli, Irina e Alexej, ricordando loro: «Non distruggete niente, se non è necessario. È difficile riparare le cose e in alcuni casi sono perse per sempre». 
 
Alina Bronsky, L’ultimo amore di Baba Dunja


Ci sono giorni in cui i morti si pestano i piedi a vicenda sulla nostra via principale. Parlano tutti assieme e non si rendono conto delle sciocchezze che raccontano. Il brusio delle voci aleggia sulle loro teste. E poi ci sono giorni in cui invece non c’è nessuno. Non so che fine facciano. Forse lo saprò quando sarò una di loro. 
 






 

domenica 21 gennaio 2018

Stop tests



These animals are seeing the sun for the first time...




Every year in Italy, hundreds of thousands of animals die in laboratories. Some are used for lethal tests, but most could be saved: many are used for experiments from which they could easily recover and restart normal life, others are not actually used in test, but are kept in laboratories as a surplus of safety or control, and once the experiment has ended they become “a useless expense” for labs .
Italian law allows experimental laboratories not to kill healthy and ‘salvable’ animals, but to release them to individuals or charity, like La Collina dei Conigli. Retirements are agreed by the association directly with trial laboratories through delicate negotiations, which often entail shortages of many animals at a time.
La Collina dei Conigli has specialized in the recovery of rabbits and critters, dealing with them from the lab’s exit to (hopefully) a new life in a family.
I have been supporting this charity for years now with my pictures as a volunteer photographer.
Shy ones, little warriors, curious explorers, cuddle-lovers: everyone acted in a different way when taken outdoors, and they showed once again that they are not mere numbers, as they are considered in labs, but individuals with peculiar attitudes and personalities.

Rachele Totaro 
 










sabato 20 gennaio 2018

Dark



"Noi confidiamo che il tempo sia lineare, che proceda eternamente, uniformemente, verso l’infinito. Ma la distinzione tra passato, presente e futuro è un’illusione. 
Ieri, oggi, domani sono conservativi. Sono collegati in un cerchio infinito. 
Tutto è collegato










Aria toscana




Aveva, sotto sotto, poca voglia di arrivare; avrebbe preferito assai più cenare da sola in terrazza. Cenare là nelle sere di giugno, quando ancora era giorno, e dopo cena lasciarsi avvolgere a poco a poco dalla dolcezza notturna, era un piacere che le pareva non potesse stancarla mai. Le dava un senso delizioso di pace; ma non una pace vuota vagamente letargica, una pace, piuttosto, attiva e eccitante, in cui il suo cervello era ben desto e i sensi vivi e pronti. Forse era quell'aria toscana, leggera, con qualcosa che agiva su di te in modo che anche la sensazione fisica aveva un che di spirituale. Ti dava la stessa emozione della musica di Mozart, così melodiosa e gaia, col suo sostrato di malinconia, così appagante che ti sentivi come sciolto dal peso della carne. Per qualche istante felice eri mondato da ogni volgarità, e la confusione della vita si dissolveva in una grazia perfetta.

Somerset Maugham, In villa 






venerdì 19 gennaio 2018

Portraits




Dagmar Van Weeghel Photography










Effimero




Cose che non si possono collezionare:

(Elenco dell’effimero)

Formaggi - vanno a male
mele - raggrinziscono, marciscono
nuvole - mutevoli per la loro intima struttura
giulebbe di mele cotogne - si ricopre di muffa
amanti - invecchiano, raggrinziscono (vedi le mele)
bambini - crescono
pupazzi di neve - si squagliano
girini e bruchi - corporeamente incostanti.
Ne deriva che nulla di organico può essere collezionato.
Un mondo sul punto sempre di scadere. Un mondo di breve durata, che si raggrinza, marcisce, va a male (e perciò) : STUPENDO


Georgi Gospodinov, Fisica della malinconia





martedì 16 gennaio 2018

lunedì 15 gennaio 2018

Uno spicchio di cielo




«Per umiliare qualcuno si deve essere in due: colui che umilia, e colui che è umiliato e soprattutto: che si lascia umiliare. Se manca il secondo, e cioè la parte passiva è immune da ogni umiliazione, questa evapora nell’aria. Restano solo delle disposizioni fastidiose che interferiscono nella vita di tutti i giorni, ma nessuna umiliazione e oppressione angosciose. Si deve insegnarlo agli ebrei... Possono renderci la vita un po’ spiacevole, possono privarci di qualche bene materiale o di un po’ di libertà di movimento, ma siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori con il nostro atteggiamento sbagliato: col nostro sentirci perseguitati, umiliati, oppressi, col nostro odio e la millanteria che maschera la paura. Certo che ogni tanto si può essere tristi e abbattuti per quel che ci fanno, è umano e comprensibile che sia così.
E tuttavia: siamo soprattutto noi stessi a derubarci da soli. Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sè: e lavorare ‘a se stessi’ non è proprio una forma d’individualismo malaticcio. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, per trasformarlo in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo -. È l’unica soluzione possibile... Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra.»

