giovedì 25 giugno 2015

domenica 21 giugno 2015

Happy birthday, Mizzi








Cose


Ci sono molte cose di cui non comprendiamo l’inutilità se non quando cominciano a mancarci. Noi le usavamo non perchè fossero necessarie, ma perchè le avevamo. Quante cose ci procuriamo solo perchè vediamo che altri se le sono procurate e ormai ce l’hanno tutti! Una delle cause delle nostre miserie è che noi viviamo seguendo l’esempio altrui e, invece di regolarci secondo ragione, ci lasciamo trascinare dalla consuetudine. Se fossero pochi a fare una cosa, noi non avremmo voglia di imitarli; ma una volta che si è generalizzata una moda la seguiamo, nella convinzione che una cosa diventi onorevole se è fatta da molte persone. Così per noi l’errore prende il posto dell’azione retta quando è diventato l’errore di tutti. 

 
Oh..quanto gioverebbe a certe persone se potessero allontanarsi da sè. In realtà sono oppresse da se stesse, si angustiano, si danneggiano, si sgomentano. Che giova attraversare i mari e andare di città in città? Se vuoi sfuggire ai mali che ti assillano, non devi andare in un altro luogo; devi essere un altro uomo. Immagina di essere andato ad Atene o a Rodi: scegli una città a tuo piacere. Che importa quali siano le usanze del luogo? Tu vi porti le tue. Se per te il denaro è un bene, sarai torturato dalla povertà peggiore di tutte, la povertà immaginaria. Infatti, per quanto denaro tu abbia, se qualcuno possiede più di te, crederai che sia stato tolto a te tutto quello che l’altro ha in più… se l’anima non è serena non si fida, neppure quando sta al sicuro, poichè una volta che si è lasciata prendere da questa paura irragionevole, non è più capace di vivere tranquilla. Essa non schiva i pericoli, ma li fugge. Ora, chi volge le spalle è più esposto ai pericoli.
 
Seneca, Lettere a Lucilio

 

martedì 16 giugno 2015

BellEuropa 2/ Senza vergogna



Quando leggo in questi giorni alcuni commenti sulla “emergenza migranti” mi vengono i brividi: non mi interessano (se esistono) posizioni di destra o di sinistra, il “bisognerebbe fare…” questo o quello. Ci troviamo, io come tutti i cittadini della “civilissima Europa”, di fronte a una situazione chiara: c’è una massa enorme di persone povere, disperate (oh certo tra loro ci sarà anche qualche delinquente! Ma tra noi non ce ne sono?) che scappa dalla guerra e dalla povertà, dai regimi che riducono i popoli alla fame. E’ così difficile capire che sono queste le spinte principali alla migrazione di parti di popolazioni di Paesi diversi? Possiamo darci spiegazioni, ciascuno la sua, del perché questo succeda. Ma alla fine un solo fatto è certo, una sola verità è inconfutabile: ci troviamo di fronte a centinaia di migliaia di persone disperate che chiedono aiuto.
E bisogna fare una scelta, da esseri umani di fronte ad altri esseri umani. Qual è la risposta più “umana”? Ce lo ha insegnato qualcuno dal nome sconosciuto, forse un migrante, che ha esposto un cartello di protesta alla frontiera (a proposito, non erano state abolite in Europa?) di Ventimiglia “Noi vogliamo solo passare per raggiungere un posto dove ci sia umanità".
Al posto loro credo e spero che noi avremmo fatto la stessa richiesta, e avremmo sperato di incontrare tanti disposti ad aiutarci nella ricerca di una vita più ricca di umanità, magari preparandoci “il mangiare per il viaggio”, come si è sempre usato da noi, tra le persone per bene.
         Gino Strada
       (15 June 2015)
      





