domenica 30 agosto 2015

Grandi numeri
















No comment










venerdì 28 agosto 2015

giovedì 27 agosto 2015

Tango










Un altro tempo


Le dico va bene, io me ne vado, ma domani torno.
Lei dice non trovi buffo come venga dato conto di ogni secondo, ogni minuto, ogni giorno, mese, anno, come sia possibile nominarli quando invece il tempo, o la vita, sono così recalcitranti, così intangibili e sfuggenti? Questa cosa le fa provare pena per quelli che hanno inventato il concetto di ‘leggere l’ora’. Quanto ottimismo, dice. Quanta splendida futilità. Così perfettamente umano.
Ma Elf, dico, il fatto di non avere accesso ai criteri che ci aiutano a misurare le nostre vite non significa che le nostre vite non necessitino di essere misurate.
Può darsi, dice, ma non secondo una certa idea borghese della suddivisione temporale. È un modo fascista di organizzare una cosa – il tempo – che per sua natura sfugge radicalmente a qualsiasi categoria o definizione. 
 
Miriam Toews, I miei piccoli dispiaceri








lunedì 24 agosto 2015

Il rimedio è la povertà



Il nostro paese si è abituato a credere di essere (non ad essere) troppo ricco. A tutti i livelli sociali, perché i consumi e gli sprechi livellano e le distinzioni sociali scompaiono, e così il senso più profondo e storico di “classe”. Noi non consumiamo soltanto, in modo ossessivo: noi ci comportiamo come degli affamati nevrotici che si gettano sul cibo (i consumi) in modo nauseante. (...) Tutti i nostri ideali sembrano concentrati nell’acquisto insensato di oggetti e di cibo. Si parla già di accaparrare cibo e vestiti. Questo è oggi la nostra ideologia.
E ora veniamo alla povertà. Povertà non è miseria, come credono i miei obiettori di sinistra. Povertà non è “comunismo”, come credono i miei rozzi obiettori di destra. Povertà è una ideologia, politica ed economica. Povertà è godere di beni minimi e necessari, quali il cibo necessario e non superfluo, il vestiario necessario, la casa necessaria e non superflua. (...)
Povertà vuol dire, soprattutto, rendersi esattamente conto (anche in senso economico) di ciò che si compra, del rapporto tra la qualità e il prezzo: cioè saper scegliere bene e minuziosamente ciò che si compra perché necessario, conoscere la qualità, la materia di cui sono fatti gli oggetti necessari. Povertà vuol dire rifiutarsi di comprare robaccia, imbrogli, roba che non dura niente e non deve durare niente in omaggio alla sciocca legge della moda e del ricambio dei consumi per mantenere o aumentare la produzione.
Povertà è assaporare (non semplicemente ingurgitare in modo nevroticamente obbediente) un cibo: il pane, l’olio, il pomodoro, la pasta, il vino, che sono i prodotti del nostro paese; imparando a conoscere questi prodotti si impara anche a distinguere gli imbrogli e a protestare, a rifiutare. Povertà significa, insomma, educazione elementare delle cose che ci sono utili e anche dilettevoli alla vita. Moltissime persone non sanno più distinguere la lana dal nylon, il lino dal cotone, il vitello dal manzo, un cretino da un intelligente, un simpatico da un antipatico perché la nostra sola cultura è l’uniformità piatta e fantomatica dei volti e delle voci e del linguaggio televisivi.
(...)
Il nostro paese è un solo grande mercato di nevrotici tutti uguali, poveri e ricchi, che comprano, comprano, senza conoscere nulla, e poi buttano via e poi ricomprano. Il denaro non è più uno strumento economico, necessario a comprare o a vendere cose utili alla vita, uno strumento da usare con parsimonia e avarizia. No, è qualcosa di astratto e di religioso al tempo stesso, un fine, una investitura, come dire: ho denaro, per comprare roba, come sono bravo, come è riuscita la mia vita, questo denaro deve aumentare, deve cascare dal cielo o dalle banche che fino a ieri lo prestavano in un vortice di mutui (un tempo chiamati debiti) che danno l’illusione della ricchezza e invece sono schiavitù. (...)
Il nostro paese è un’enorme bottega di stracci non necessari (perché sono stracci che vanno di moda), costosissimi e obbligatori. Si mettano bene in testa gli obiettori di sinistra e di destra, gli “etichettati” che etichettano, e che mi scrivono in termini linguistici assolutamente identici, che lo stesso vale per le ideologie. Mai si è avuto tanto spreco di questa parola, ridotta per mancanza di azione ideologica non soltanto a pura fonia, a flatus vocis ma, anche quella, a oggetto di consumo superfluo.
(...)
La povertà è il contrario di tutto questo: è conoscere le cose per necessità. So di cadere in eresia per la massa ovina dei consumatori di tutto dicendo che povertà è anche salute fisica ed espressione di se stessi e libertà e, in una parola, piacere estetico. Comprare un oggetto perché la qualità della sua materia, la sua forma nello spazio, ci emoziona.
(…)
La povertà, infine, si cominci a impararlo, è un segno distintivo infinitamente più ricco, oggi, della ricchezza. Ma non mettiamola sul mercato anche quella, come i blue jeans con le pezze sul sedere che costano un sacco di soldi. Teniamola come un bene personale, una proprietà privata, appunto una ricchezza, un capitale: il solo capitale nazionale che ormai, ne sono profondamente convinto, salverà il nostro paese.