Etty Hillesum, Middelburg, 15 gennaio 1914 / Auschwitz, 30 novembre 1943 
 

 «Ma cosa credete, che non veda il filo spinato, non veda i forni, non veda il dominio della morte, sì, ma vedo anche uno spicchio di cielo, e questo spicchio di cielo ce l' ho nel cuore, e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore io vedo libertà e bellezza. 
Non ci credete? Invece è così»
  




 








domenica 14 gennaio 2018








Guarracino




Guarracino, in italiano Castagnola, è il nome napoletano del Chromis chromis, un piccolo pesce dei Pomacentridi. Ma ci sono anche il guarracino di scoglio, Apogon rex mullorum, detto “re di triglie” dai pescatori di Malta; il guarracino o monacella rossa, Anthias sacer; il guarracino o monacella nera, Heliases chromis. L’Alletterato (Euthynnus allitteratus), così detto dalle macchie sul dorso simili a segni dell’alfabeto, è invece di dimensioni più ragguardevoli – circa un metro di lunghezza – e appartiene alla stessa famiglia del tonno. Sardella sta per la comune sardina, la Sardina pilchardus dei Clupeidi. 
La canzone è il resoconto di un’epica rissa fra pesci, celenterati e molluschi d’ogni genere (non senza qualche intrusione di oriundi d’acqua dolce e di cetacei) nelle acque del Golfo di Napoli, originata da un Guarracino e un Alletterato che si contendono i favori di una Sardella.
Il mare del Guarracino è lo specchio del mondo di sopra – vivace, animato, rumoroso; a Napoli neanche i pesci stanno zitti. 

 Pasquale Barbella
 

   


  Lu Guarracino che jeva pe’ mare le venne voglia de se ‘nzorare,

se facette ‘nu bello vestito de scarde e de spine pulito pulito
cu ‘na perucca tutta ‘ngrifata de ziarelle ‘mbrasciolata,
co lo sciabò scolla e puzine de ponte angrese fine fine.
Cu li cazune de rezze de funno, scarpe e cazette de pelle de tunno,
e sciammeria e sciammereino d’aleche e pile de voje marino,
co buttune e bottunera d’uocchie de purpe, secce e fera,
fibbia, spata e schiocche ‘ndorate de niro de secce e fele d’achiate.
Doje belle cateniglie, de premmone de conchiglie,
‘nu cappiello aggallonato de codarino d’aluzzo salato
tutto posema e steratiello, jeva facenno lo sbafantiello,
girava de ccà e de llà: la ‘nnammorata pe’ se truva’.
La Sardella a lu balcone steva sonanno lu calascione;
e a suono de trommetta jeva cantanno ‘st’arietta:
E llarè lo mare e lena e la figlia da siè Lena,
ha lasciato lo ‘nnammorato pecché niente l’ha rialato”.

Lo Guarracino che la guardaje de la sardella s’ annammoraje;
se ne jette da ‘na Vavosa la cchiù vecchia e maleziosa;
l’ebbe bona rialata pe’ mannarle la ‘mmasciata;
la Vavosa pisse pisse chiatto e tunno ‘nce lo disse.
Ma la sardella ch
e la sentette rossa rossa se facette, 
pe’ lo scuorno che se pigliaje sotto a ‘no scuoglio se ‘mpezzaie;
ma la vecchia de la vavosa subete disse – Ah schefenzosa!
De ‘sta manera non truove partito, ‘ncanna te resta lu marito.
Si aje voglia de t’alloca’ tante smorfie non aje da fa’,
fora le zeze e fora lo scuorno anema e core e faccia de cuorno.
Ciò sentenno la zì Sardella s’affacciaje a la fenestrella,
facette l’uocchio a zennariello a lo speruto ‘nnammoratiello.
Ma la Patella che steva de posta la chiammaje faccia tosta,
tradetora, sbrevognata, senza parola, male nata,
ch’avea ‘nchiantato l’Allitterato primmo e antico ‘nnammorato:
de carrera da chisto jette e ogni cosa ‘lle dicette.
Quanno lo ‘ntise lo poveriello se lo pigliaje Farfariello,
jette a casa s’armaje e rasulo se carrecaje comm’a ‘nu mulo,
de scoppette e de spingarde, povere, palle stoppa e scarde;
quatto pistole tre bajonette dint’a la sacca se mettette.
‘Ncopp li
spalle sittanta pistune ottanta bombe e nuvanta cannune;
e comm’a guappo Pallarino jeva truvanno lo Guarracino:
la disgrazia a chisto portaje che mmiezo a la chiazza te lo ‘ncontraje 