 




domenica 14 giugno 2015

BellEuropa

 
Lunedì scorso le Nazioni Unite hanno diffuso un documento che sintetizza i risultati di un anno di indagini sulla situazione dei diritti umani in Eritrea, paese dell’Africa orientale che confina a sud con Gibuti, a nord con il Sudan e ovest con l’Etiopia. Le conclusioni contenute nel documento dell’ONU sono terribili. Si parla di “violazioni dei diritti umani sistematiche e diffuse” – tra cui torture sessuali e lavori forzati – e si sostiene che in Eritrea ci sia un governo totalitario in cui non vige alcuno stato di diritto: in altre parole, il governo agisce senza che venga considerato responsabile di eventuali violazioni della legge e senza dover rendere conto a nessuno di quello che fa. La situazione dell’Eritrea riguarda direttamente anche l’Italia, e non solo per il passato coloniale: nel 2014 il 22% delle persone che sono arrivate in territorio italiano via mare provenivano dall’Eritrea. Eppure, nonostante l’Eritrea sia «il paese con meno libertà al mondo», nessuno ne parla. (...)

(da Il Post)

 




venerdì 12 giugno 2015

Denali



Dopo aver condiviso 14 anni della sua vita con Denali, scoprendo che il suo anziano cane sta per andarsene il fotografo Ben Moon decide di portarlo di nuovo nei luoghi del cuore dove hanno condiviso i momenti più belli della loro vita assieme. Il filmato viene narrato attraverso la visione del cane, che ha sempre accompagnato il suo padrone: due anime inseparabili, due spiriti liberi in continuo movimento, lontani dalle città. La pellicola, che ha vinto il Best of Festival e Festival and People's Choice awards alla sua prima in Colorado's 5Point Film Festival, inizia con Moon e Denali che giocano sulla spiaggia, pochi giorni prima della morte di Denali



L'uomo ha molto da imparare dai cani, per esempio dovremmo imparare ad esultare di gioia ogni volta che qualcuno che amiamo entra dalla porta di casa, anche se succede 5 volte al giorno. " 
 



giovedì 11 giugno 2015

Deep sea


Strange Never-Before-Seen Sea Creatures Discovered 20,000 Feet Under The Sea. These creatures were discovered by America’s Ocean Exploration Team on the seafloor near Puerto Rico and the US Virgin Islands. The Puerto Rico Trench is deepest trench in the Atlantic Ocean, reaching depths of up to 8,800 m and extending for over 800 km.








domenica 7 giugno 2015

Dedicated to Rem



...next song is dedicated with love to REM






"Close my eyes so I can see
make my make-believe believe
in me
"







