"Adoro la fotografia,
adoro fotografare, tenere in mano la fotocamera, giocare con le inquadrature e
con la luce. Adoro vivere con la gente, osservare le comunità e ora anche gli
animali, gli alberi, le pietre. E un'esigenza che proviene dal profondo di me
stesso. È il desiderio di fotografare che mi spinge di continuo a ripartire. Ad
andare a vedere altrove. A realizzare sempre e comunque nuove immagini."
Sebastião Salgado
“Per me, l'estetica è un
linguaggio costante, non una variabile. Non a caso, mi hanno spesso
rimproverato la dimensione troppo estetizzante delle mie foto, specie di fronte
alla violenza e alla miseria. Questa però è la mia forma di scrittura, il mio
stile. Cambiano i soggetti, non il mio linguaggio fotografico, che nasce sempre
da una forma di partecipazione spirituale. Una foto, prima di essere uno
sguardo critico, è capacità di materializzare questa partecipazione in
un'immagine. Certo, poi, è anche una forma di comunicazione che si rivolge agli
altri. Le mie fotografie però non nascono dal desiderio di comunicazione, ma
dall'istinto”
"Nelle fotografie a
colori c'è già tutto. Una foto in bianco e nero invece è come un'illustrazione
parziale della realtà. Chi la guarda, deve ricostruirla attraverso la propria
memoria che è sempre a colori, assimilandola a poco a poco. C'è quindi un'interazione
molto forte tra l'immagine e chi la guarda. La foto in bianco e nero può essere
interiorizzata molto di più di una foto a colori, che è un prodotto
praticamente finito".
"Ci sono molte cose
che una foto non riesce a trasmettere. Ad esempio certi paesaggi grandiosi.
Quando mi rendo conto che non riesco a cogliere quello che vorrei, allora
lascio la macchina fotografica e mi limito a guardare, a vivere. In altre
situazioni, invece, il dilemma è tra agire e fotografare. Davanti al dolore e
alla sofferenza, mi è capitato spesso di non riuscire a fotografare, perché
troppo scosso dalle emozioni. Mi sembrava più importante prendere in braccio un
bambino morente e correre a cercare un medico. Altre volte di fronte alla
violenza e all'umiliazione mi sono vergognato di appartenere al genere umano e
mi sono messo a piangere. Tutte le volte che una foto rischiava di ledere la
dignità delle persone, ho preferito non scattare".