sabato 8 dicembre 2018

Fusa



C'era però anche un quinto membro della famiglia, il quale non aveva mai furia e ignorava tutto quel finimondo. Se ne stava sdraiato sulla mensola sopra il calorifero, con gli occhi socchiusi, dando appena in qualche sbadiglio di quando in quando.
Erano sbadigli enormi, offensivi. La bocca si spalancava rivelando una bella lingua rosa e quando finalmente tornava a chiudersi, il corpo intero, dal baffo alla punta della coda, era percorso da un fremito pigro: William, il gatto, si preparava a vivere un'altra giornata.
Quando Peter afferrava la cartella e si dava ancora un'occhiata intorno prima di uscire di casa di corsa, era sempre William l'ultima cosa che vedeva. Teneva la testa appoggiata a una zampa, mentre quell'altra ciondolava molle dal bordo della mensola, e si godeva l'aria calda che saliva. Una volta liberatosi di quei ridicoli esseri umani, il gatto avrebbe potuto sonnecchiare in pace per qualche ora. L'immagine del micio sonnolento non mancava di torturare Peter ogni volta che, uscendo di casa, riceveva il benvenuto di una raffica gelida di tramontana.

Nei pomeriggi d’inverno, di ritorno da scuola, non c’è cosa che Peter ama di più che sfilarsi con un calcio le scarpe e sdraiarsi davanti al fuoco del tinello accanto al gatto William. Gli piace mettersi giù all’altezza di William e poi andargli vicino vicino con la faccia a guardare la sua, quella faccia straordinaria diversa e bellissima. Appena gli si avvicina, incomincia il ronzio soddisfatto delle sue fusa, talmente basso e potente da far vibrare anche il pavimento. E Peter sa di essere gradito.

Ian McEwan, L'inventore di sogni












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