sabato 6 giugno 2015

Tirare a indovinare / 2


Che cosa possiamo dire ai nostri giovani, ora che delle personalità psicopatiche, ossia individui privi di coscienza, privi di pietà e di vergogna, hanno tolto tutto il denaro dalle casse del nostro governo e dalle nostre aziende, e se lo sono preso per sé?
E il massimo che vi posso dare a cui aggrapparvi è ben poca cosa, in effetti. Non è molto meglio di niente, e anzi forse è anche peggio di niente. È l’idea di un vero eroe moderno. È la storia, per sommi capi, della vita di Ignaz Semmelweis, un mio eroe.
Ignaz Semmelweis nacque a Budapest nel 1818. Cronologicamente, la sua vita ha in parte coinciso con quella di mio nonno e con quella dei vostri nonni, e ci può sembrare tanto tempo fa, ma in realtà era solo ieri.
Diventò un ostetrico, cosa che già basterebbe a fare di lui un eroe moderno. Dedicò la vita alla salute dei neonati e delle loro madri. Ce ne servirebbero di più, di eroi così. Al giorno d’oggi, man mano che diveniamo una nazione sempre più industrializzata e militarizzata sotto il controllo di gente che tira a indovinare, non ci si prende più cura quasi per niente delle madri, dei neonati, dei vecchi e di tutti coloro che sono fisicamente o economicamente deboli.
Ho già detto prima che tutta la messe di informazioni di cui disponiamo oggi è recentissima. È così recente che l’idea che molte malattie siano causate dai germi risale solo a centoquaranta anni fa. La mia casa di villeggiatura a Sagaponack (Long Island) di anni ne ha il doppio. E non so come hanno fatto gli operai a sopravvivere tanto a lungo da riuscire a finire di costruirla. Insomma, la teoria dei germi è davvero recente. Quando mio padre era bambino, Louis Pasteur era ancora vivo e al centro di mille polemiche. Al potere c’erano ancora tanti di quelli che tiravano a indovinare, furiosi dell’idea che la gente desse retta a lui invece che a loro.
Ecco, e anche Ignaz Semmelweis, appunto, era convinto che i germi portassero le malattie. Quando andò a lavorare in un ospedale pediatrico di Vienna, rimase inorridito nello scoprire che una madre su dieci moriva di febbre puerperale.
Si trattava di donne povere: quelle ricche partorivano ancora a casa. Semmelweis studiò le procedure dell’ospedale e cominciò a sospettare che fossero i medici stessi a provocare le infezioni alle pazienti. Notò che spesso passavano direttamente dall’autopsia dei cadaveri nell’obitorio alle visite nel reparto maternità. In via sperimentale, propose che i dottori si lavassero le mani prima di toccare le pazienti.
Poteva mai esserci affronto peggiore? Come si permetteva di dare un consiglio simile a gente di estrazione sociale superiore? Semmelweis si rese conto che non era nessuno. Veniva da fuori, non aveva amici né protettori fra i nobili austriaci. Ma le puerpere continuavano a morire, e Semmelweis, che non aveva le stesse doti di diplomazia nei rapporti interpersonali, continuava a chiedere ai suoi colleghi di lavarsi le mani.
E loro alla fine gli obbedirono, per beffa, per divertimento, per disprezzo. Quanto si saranno insaponati, strofinati a dovere e puliti fin sotto le unghie…
E a quel punto, le pazienti smisero di morire: pensate un po’! Smisero di morire. Semmelweis aveva salvato tutte quelle vite.
Di conseguenza, si può dire che abbia salvato milioni di vite, fra cui, con ogni probabilità, anche la vostra e la mia. Che ringraziamento ricevette Semmelweis dai più alti esponenti della sua professione nella società viennese – tutta gente specializzata nel tirare a indovinare? Lo cacciarono dall’ospedale e dall’Austria stessa, a cui aveva reso un servizio tanto grande. Concluse la sua carriera in un ospedale di provincia in Ungheria. Fu lì che perse ogni speranza nell’umanità – che poi saremmo noi e le nostre conoscenze dell’era informatica – e in se stesso.
Un giorno, nella sala delle autopsie, prese la lama dello scalpello con cui aveva appena sezionato un cadavere e se la piantò di proposito nel palmo della mano. Di lì a poco morì, come sapeva benissimo che sarebbe successo, di setticemia.
Quelli che tiravano a indovinare avevano il potere assoluto. Avevano vinto ancora un volta. Eccoli, i veri germi. Ma in quell’occasione veniva alla luce anche un altro loro aspetto, di cui oggi dovremmo prendere attentamente nota. Non gli interessava davvero salvare vite delle umane. Gli importa solo che la gente gli dia retta – mentre loro, nella più totale ignoranza, continuano a tirare a indovinare. Se c’è una cosa che odiano, è un individuo saggio.
Voi, però, siatelo. Salvateci la vita, e salvate anche la vostra. Siate persone oneste.

