Ho accennato all'ispirazione
I poeti contemporanei rispondono in modo evasivo
quando gli si chiede cosa sia, e se esiste davvero. Non è che non abbiano mai
conosciuto la grazia di questo movimento interno. Ma non è facile spiegare
a qualcuno qualcosa che tu stesso non capisci.
Anch’io,
quando capita che mi chiedano qualcosa, al riguardo, la prendo alla lontana.
Comunque rispondo così: l’ispirazione non è un privilegio esclusivo dei
poeti o, più in generale, degli artisti. C’è, c’è stato e ci
sarà sempre un gruppo di persone visitate dall’ispirazione. E’ composto
da tutti coloro che hanno scelto consapevolmente il loro mestiere e
lo svolgono con amore e fantasia. Possono essere
medici, insegnanti, giardinieri– e potrei enumerare centinaia di
altri mestieri. Il loro lavoro diventa una ininterrotta avventura, finché
cercano di scoprirvi nuove sfide. Problemi e difficoltà non soffocano
mai la loro curiosità. Uno sciame di nuovi interrogativi emerge a ogni problema
risolto. Qualunque cosa sia l’ispirazione, essa è nata dal riproporsi continuo
della frase “Non so”.
Non
sono molte, le persone così. La maggior parte degli abitanti di questo pianeta
lavorano per vivere. Lavorano perché devono. Non scelgono questo o quel
lavoro per passione; le circostanze della vita hanno scelto per loro. Lavori
privi d’amore, lavori noiosi, lavori apprezzati solo perché altri non hanno
neppur quello, comunque privi d’amore e noiosi– questa è la più dura delle
miserie umane. E non c’è segno che i secoli a venire miglioreranno questa
situazione.
E
così, dunque, nego ai poeti il monopolio dell’ispirazione, ma li colloco
comunque in un ristretto gruppo di persone predilette dalla Fortuna.
Ma, a
questo punto, chi mi ascolta avrà alcuni dubbi. Ogni sorta di torturatori,
dittatori, fanatici e demagoghi che combattono per il potere, urlando
pochi slogan altisonanti, anche loro amano certamente il loro lavoro, e
affrontano anche loro i loro dubbi con un fervore pieno d’immaginazione.
Ebbene, sì. Ma loro “sanno”. Loro sanno e qualunque cosa sappiano è abbastanza
per sempre e in modo definitivo. Non vogliono scoprire niente di
nient’altro, perché questo potrebbe diminuire la forza delle loro argomentazioni.
Ma ogni conoscenza che non conduca a nuovi interrogativi muore rapidamente:
non riesce a mantenere la temperatura necessaria a restare in vita. Nei
casi più estremi, casi ben noti alla storia antica e moderna, può diventare
perfino una minaccia mortale per la società.
Per
questo ho una così alta considerazione per la piccola frase “Non so”. E’
piccola, ma vola su forti ali. Espande le nostre vite in modo da poter includere
i nostri spazi interni e allo stesso tempo gli spazi esterni in cui è sospesa
la nostra piccola Terra. Se Isaac Newton non avesse mai detto a se stesso
“Non so”, le mele avrebbero potuto cadere, nel suo piccolo giardino, come
chicchi di grandine, ma lui si sarebbe chinato, al massimo, solo per raccoglierle
e divorarle con gusto. Se la mia compatriota Marie Sklodowska-Curie non
avesse mai detto a se stessa “Non so”, sarebbe finita, forse,
coll’insegnare chimica in qualche scuola privata per ragazze di buona famiglia,
e avrebbe terminato i suoi giorni facendo questo d’altronde rispettabile
lavoro. Ma lei continuò a dire “Non so”, e queste parole l’hanno portata
fino a Stoccolma (e non una volta, ma due), dove spiriti infaticabili nel
porre domande sono di tanto in tanto ricompensati col Premio Nobel.
I
poeti, se sono veri poeti, devono anche loro ripetere in continuazione “Non
so”. Ogni poesia marca lo sforzo di rispondere a questa frase, ma non appena
il punto finale si deposita sulla pagina, il poeta comincia a esitare, comincia
a capire che questa particolare domanda era un semplice espediente e che
lui è del tutto inadeguato a darvi una risposta. Così i poeti continuano a
provare e, prima o poi, i soliti risultati della loro auto-insoddisfazione
vengono graffati insieme da una gigantesca cucitrice dagli storici della
letteratura e definiti “opera”…
Il poeta e il
mondo, Wislawa Szymborska
(Dal discorso pronunciato al
conferimento del Nobel)
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