La domanda non è “SE”, è “QUANDO”
Mentre
ci trastulliamo con i risultati elettorali e con il totoministri la
guerra va avanti, e lo fa mostrando senza più remore ciò che molti
avevano intuito fin dal primo giorno: i pugili sul ring si chiamano
Joe Biden e Vladimir Putin, noi siamo il ring.
Ora lo sappiamo o
dovremmo saperlo perché mentre i due pugili saltellavano senza
neppure sfiorarsi raccogliendo applausi e fischi dalle rispettive
tifoserie ad essere calpestati dai loro piedi come le tavole di un
ring siamo noi, Ucraini in primis e a seguire tutti i cittadini
dell'Unione Europea.
Ho detto i cittadini, non i governi che
sull'incontro di boxe hanno scommesso forti somme politiche ed
economiche. Ai governi dell'indipendenza dell'Ucraina non importa un
accidente, non più di quanto importasse loro dell'Afganistan, della
Georgia, dei Curdi, degli Yemeniti o di chiunque altro sia stato
ridotto in poltiglia dalle loro precedenti scommesse.
Ora Biden
ha sferrato il primo pugno come aveva annunciato il 7 febbraio alla
Casa Bianca prima che la guerra incominciasse durante un incontro
bilaterale col premier tedesco Scholz “Se i Russi invadono
azzereremo il Nord Stream”. Lo ha fatto, e lo ha fatto nel preciso
momento in cui la Germania ha mostrato il primo segno di cedimento
nella guerra santa contro il demonio.
Se siete tra quelli che
pensano che sia stato Putin a far saltare l'oleodotto che gli è
costato 10 miliardi e che versava quotidianamente un fiume di denaro
nelle sue casse avete solo perso tempo a leggere questo post, e temo
che altro ne perderete nel commentarlo. E’ davvero ridicolo, molto
al di sotto del livello minimo di intelligenza, pensare che Putin
abbia fatto irreparabilmente saltare per aria una sua infrastruttura
preziosa quando gli sarebbe bastato chiudere il rubinetto.
Con
quelle esplosioni la guerra è uscita dai confini dell'Ucraina, che
arrivi anche da noi è, salvo miracoli in cui non credo, soltanto
questione di tempo.
Mario Piazza
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