Kurt Vonnegut, da Un uomo senza patria
 



Tirare a indovinare / 1


Per l’ultimo milione di anni o giù di lì, gli esseri umani hanno dovuto tirare a indovinare su quasi tutto. I personaggi principali dei libri di storia non sono altro che quelli di noi che hanno tirato a indovinare nella maniera più affascinante, e a volte più spaventosa.
Ne posso nominare due?
Aristotele e Hitler.
Uno ci ha azzeccato, e l’altro ha sbagliato.
E nel corso dei secoli le masse umane, sentendo di avere dei mezzi di giudizio inadeguati, proprio come noi oggi, e a ragione, si sono viste praticamente costrette a credere di volta in volta a quelli che tiravano a indovinare.
(...) Dobbiamo comunque riconoscere che i più persuasivi fra quelli che tiravano a indovinare (...) talvolta ci hanno dato il coraggio di sopportare immani sofferenze che non eravamo in grado di comprendere. Carestie, pestilenze, eruzioni vulcaniche, bambini nati morti: spesso quegli individui ci hanno dato l’illusione che la buona e la cattiva sorte fossero comprensibili e a volte potessero essere affrontate in maniera intelligente ed efficace. Senza questa illusione, forse il genere umano si sarebbe arreso molto tempo fa.
Ma quelli che tiravano a indovinare, di fatto, non ne sapevano più della gente comune, anzi a volte ne sapevano anche di meno, perfino quando – o specialmente quando – ci hanno dato l’illusione di avere il controllo sul nostro destino.
Tirare a indovinare in maniera persuasiva è un ingrediente fondamentale della capacità di leadership da così tanto tempo – anzi, lo è stato per tutto il corso dell’esperienza umana – che non c’è affatto da sorprendersi se ancora oggi gran parte dei leader del pianeta, nonostante tutte le informazioni di cui improvvisamente possiamo disporre, vogliono che il meccanismo continui. Adesso è il loro turno di tirare a indovinare, tirare a indovinare e avere intorno chi gli dà retta. Un posto dove questo oggi si fa nella maniera più becera, tronfia e ignorante è Washington. I nostri leader sono stufi marci delle tonnellate di informazioni valide che sono state riversate sul genere umano dalla ricerca, dallo studio e dal giornalismo investigativo. Pensano che ne sia stufa la nazione intera, e potrebbero anche aver ragione. Non è al sistema aureo che vogliono riportarci. Vogliono scendere a un livello ancora più elementare. Vogliono riportarci al sistema degli elisir dei ciarlatani.
Le pistole cariche sono un bene per tutti tranne per chi è chiuso in galera o al manicomio.
Esatto.
I milioni di dollari spesi per la sanità pubblica fanno crescere l’inflazione.
Esatto.
I miliardi di dollari spesi per le armi fanno scendere l’inflazione.
Esatto.
Le dittature di destra sono più vicine agli ideali americani rispetto alle dittature di sinistra.
Esatto.
Più testate nucleari abbiamo, pronte a essere lanciate da un momento all’altro, più l’umanità è al sicuro e migliore sarà il mondo che erediteranno i nostri nipoti.
Esatto.
Le scorie industriali, specie quelle radioattive, non fanno male quasi a nessuno, perciò la gente dovrebbe smettere di parlarne tanto.
Esatto.
Le industrie dovrebbero essere autorizzate a fare quello che gli pare: versare mazzette, distruggere un pochino l’ambiente, gonfiare i prezzi, fregare i clienti stupidi, annullare la concorrenza e svaligiare le casse del Tesoro quando vanno in bancarotta.
Esatto.
Questa è la libera impresa.
Esatto anche questo.
I poveri hanno fatto qualche grosso errore, altrimenti non sarebbero poveri, perciò i figli ne devono pagare le conseguenze.
Esatto.
Non ci si può aspettare che gli Stati Uniti d’America sappiano badare al loro stesso popolo.
Esatto.
Quello è compito del libero mercato.
Esatto.
Il libero mercato è un sistema automatico di giustizia.
Esatto.
Sto scherzando.
E se siete davvero persone istruite capaci di pensare con la vostra testa, a Washington non sareste visti di buon occhio. (...) 
A che serve l’istruzione? A governarci sono ancora questi sfrenati amanti delle congetture – e nemici delle informazioni. Ed è quasi tutta gente molto istruita. Pensateci un attimo. Gente che ha dovuto buttare via la propria istruzione, perfino la laurea a Harvard o a Yale. Se non l’avessero fatto, la loro incontenibile smania di tirare a indovinare non potrebbe durare così tanto. Voi, per favore, non seguite il loro esempio. Ma sappiate che, se farete uso della vasta miniera di conoscenze che oggi è a disposizione delle persone istruite, vi ritroverete soli come cani. Il rapporto numerico fra quelli che tirano a indovinare e voi è – adesso sono io che tiro a indovinare – più o meno dieci a uno.