se l’afferra po cruvattino e po’ lle dice: – Ah malandrino!
Tu me lieve la ‘nnammorata e pigliatella sta mazziata.
Tuppete e tappete a meliune le deva paccare e secuzzune,
schiaffe, ponie e perepesse scoppolune, fecozze e cunnesse,
sceverechiune, sicutennosse e ll’ammaccai osse e pilosse.
Venimmoncenne ch’a lo rummore pariente e amice ascettere fore,
chi co mazze, cortielle e cortelle, chi co spate, spatune e spatelle,
chiste cu barre e chille cu spite, chi co ammennole e chi cu antrite,
chi cu tenaglie e chi cu martielle, chi cu turrone e susamielle.
Patre, figlie marite e mugliere s’azzuffajeno comm’a fere.
A meliune currevano a strisce, de ‘stu partito e de chillo li pisce,
che bediste de sarde e d’alose, de palaje e raje petrose,
sareche, dientece ed achiate, scurme, tunne e alletterate!
Pisce palumme e pescatrice, scuorfene, cernie e alice,
mucchie, ricciole, musdee e mazzune, stelle, aluzze e storiune,
merluzze, ruongole e murene, capodoglie, orche e vallene,
capitune, auglie e arenghe, ciefere, cuocce, tracene e tenghe.
Treglie, tremmole, trotte e tunne, fiche, cepolle, launne e retunne;
purpe, secce e calamare, piscespate e stelle de mare,
pisce palumme e pisce martiello voccadoro e cecenielle,
capochiuove e guarracine, cannolicchie, òstreche e ancine.
Vongole, cocciole e patelle, piscecane e grancetielle,
marvizze, marmure e vavose,vope prene, vedove e spose,
Spinole, spuonole, sierpe e sarpe, scauze, ‘nzuoccole e colle scarpe,
sconciglie, gàmmere e ragoste, vennero ‘nfino colle poste…
Capitune, saure e anguille, pisce gruosse e piccerille,
d’ogni ceto e nazione, tantille, tante, cchiu tante e tantone!
Quanta botte, mamma mia! che se devano, arrassosia!
A centenare le barrate! A meliune le petrate!
Muorze e pizzeche a beliune! A delluvio li secozzune!
Non ve dico che bivo fuoco se faceva per ogne luoco!
Ttè, ttè, ttè, ccà pistulate! Ttà, ttà, ttà, llà scuppettate!
Ttù, ttù, ttù, ccà li pistune! Bù, bù, bù, llà li cannune!

Ma de canta’ so’ già stracquato, e me manca mò lo sciato;
sicché, dateme licenza, graziosa e bella audienza,
‘nfì che sorchio ‘na meza de seje, co’ salute de luje e de leje,
ca me se secca lo cannarone sbacantannose lo premmone. 

 







Drone Pictures













venerdì 12 gennaio 2018

Attaccamento




Dall’attaccamento sorge il dolore, dal dolore sorge la paura. 
Per colui che è totalmente libero, non c’è attaccamento, non c’è dolore, non c’è paura.  

