So
questo. Che la Terra è un corpo celeste, che la vita che vi si
espande da tempi immemorabili è prima dell’uomo, prima ancora
della cultura, e chiede di continuare a essere, e a essere amata,
come l’uomo chiede di continuare a essere, e a essere accettato,
anche se non immediatamente capito e soprattutto non utile. Tutto è
uomo. Io sono dalla parte di quanti credono nell’assoluta santità
di un albero e di una bestia, nel diritto dell’albero, della
bestia, di vivere serenamente, rispettati, tutto il loro tempo. Sono
dalla parte della voce increata che si libera in ogni essere, e della
dignità di ogni essere – al di là di tutte le barriere – e sono
per il rispetto e l’amore che si deve loro.
C’è
un mondo vecchio, fondato sullo sfruttamento della natura madre, sul
disordine della natura umana, sulla certezza che di sacro non vi sia
nulla. Io rispondo che tutto è divino e intoccabile: e più sacri di
ogni cosa sono le sorgenti, le nubi, i boschi e i loro piccoli
abitanti. E l’uomo non può trasformare questo splendore in
scatolame e merce, ma deve vivere e essere felice con altri sistemi
d’intelligenza e di pace, accanto a queste forze celesti. Che
queste sono le guerre perdute per pura cupidigia: i paesi senza più
boschi e torrenti, e le città senza più bambini amati e vecchi
sereni, e donne al di sopra dell’utile. […] Vivere non significa
consumare, e il corpo umano non è un luogo di privilegi.
Tutto
è corpo, e ogni corpo deve assolvere un dovere, se non vuole essere
nullificato; deve avere una finalità, che si manifesta
nell’obbedienza alle grandi leggi del respiro personale, e del
respiro di tutti gli altri viventi. E queste leggi, che sono la
solidarietà con tutta la vita vivente, non possono essere
trascurate. Noi, oggi, temiamo la guerra e l’atomica. Ma chi perde
ogni giorno il suo respiro e la sua felicità, per consentire alle
grandi maggioranze umane un estremo abuso di respiro e di felicità
fondati sulla distruzione planetaria dei muti e dei deboli – che
sono tutte le altre specie – può forse temere la fine di tutto?
Quando
la pace e il diritto non saranno solo per una parte dei viventi, e
non vorranno dire solo la felicità e il diritto di una parte, e il
consumo spietato di tutto il resto, solo allora, quando anche la pace
del fiume e dell’uccello sarà possibile, saranno possibili, facili
come un sorriso, anche la pace e la vera sicurezza dell’uomo.
Anna
Maria Ortese, Corpo
celeste