In caso non l’aveste notato, in seguito a delle elezioni sfacciatamente truccate in Florida, nelle quali migliaia di afroamericani sono stati privati in maniera arbitraria dei loro diritti, adesso gli Stati Uniti si presentano al resto del mondo come una massa di spietati guerrafondai dalla mascella quadrata superbi e ghignanti, dotati di un arsenale militare mostruosamente potente e privi di oppositori.
In caso non l’aveste notato, oggi noi americani siamo temuti ed odiati in tutto il mondo proprio come lo erano un tempo i nazisti.
E a ragione.
In caso non l’aveste notato, i nostri leader irregolarmente eletti hanno privato della dignità umana milioni e milioni di persone solo a causa della loro fede e della loro razza. Li feriamo, li uccidiamo, li torturiamo e li imprigioniamo come e quando ci pare.
Una passeggiata.
In caso non l’aveste notato, priviamo della dignità umana anche i nostri soldati, non a causa della loro fede o della loro razza, ma per via della loro estrazione sociale.
Mandateli in qualunque posto. Fategli fare qualunque cosa.
Una passeggiata.
Perciò io sono un uomo senza patria, fatta eccezione per i bibliotecari e un giornale di Chicago che si chiama In These Times.
Prima che attaccassimo l’Iraq, l’autorevolissimo New York Times ci aveva garantito che vi erano nascoste delle armi di distruzione di massa.
Verso la fine della loro vita sia Albert Einstein che Mark Twain avevano perso ogni speranza nella razza umana, anche se Twain non aveva nemmeno assistito alla prima guerra mondiale. Ora la guerra è una forma di intrattenimento televisivo. E quello che ha reso la prima guerra mondiale così emozionante sono state due invenzioni americane: il filo spinato e la mitragliatrice. Lo sharpnel prende il nome dall’ufficiale inglese che lo ha inventato. Non piacerebbe anche a voi che dessero il vostro nome a qualcosa?
Come i miei illustri predecessori Einstein e Twain, anche io adesso abbandono ogni speranza nell’umanità. Ho combattuto nella seconda guerra mondiale e devo dire che questa non è la prima volta che soccombo a una spietata macchina da guerra.
Le mie ultime parole? «La vita è un pessimo trattamento da infliggere a un animale, fosse anche un topo».

Kurt Vonnegut, da Un uomo senza patria
 

venerdì 5 giugno 2015

Altri


Ma in verità le ho risposto che quello che per me rende la vita quasi degna di essere vissuta, oltre alla musica, sono tutti i santi che mi capita di incontrare un po’ ovunque. E per santi intendo gente che si comporta in maniera decorosa all'interno di una società clamorosamente indecorosa.

Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria 








 

Plastic love





She looks like the real thing
She tastes like the real thing
My fake plastic love

But I can't help the feeling
I could blow through the ceiling
If I just turn and run
And it wears me out

If I could be who you wanted
If I could be who you wanted
 all the time...




martedì 2 giugno 2015

Passato presente futuro






Al tempo

 
Al tempo che cadevano le albicocche
il mondo era tutto verde
e noi stavamo sotto una capanna
che era fatta di canne
e di strisce di cielo.
Al tempo che cadevano le albicocche
si sentivano dei tonfi
che mai mi son scappati dalla memoria
come se fosse il tempo
che bussa dentro il tempo. 
 
Nino Pedretti, Poesie in dialetto romagnolo