Buddha
 







Frozen








giovedì 11 gennaio 2018

Intermezzo




 

Genova, 18 febbraio 1940 – Milano, 11 gennaio 1999





mercoledì 10 gennaio 2018










Compiti




Uno dei miei insegnanti, che stimavo molto, diceva sempre che il compito della buona letteratura è tranquillizzare chi è turbato e turbare chi è tranquillo. Secondo me il compito della letteratura alta consiste in gran parte nel dare al lettore, che come tutti noi è un po’ impantanato dentro la propria testa, nel dargli accesso, dicevo, tramite l’immaginazione, alla vita interiore di altri individui. Dato che una parte ineluttabile dell’essere umano è la sofferenza, ciò che noi esseri umani cerchiamo nell’arte è anche un’esperienza di sofferenza: che sarà necessariamente un’esperienza mediata, o per meglio dire una generalizzazione della sofferenza. Capisci cosa intendo? Nel mondo reale tutti soffriamo da soli; la vera empatia è impossibile. Ma se un’opera letteraria ci permette, grazie all’immaginazione, di identificarci con il dolore dei personaggi, allora forse ci verrà più facile pensare che altri possano identificarsi con il nostro. Questo è un pensiero che nutre, che redime: ci fa sentire meno soli dentro. Magari è tutto qui, semplicemente.
Però a questo punto tieni presente che la tv e il cinema commerciale  e tante forme di arte “bassa” – ossia arte il cui scopo principale è fare soldi – sono redditizi proprio perché capiscono che il pubblico preferisce un cento per cento di piacere alla realtà che tende a essere fatta per il 49 per cento di piacere e per il 51 per cento di dolore. Mentre l’arte “alta”, quella che non punta principalmente a farti sborsare dei soldi, è più probabile che ti causi malessere, o che ti costringa a faticare per arrivare ai suoi piaceri, proprio come nella vita reale il vero piacere è in genere un derivato della fatica e del disagio. Perciò è difficile per il pubblico dell’arte, specialmente quello più giovane, che è stato educato ad aspettarsi che l’arte susciti piacere al cento per cento, e senza nessuno sforzo, leggere e apprezzare la letteratura alta. E questo è un male. Il problema non è che i lettori di oggi sono stupidi, non penso che sia così. È solo che la tv e la cultura commerciale di massa li hanno addestrati a essere piuttosto pigri e infantili nelle loro aspettative. E questo rende più difficile che mai cercare di coinvolgere i lettori di oggi, sia a livello intellettuale che di immaginario 

David Foster Wallace, Un antidoto contro la solitudine



 










Antidoti



Però ci sono parecchi libri che dopo averli letti mi hanno lasciato per sempre diverso da com'ero prima, e penso che tutta la buona letteratura in qualche modo affronti il problema della solitudine e agisca come un suo lenitivo. 
Siamo tutti tremendamente, tremendamente soli. Ma c'è qualcosa, quantomeno nei romanzi e nei racconti, che ti permette di entrare in intimità con il mondo e con un'altra mente, e con certi personaggi, in un modo in cui non puoi proprio farlo, nel mondo reale

DFW, Un antidoto contro la solitudine





 

lunedì 8 gennaio 2018

Semplificare




Complicare è facile, semplificare è difficile.
Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose.
Tutti sono capaci di complicare.
Pochi sono capaci di semplificare.
Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere che cosa togliere, come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c’è in più. Teoricamente ogni masso di pietra può avere al suo interno una scultura bellissima, come si fa a sapere dove ci si deve fermare nel togliere, senza rovinare la scultura? Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità.
La semplificazione è il segno dell’intelligenza, un antico detto cinese dice: quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte.


Bruno Munari, Verbale scritto





domenica 7 gennaio 2018

Cartoline dai morti




Sono morto alle sette di mattina. Un modo come un altro per cominciare la giornata”

 
Ho scritto queste cartoline dopo i piccoli attacchi di panico che continuano a visitarmi. Non sono piú gli attacchi di una volta, quelli per cui cerchi qualcuno che ti accompagni in ospedale e se non lo trovi ci vai da solo e quando ci arrivi ancora non ti è chiaro se stai morendo davvero o sei a un altro capitolo della tua penosa ipocondria. Ho provato a scrivere delle cartoline anche in altri momenti, ci ho provato un po’ di volte, ma ho buttato tutto. Erano simili alle altre, il disegno delle frasi era quello, quello il colore, ma la stoffa era asciutta, non era bagnata in quell’umore che ti viene dalla morte appena trascorsa. Allora puoi scrivere intorno a questa cosa che forse regge tutto, intorno a questo niente che sorregge e corrode ogni cosa. Lo sguardo del panico dilata i sensi, li fa grezzi, non hai tempo di raffinare, di romanzare. Dopo dieci, venti minuti sei di nuovo sul binario morto della calma o dell’agitazione usuale e allora puoi solo parlare della tua vita o di quella degli altri. 
I morti non ti pensano, non ti mandano nessuna cartolina.  

Franco Arminio