venerdì 30 novembre 2018

Hurt












Sassi




Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella sua pace o nel suo sonno, sono come richiamati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro. Altri movimenti invisibili si propagano in profondità, in tutte le direzioni, mentre il sasso precipita smuovendo alghe, spaventando pesci, causando sempre nuove agitazioni molecolari. Quando poi tocca il fondo, sommuove la fanghiglia, urta gli oggetti che vi giacevano dimenticati, alcuni dei quali ora vengono dissepolti, altri ricoperti a turno dalla sabbia. Innumerevoli eventi, o microeventi, si succedono in un tempo brevissimo. Forse nemmeno ad avere tempo e voglia si potrebbero registrare tutti, senza omissioni.
Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distruggere.

Gianni Rodari, Grammatica della fantasia 

 


 

 

 



giovedì 29 novembre 2018

mercoledì 28 novembre 2018

Underwater





Japanese underwater photographer Ryo Minemizu has dedicated his 20-year career to capturing some of the smallest organisms in the sea—plankton. 

In order to photograph these microscope creatures, Minemizu developed the Black Water Dive, a night diving technique using special lights to illuminate the plankton.


 








 

Versi




Ma i versi significano poco, se scritti presto. Uno dovrebbe aspettare, raccogliere saggezza e dolcezza per tutta una vita, una vita lunga, se possibile, per riuscire forse, proprio alla fine, a scrivere dieci righe buone. I versi non sono, come si crede, sentimenti (i quali si hanno abbastanza presto), sono esperienze. Perché un solo verso possa nascere, bisogna avere visto molte città, uomini, cose, conoscere gli animali, sentire come volano gli uccelli, sapere i movimenti con cui i piccoli fiori s’aprono il mattino. Bisogna poter ripensare a cammini in regioni sconosciute, a incontri inattesi, a partenze che guardavamo a lungo avvicinarsi, a giorni dell’infanzia ancora inesplicati, ai genitori che dovevamo amareggiare quando ci portavano una gioia che non capivamo (era una gioia per un altro), a malattie infantili, che cominciavano in modo così singolare,con mutamenti tanto gravi e profondi, a giorni trascorsi in stanze quiete e raccolte, a mattini in riva al mare, al mare in sé, a dei mari, a notti di viaggio che stormivano altissime e volavano via con tutte le stelle… e non è ancora abbastanza. Bisogna avere ricordi di molte notti d’amore, ognuna diversa dall’altra, di grida di donne con le doglie e di bianche, lievi puerpere addormentate, che si chiudono. Ma occorre anche essere stati vicini a moribondi, essere stati seduti accanto a dei morti nella stanza con la finestra aperta e i rumori che salgono a folate. E non basta neppure avere ricordi. Bisogna saperli dimenticare, quando sono molti, e attendere con grande pazienza che tornino. Perché i ricordi, in sé, non sono tutto. Solo quando diventano in noi sangue, sguardo, gesto, anonimi e indistinguibili da noi, soltanto allora può succedere che in un’ora rarissima da essi si stacchi e s’innalzi la prima parola di un verso.
 
Rainer Maria Rilke, I quaderni di Malte Laurids Brigge










 

martedì 27 novembre 2018











La cura








Plastica




Quattro bottiglie di plastica, 25 buste, 115 bicchieri monouso, due infradito e altri mille pezzi di plastica. Tutto nello stomaco di un solo capodoglio trovato morto in Indonesia, sulla costa di Kapota Island. Quasi 6 Kg di rifiuti di plastica.