Goffredo Parise, “Il rimedio è la povertà”, articolo pubblicato nel giugno 1974 





Same as it ever was





And you may ask yourself
Am I right?...Am I wrong?




domenica 16 agosto 2015

giovedì 13 agosto 2015

L'acquario



Ma come ci si adegua alla morte della propria figlia? Intanto dovrebbe accadere ben dopo la nostra dissoluzione nel nulla. I nostri figli dovrebbero sopravviverci di diversi decenni, durante i quali vivere le loro vite, felicemente liberati dal fardello della nostra presenza, per poi completare la stessa parabola mortale dei loro genitori: oblio, negazione, paura, fine. Dovrebbero farsi carico della loro mortalità, e in questo non c'è aiuto che gli si possa dare (se non quello di costringerli a confrontarsi con la morte attraverso la nostra) (…)
Una delle più comuni banalità che ci capitava di sentire era che “mancavano le parole”. Ma le parole a me e Teri non mancavano. Non era vero che non c’era modo di descrivere la nostra esperienza. Io e Teri avevamo un vasto linguaggio per parlare tra noi dell’orrore di quello che stava accadendo, e ne parlavamo. (...) Se c’era un problema di comunicazione era che di parole ce n’erano troppe; ed erano di gran lunga troppo gravi e troppo specifiche per essere inflitte agli altri. (…)
Se qualcosa mancava, era la funzionalità della routine, il linguaggio stereotipatoi rassicuranti clichè adesso erano inapplicabili e perfettamente inutili. Istintivamente proteggevamo gli altri dalla conoscenza che possedevamo; li lasciavamo pensare che le parole mancavano, perché sapevamo che non volevano avvicinarsi al vocabolario che noi usavamo ogni giorno. Eravamo sicuri che non volevano sapere quello che noi sapevamo; neanche noi volevamo saperlo. (…)

Una delle credenze religiose più meschine è che la sofferenza nobiliti, che sia una tappa lungo il cammino verso qualche forma di illuminazione o salvezza. La sofferenza e la morte di Isabel non hanno fatto niente per lei né per noi né per il mondo. L’unico esito importante della sua sofferenza è la sua morte. Non abbiamo imparato alcuna lezione che valesse la pena imparare; non abbiamo acquisito alcuna esperienza che possa giovare a chicchesia. E Isabel non è certamente ascesa a un posto migliore, perché mai ci fu posto migliore per lei del seno di Teri, del fianco di Ella o del mio petto. (…) L'indelebile assenza di Isabel oggi è un organo nei nostri corpi la cui unica funzione è secernere un dolore continuo.


