mercoledì 8 luglio 2020

Sopravvissuti



Ormai quasi 85 anni fa due bombe atomiche vennero gettate su Hiroshima e Nagasaki. Morirono 90.000 persone; i sopravvissuti furono pochissimi. Scelsero di non usare la parola sopravvissuti per rispetto nei confronti delle persone che erano morte. Non volevano che venisse considerato un valore essere sopravvissuti e un dis-valore essere morti. Coniarono così una parola nuova, hibakusha, che si potrebbe tradurre con “coloro che sono sopravvissuti all’esplosione“. Non sopravvissero in molti ma la storia incredibile è come sopravvissero non solo le persone ma anche le piante. La pianta più vicina al luogo dell’esplosione che ha ripreso a germogliare è un salice piangente che si trovava a circa 500 metri dall’epicentro esplosivo. Altre piante si trovano a 1300 metri e portano le tracce e le ferite dell’esplosione. Un gruppo di piante che copriva la facciata di una scuola salvò 4 bambini, proteggendoli dagli effetti dell’esplosione. Ogni tanto i giapponesi vanno a salutare quelle piante –che sono state tutte identificate con dei cartelli– le abbracciano, le accarezzano oppure si siedono lì vicino per onorare questa forza della vita, nonostante tutto. Queste piante così amate vengono chiamate hibaku jumoku e i loro semi sono diffusi in tutto il Giappone come simboli della rinascita.
"Le piante sentono meglio degli animali. Perché gli animali, e noi tra loro, risolvono quasi tutto col movimento. Una pianta invece deve risolvere il problema, non può scappare"  Stefano Mancuso

Nicoletta Cinotti 









 

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