TPI












lunedì 26 novembre 2018

Egli



Tra tutti gli animali è l’unico che riesca a vivere nella contemplazione.
Egli osserva la ruota dell’esistenza dall’esterno, come il Buddha.


domenica 25 novembre 2018

Dimensioni




L'origine dei nostri atti sta nella propensione inconscia a ritenerci il centro, la ragione e l'esito del tempo. I nostri riflessi e il nostro orgoglio trasformano in pianeta la briciola di carne e di coscienza che noi siamo. Se avessimo il giusto senso della nostra posizione nel mondo, se confrontare fosse inseparabile dal vivere, la rivelazione della nostra infima presenza ci schiaccerebbe. Ma vivere significa ingannarsi sulle proprie dimensioni

Emil Cioran, Sommario di decomposizione














































































sabato 24 novembre 2018

La Collina dei Conigli




"Riconosci te stesso in ogni essere, e non dare dolore, non dare la morte"

Dhammapada



Every year in Italy, hundreds of thousands of animals die in laboratories. Some are used for lethal tests, but most could be saved: many are used for experiments from which they could easily recover and restart normal life, others are not actually used in test, but are kept in laboratories as a surplus of safety or control, and once the experiment has ended they become “a useless expense” for labs .
Italian law allows experimental laboratories not to kill healthy and ‘salvable’ animals, but to release them to individuals or charity, like La Collina dei Conigli. Retirements are agreed by the association directly with trial laboratories through delicate negotiations, which often entail shortages of many animals at a time.
La Collina dei Conigli has specialized in the recovery of rabbits and critters, dealing with them from the lab’s exit to (hopefully) a new life in a family.
I have been supporting this charity for years now with my pictures as a volunteer photographer.
Shy ones, little warriors, curious explorers, cuddle-lovers: everyone acted in a different way when taken outdoors, and they showed once again that they are not mere numbers, as they are considered in labs, but individuals with peculiar attitudes and personalities.

Rachele Totaro 


La Collina dei conigli
Centro di recupero per animali da laboratorio










Tempi bui








































venerdì 23 novembre 2018

lunedì 19 novembre 2018

Essere antispecista



Perché essere antispecista è così emozionalmente estenuante.



Immagina di essere un antirazzista in un mondo dominato dalla supremazia bianca, una femminista in un mondo di MRA, un omosessuale in un mondo di omofobi. Ovvero di vivere in una società che non soltanto collude, più o meno consapevolmente, con un sistema di potere che si impossessa dei corpi rendendoli merci, ma che addirittura se ne fa vanto, ergendo la propria iniquità a motivo di orgoglio. Immagina di voler bene a persone quasi sempre meravigliose, tranne quando picchiano un non bianco, una donna, un disabile. E lo fanno con il benestare della società tutta, che lo inscrive nell’ordine naturale delle cose. Immagina di viaggiare, e mentre il tuo compagno di viaggio ammira le vigne e le dolci colline digradanti nella vallata, tu vedi solo grigi capannoni senza finestre dove migliaia di vite languiscono e muoiono. O camion pieni di occhi terrorizzati, che quando incroci quegli sguardi capisci l’orrore.
In fondo pensi che non è difficile arrivarci, non serve una laurea in metafisica del potere per capire che non c’è nulla di naturale in questo, anzi: non siamo indiani d’America che ergono totem dalle sembianze animali e ringraziano gli animali uccisi, o inuit in perenne simbiosi dalla nascita alla morte con le renne… ma siamo proprio l’opposto, primati drogati e schiavi del potere, che nel corso dei secoli null’altro hanno fatto se non tracciare solchi sempre più profondi dall’altro da sé: a partire proprio dall’animale, concetto creato ad arte che rappresenta il paradigma stesso dell’oppressione, la vita reificata e trasformata in risorsa a perenne disposizione. E blateriamo della nostra eccezionalità, quando l’unica specialità che abbiamo coltivato con cura è approfittare dell’altrui debolezza e vulnerabilità, per il nostro tornaconto.
Ogni giorno vengono confezionate ad arte guerre tra poveri, guerre tra oppressi, tanto utili a camuffare l’origine delle ingiustizie. E nel vile tranello ci cadiamo tutti, anche chi è vittima o chi è solidale nel lottare contro l’oppressione, e cominciano le olimpiadi: ogni esistenza indegna si posiziona ai blocchi di partenza, chi vincerà? La donna maltrattata, il migrante incarcerato, il disabile invisibilizzato, l’omosessuale bruciato vivo, l’animale sgozzato, ecc.ecc.ecc.? Sugli spalti, i soliti noti si godono lo spettacolo, intoccabili e compiaciuti.
Ma quando cerchi la solidarietà tra oppressi, raramente riesci a scardinare quella stessa dinamica che ti ha piazzato a correre a perdifiato su quella pista che è la tua vita di merda, o la vita di merda che ad altri è stata destinata… perché in fondo, simpatie ed empatie a parte, pare proprio che alla maggior parte di noi ciò che sta più a cuore sia salire sul podio e trovare la via di uscita dalla propria oppressione: e se è difficile, ma non impossibile, concepire un’alleanza tra “umani” ecco che questa stessa alleanza si basa, quasi sempre, sulla comune distanza dall’animale. Distanza ideologica e miope, poiché quando diventiamo spendibili, siamo già, nei fatti, animalizzati: e dunque fintantoché esisterà l’Animale come vivente appropriabile, nessuno sarà realmente al sicuro nel proprio corpo e nella propria vita.
Eppure, per quanto si tenti, quantomeno nelle intenzioni e nei proclami, di creare alleanze tra differenti soggettività oppresse, è quasi impossibile includere l’animale nel conteggio delle vittime, quasi che fosse impensabile, per l’umano, vivere senza dominare, senza opprimere.

