Ormai
quasi 85 anni fa due bombe atomiche vennero gettate su Hiroshima e
Nagasaki. Morirono 90.000 persone; i sopravvissuti furono pochissimi.
Scelsero di non usare la parola sopravvissuti per rispetto nei
confronti delle persone che erano morte. Non volevano che venisse
considerato un valore essere sopravvissuti e un dis-valore essere
morti. Coniarono così una parola nuova, hibakusha, che si potrebbe
tradurre con “coloro che sono sopravvissuti all’esplosione“.
Non sopravvissero in molti ma la storia incredibile è come
sopravvissero non solo le persone ma anche le piante. La pianta più
vicina al luogo dell’esplosione che ha ripreso a germogliare è un
salice piangente che si trovava a circa 500 metri dall’epicentro
esplosivo. Altre piante si trovano a 1300 metri e portano le tracce e
le ferite dell’esplosione. Un gruppo di piante che copriva la
facciata di una scuola salvò 4 bambini, proteggendoli dagli effetti
dell’esplosione. Ogni tanto i giapponesi vanno a salutare quelle
piante –che sono state tutte identificate con dei cartelli– le
abbracciano, le accarezzano oppure si siedono lì vicino per onorare
questa forza della vita, nonostante tutto. Queste piante così amate
vengono chiamate hibaku jumoku e i loro semi sono diffusi in tutto il
Giappone come simboli della rinascita.
"Le
piante sentono meglio degli animali. Perché gli animali, e noi tra
loro, risolvono quasi tutto col movimento. Una pianta invece deve
risolvere il problema, non può scappare" Stefano
Mancuso
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