Il
giorno in cui sta per scattare l’ora legale, o solare.
Perché
non si capisce mai se questa volta scatta l’ora solare al posto della legale, o
quella legale al posto della solare. E se la notte dormiremo un’ora in piú o in
meno: questo è causa di discussioni estenuanti che si protraggono oltre l’ora
dello spostamento delle lancette, vanificando pure l’eventuale ora di sonno in
piú. Perché c’è sempre qualcuno, che pure quando gli hai fatto dei disegnini
sulla carta, non è convinto, e dice che secondo lui è il contrario: cioè che
dormiremo un’ora in piú, e non un’ora in meno come dite tutti (o un’ora in meno
e non in piú).
Quando
sbadigli, o dici di aver fame, o sonno, c’è sempre qualcuno che ti ricorda che
è logico, perché sono le dieci, ma è come se fossero le undici; sono le due, ma
è come se fosse l’una. E poi, quando alle sette della sera il sole è ancora
alto e ti commuovi perché ormai hai capito che è arrivata la primavera, e dici
«che bello, le giornate si sono allungate», ti dicono che non è esattamente
cosí, perché è vero che sono le sette ma è come se fossero le sei, ed è
soltanto per questo che il sole è ancora alto. E cosí torni subito triste.
Però è
bello quando nell’angolino basso della prima pagina, sul giornale, c’è il
disegnino dell’orologio con la didascalia che dice: stanotte ricordatevi di
mettere le lancette un’ora avanti (o indietro). E il giorno dopo, quando dice:
vi siete ricordati di
mettere le lancette un’ora avanti (o indietro)?
Francesco Piccolo, Momenti di
trascurabile felicità