Essere antispecista è emotivamente estenuante perché, spesso, proprio le persone che ami, anche quelle che lottano al tuo fianco, sono le stesse che non capiscono che invitarti ad una grigliata “tanto ci sono le verdure” non è una cosa bella. Tu rifletti, giustifichi, razionalizzi, ti dici che è normale, la società tutta è specista, ci vuole tempo, ci vuole pazienza, ma che pazienza si può avere di fronte alla puzza di carne bruciata?
Allora ti viene naturale cercare conforto in chi è più simile a te, ma poi scopri che forse anche questa volta ti eri sbagliata: perché mentre la maggior parte del movimento scrutina minuziosamente le etichette a caccia dello 0,1% di lana o di tracce di uova e latte, là fuori le vite massacrate raggiungono cifre a 10 zeri: e allora ti chiedi se davvero ne valga la pena, se davvero abbia senso tutto questo dolore e questa impotenza, se in fondo non sarebbe più facile chiudere la porta di casa, rifugiarsi nelle piccole cose, illudersi che vada tutto bene, perché se ne ha la possibilità e raramente si comprende l’enormità di questo privilegio, il privilegio dell’indifferenza.
Ma come puoi dimenticare quegli occhi una volta che li hai incrociati? E non solo quelli disperati, ma anche quelli felici che per un caso fortuito hanno riassaporato la libertà. Le emozioni che ti trasmettono le conosci bene, perché sei un essere sensibile tra esseri sensibili, e sai che non esiste nulla di più prezioso della libertà, della possibilità di autodeterminare, nei limiti posti da un’esistenza finita, la propria vita. E sai che gli altri animali la cercano incessantemente, quanto te, ed è quello di cui hanno bisogno. Non di protettori, di rifugi, di custodi, ma di libertà: solo nella libertà esiste l’incontro, l’elezione, l’affinità. Nella libertà di essere e di esistere, il privilegio più importante e rischioso di tutti.
Anche se la violenza è parte ineludibile di questo mondo, così come la sofferenza e la morte, non lo è il dominio. Il dominio è un’invenzione umana, il dominio è l’annichilimento della vita, il dominio è l’inferno sulla terra. Noi vogliamo rendere visibili i meccanismi del dominio, vogliamo sfilarci da essi il più possibile, anche quando non li agiamo direttamente ma ne siamo in ogni caso collusi. Per questo non possiamo gioire alle grigliate, e non siamo capaci di sorridere mentre coi denti staccate brandelli di muscoli dalle ossa: e finché la carne del mondo non smetterà di bruciare sugli altari del potere, non avremo altro destino che continuare a lottare.