Aleksandar Hemon, L'acquario, da Il libro delle mie vite


 

lunedì 10 agosto 2015

Place to be





When I was young, younger than before
I never saw the truth hanging from the door
And now I'm older see it face to face
And now I'm older gotta
get up clean the place.
And I was green, greener than the hill
Where flowers grew and the sun shone still
Now I'm darker than the deepest sea
Just hand me down, give me a place to be.
And I was strong, strong in the sun
I thought I'd see when day was done
Now I'm weaker than the palest blue
Oh, so weak in this need for you.


venerdì 7 agosto 2015

Balance






Vite



C’è un meccanismo psicologico, ormai ne sono convinto, che impedisce alla maggior parte di noi di immaginare il momento della nostra morte. Poiché se fosse possibile immaginare nitidamente l’istante del passaggio dalla coscienza alla non-esistenza, con la relativa paura e l’umiliazione dell’impotenza assoluta, sarebbe molto difficile vivere, essendo insopportabilmente ovvio che la morte è inscritta in tutto ciò che costituisce la vita, e che ogni istante della nostra esistenza è a un soffio dall’essere ultimo. Saremmo ininterrottamente devastati dall’immanenza di quel momento inevitabile, perciò la nostra saggia mente rifiuta di contemplarlo. E tuttavia, mentre maturiamo verso la mortalità, immergiamo guardinghi nel vuoto le dita dei piedi frementi di orrore, sperando che in qualche modo la mente si adeguerà a morire, che Dio o qualche altro oppiaceo lenitivo resterà contattabile mentre ci avventuriamo più a fondo nell’oscurità del non-essere.

 Aleksandar Hemon, Il libro delle mie vite

 


mercoledì 5 agosto 2015

martedì 4 agosto 2015

Aliens






Gesti imprecisi



Amo i gesti imprecisi,
uno che inciampa, l’altro
che fa urtare il bicchiere,
quello che non ricorda,
chi è distratto, la sentinella
che non sa arrestare il battito
breve delle palpebre,
mi stanno a cuore
perché vedo in loro il tremore,
il tintinnio familiare
del meccanismo rotto.
L’oggetto intatto tace, non ha voce
ma solo movimento. Qui invece
ha ceduto il congegno,
il gioco delle parti,
un pezzo si separa,
si annuncia.
Dentro qualcosa balla.

Valerio Magrelli , da Nature e venature

 


 

Un'altra vita / 1974


La strage dell'Italicus fu un attentato terroristico di tipo dinamitardo compiuto nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974 sul treno Italicus, mentre transitava presso San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna.
È considerato uno dei più gravi attentati verificatisi negli anni di piombo, assieme alla Strage di piazza Fontana del 1969, alla Strage di piazza della Loggia, del 28 maggio 1974 e alla Strage di Bologna del 1980 
(Wikipedia)





sabato 1 agosto 2015

Vetro


Allora Elf mi dice che dentro di sè ha un pianoforte di vetro. Ed è terrorizzata all'idea che possa rompersi. Non può permettersi che si rompa. Mi dice che è schiacciato sotto la parte destra del suo stomaco, che a tratti sente gli spigoli duri premerle contro la pelle, che teme possa trafiggerla, e di morire dissanguata. Ma più di tutto la terrorizza l'idea che si possa rompere dentro di lei. Le chiedo che tipo di piano sia e lei mi dice un vecchio Heintzman verticale che un tempo era una pianola ma il meccanismo è stato rimosso e lo strumento interamente trasformato in vetro, anche i tasti. Tutto. Quando sente il rumore delle bottiglie gettate nel camion dei rifiuti, o uno scacciapensieri o perfino un certo tipo di uccelli cantare pensa immediatamente che sia il piano che si sta rompendo.
Stamattina ho sentito una bambina ridere, dice, una ragazzina venuta a trovare suo padre, ma non sapevo fosse una risata, ho pensato a un rumore di vetro infranto e mi sono presa la pancia tra le mani pensando oh no, ci siamo. 

Miriam Toews, I miei piccoli dispiaceri

Non avremo forse sostanze
né vere e proprie finestre nelle nostre spelonche,
ma almeno abbiamo la rabbia,
e con quella costruiremo imperi, signori miei.

Miriam Toews