mercoledì 8 maggio 2013

"Non so"


Ho accennato all'ispirazione  I poeti con­tem­po­ra­nei rispondono in modo evasivo  quando gli si chiede cosa sia, e se esi­ste dav­vero. Non è che non abbiano mai cono­sciuto la gra­zia di que­sto movi­mento interno. Ma non è facile spie­gare a qual­cuno qual­cosa che tu stesso non capisci.

Anch’io, quando capita che mi chie­dano qual­cosa, al riguardo, la prendo alla lon­tana. Comun­que rispondo così: l’ispirazione non è un pri­vi­le­gio esclusivo dei poeti o, più in gene­rale, degli arti­sti. C’è, c’è stato e ci sarà sempre un gruppo di per­sone visi­tate dall’ispirazione. E’ com­po­sto da tutti coloro che hanno scelto con­sa­pe­vol­mente il loro mestiere e lo svolgono con amore e fantasia. Pos­sono essere medici, insegnanti, giar­di­nieri– e potrei enu­me­rare cen­ti­naia di altri mestieri. Il loro lavoro diventa una inin­ter­rotta avven­tura, fin­ché cer­cano di sco­prirvi nuove sfide. Pro­blemi e dif­fi­coltà non sof­fo­cano mai la loro curio­sità. Uno sciame di nuovi inter­ro­ga­tivi emerge a ogni pro­blema risolto. Qua­lun­que cosa sia l’ispirazione, essa è nata dal ripro­porsi con­ti­nuo della frase “Non so”.

Non sono molte, le per­sone così. La mag­gior parte degli abi­tanti di que­sto pia­neta lavo­rano per vivere. Lavo­rano per­ché devono. Non scel­gono que­sto o quel lavoro per pas­sione; le cir­co­stanze della vita hanno scelto per loro. Lavori privi d’amore, lavori noiosi, lavori apprez­zati solo per­ché altri non hanno nep­pur quello, comun­que privi d’amore e noiosi– que­sta è la più dura delle mise­rie umane. E non c’è segno che i secoli a venire miglio­re­ranno que­sta situazione.

E così, dun­que, nego ai poeti il mono­po­lio dell’ispirazione, ma li col­loco comun­que in un ristretto gruppo di per­sone pre­di­lette dalla Fortuna.

Ma, a que­sto punto, chi mi ascolta avrà alcuni dubbi. Ogni sorta di tor­tu­ra­tori, dit­ta­tori, fana­tici e dema­go­ghi che com­bat­tono per il potere, urlando pochi slo­gan alti­so­nanti, anche loro amano cer­ta­mente il loro lavoro, e affron­tano anche loro i loro dubbi con un fer­vore pieno d’immaginazione. Ebbene, sì. Ma loro “sanno”. Loro sanno e qua­lun­que cosa sap­piano è abba­stanza per sem­pre e in modo defi­ni­tivo. Non vogliono sco­prire niente di nient’altro, per­ché que­sto potrebbe dimi­nuire la forza delle loro argo­men­ta­zioni. Ma ogni cono­scenza che non con­duca a nuovi inter­ro­ga­tivi muore rapi­da­mente: non rie­sce a man­te­nere la tem­pe­ra­tura neces­sa­ria a restare in vita. Nei casi più estremi, casi ben noti alla sto­ria antica e moderna, può diven­tare per­fino una minac­cia mor­tale per la società.

Per que­sto ho una così alta con­si­de­ra­zione per la pic­cola frase “Non so”. E’ pic­cola, ma vola su forti ali. Espande le nostre vite in modo da poter inclu­dere i nostri spazi interni e allo stesso tempo gli spazi esterni in cui è sospesa la nostra pic­cola Terra. Se Isaac New­ton non avesse mai detto a se stesso “Non so”, le mele avreb­bero potuto cadere, nel suo pic­colo giar­dino, come chic­chi di gran­dine, ma lui si sarebbe chi­nato, al mas­simo, solo per rac­co­glierle e divo­rarle con gusto. Se la mia com­pa­triota Marie Sklodowska-Curie non avesse mai detto a se stessa “Non so”, sarebbe  finita, forse, coll’insegnare chi­mica in qual­che scuola pri­vata per ragazze di buona fami­glia, e avrebbe ter­mi­nato i suoi giorni facendo que­sto d’altronde rispet­ta­bile lavoro. Ma lei con­ti­nuò a dire “Non so”, e que­ste parole l’hanno por­tata fino a Stoc­colma (e non una volta, ma due), dove spi­riti infa­ti­ca­bili nel porre domande sono di tanto in tanto ricom­pen­sati col Pre­mio Nobel.

I poeti, se sono veri poeti, devono anche loro ripe­tere in con­ti­nua­zione “Non so”. Ogni poe­sia marca lo sforzo di rispon­dere a que­sta frase, ma non appena il punto finale si depo­sita sulla pagina, il poeta comin­cia a esi­tare, comin­cia a capire che que­sta par­ti­co­lare domanda era un sem­plice espe­diente e che lui è del tutto ina­de­guato a darvi una rispo­sta. Così i poeti con­ti­nuano a pro­vare e, prima o poi, i soliti risul­tati della loro auto-insoddisfazione ven­gono graf­fati insieme da una gigan­te­sca cuci­trice dagli sto­rici della let­te­ra­tura e defi­niti “opera”…

 Il poeta e il mondo,  Wislawa Szymborska 
 (Dal discorso pronunciato al conferimento del Nobel)






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