Autunno



Quello che c’è talvolta di bello nell’autunno è che, quando il mattino ci si sveglia dopo una settimana di pioggia, di vento e di nebbia, tutto lo spazio, brutalmente, sembra ubriacarsi di sole.

Victor-Lévy Beaulieu










domenica 18 novembre 2018













Acquacoltura





Acquacoltura significa pesci costretti a vivere ammassati gli uni sugli altri, in condizioni igieniche devastanti, con gravissime conseguenze per il loro benessere psicofisico. Significa giovanili spesso catturati in natura, con la conseguente strage di gamberi e pesci vittime delle catture accessorie. Significa pesca indiscriminata di animali da utilizzare come alimentazione, con la conseguente distruzione della catena alimentare per altri pesci, uccelli marini, cetacei. Significa distruzione dei fondali, inquinamento delle acque. Significa fughe di animali con conseguente diffusione di patologie tra le popolazioni di pesci selvatici, nonché la loro ibridazione. Significa inimmaginabili sofferenze per i pesci, dalla nascita fino alla loro macellazione.
L’acquacoltura non è altro che l’altra faccia, quella acquatica, della zootecnia intensiva.
E come accade tra gli animali terrestri confinati negli allevamenti, anche tra i pesci confinati nei grandi recinti degli allevamenti ittici stiamo assistendo al proliferare di patologie e virus.
In uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Viruses nel 2011, i virologi Mark Crane e Alex Hyatt tracciano un quadro impietoso di quel che implica l’acquacoltura.
L’alta densità di individui costretti in spazi inadeguati ed altamente inquinati, la loro condizione di perenne stress e sofferenza (fattori che abbassano le difese immunitarie in qualsiasi specie animale), la bassa qualità dell’alimentazione, sono tutti fattori che favoriscono il proliferare di patologie e il diffondersi di forme patogene virali, alcune già conosciute da decenni, altre di recente formazione.
I virus in continua espansione e trasformazione causano indicibili sofferenze ai pesci (necrosi del pancreas, delle cellule celebrali, del midollo spinale, setticemia emorragica, prolasso oculare, necrosi degli organi interni.
E causano anche notevoli perdite negli allevamenti. Per far fronte a questo, si sono sviluppati e si stanno sviluppando vaccini ed altri farmaci in grado di contenere la diffusione. Ovvero, si stanno utilizzando pesci nei laboratori di tutto il mondo come cavie per studiare la funzionalità di farmaci. Ovvero, si sta continuando a fare su di loro vivisezione. Per curare malattie causate dalla loro detenzione e dal loro ipersfruttamento alimentare.
Con la crescita prevista dalla FAO, ci saranno allevamenti sempre più grandi, che deterranno sempre più pesci sempre più malati ed imbottiti di farmaci. E questi costituiranno il soylent green del futuro.




















sabato 17 novembre 2018

giovedì 15 novembre 2018

martedì 13 novembre 2018

Dolore




Mi sono svegliato presto, stamattina, e dal letto
ho guardato lontano nello Stretto e ho visto
una barchetta traversare le acque agitate
con una sola luce accesa. Mi sono ricordato
di un mio amico che era solito chiamare
a gran voce la moglie morta dalla cima dei colli
attorno a Perugia. Che ha continuato a mettere un piatto
in tavola anche per lei per molto tempo dopo che
non c’era più. E apriva le finestre
per farle godere l’aria fresca. Queste manifestazioni
le trovavo imbarazzanti. Al pari degli altri suoi
amici. Non riuscivo a capirle.
Fino a stamattina.

 

Raymond Carver, Dolore




 

 








 










lunedì 12 novembre 2018

domenica 11 novembre 2018

Preghiere




Quando si giunge al limite del monologo, ai confini della solitudine, si inventa – in mancanza di altri interlocutori – Dio, supremo pretesto di dialogo. Finché Lo nominate, la vostra demenza è ben mascherata e… tutto vi è permesso. Il vero credente si distingue a malapena dal folle: ma la sua follia è legale, è ammessa; se le sue aberrazioni fossero scevre di qualsiasi fede egli finirebbe in un manicomio. Ma Dio le copre, le rende legittime.
(…)
Chiunque non accetti la proprio nullità è un malato di mente. E il credente è il meno disposto di tutti ad accettarla. La volontà di durare, spinta fino a questo punto, mi spaventa. Mi sottraggo alla seduzione di un io indefinito. Voglio sguazzare nella mia mortalità. Voglio restare normale.

(Signore, datemi la facoltà di non pregare mai, risparmiatemi l’insania di qualsiasi adorazione, allontanate da me quella tentazione d’amore che mi consegnerebbe per sempre a voi. Possa stendersi il vuoto fra il mio cuore e il cielo! Non auspico affatto che i miei deserti siano popolati dalla vostra presenza, le mie notti tiranneggiate dalla vostra luce, le mie Siberie fuse sotto il vostro sole. Più solo di voi, voglio che le mie mani siano pure, al contrario delle vostre che si lordarono per sempre impastando la terra e immischiandosi nelle cose del mondo. Alla vostra insulsa onnipotenza non chiedo altro che il rispetto della mia solitudine e dei miei tormenti. Non so che farmene delle vostre parole; e temo la follia che me le farebbe udire. Dispensatemi il miracoloso raccoglimento che precedette il primo istante, la pace che non poteste tollerare e che vi incitò a praticare una breccia nel nulla per aprirvi questa fiera dei tempi, e per condannarmi così all’universo – all’umiliazione e alla vergogna di essere).

 Emil Cioran, L'arroganza della preghiera, da Sommario di decomposizione (1949)






sabato 10 novembre 2018











Balene



Non è forse curioso che un essere enorme come la balena debba vedere il mondo attraverso un occhio così piccolo e sentire il tuono attraverso un orecchio che è più piccolo di quello di una lepre? Ma se i suoi occhi fossero grandi quanto le lenti del grande telescopio di Herschel e le sue orecchie capaci quanto dei portici di cattedrali, questo potrebbe renderla di vista più lunga o di udito più fine? Niente affatto.
Perché allora tentate di «allargare» la vostra mente? Affinatela.

Herman Melville, Moby Dick









Un homme qui dort



Sei invisibile, limpido, trasparente. Non esisti più: il susseguirsi delle ore, il susseguirsi dei giorni, il passare delle stagioni, lo scorrere del tempo, sopravvivi, senza allegria e senza tristezza, senza futuro e senza passato, così, semplicemente, in modo evidente, come una goccia d’acqua che stilla da un acquaio su un pianerottolo, come sei calze in ammollo dentro una bacinella di plastica rosa, come una mosca, come un’ostrica, come una mucca, come una lumaca, come un bambino o come un vecchio, come un topo.

   

Georges Perec, Un uomo che dorme

 






giovedì 8 novembre 2018

mercoledì 7 novembre 2018

martedì 6 novembre 2018

Assafà












Immigrants




 
 
 

Le donne guardavano gli uomini, li guardavano per capire se stavolta sarebbero crollati. Le donne guardavano e non dicevano niente. E quando gli uomini erano in gruppo, la paura spariva dai loro volti e la rabbia prendeva il suo posto. E le donne sospiravano di sollievo, perché capivano che andava tutto bene: il crollo non c'era stato; e non ci sarebbe mai stato nessun crollo finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore.

Steinbeck, Furore