sabato 28 giugno 2014

Una vita tranquilla



Ho sempre pensato
quando avrò questo sarò saziato
ma poi avevo questo… ed era lo stesso



la verità è che la musica mi ha salvato
quand'ero piccolo la musica mi ha salvato
e me ne stavo seduto sul mio prato ad ascoltare il mangiadischi cantare
la verità è che la musica mi ha salvato
quand'ero piccolo la musica mi ha salvato
e ascoltavo mia madre parlare, mio fratello giocare, e l'universo girare 



martedì 24 giugno 2014

Broken mirrors



La mia mente era uno specchio:
vedeva ciò che vedeva, sapeva ciò che sapeva.
In gioventù la mia mente era solo uno specchio
in un vagone che correva veloce,
afferrando e perdendo frammenti di paesaggio.
Poi con il tempo
grandi graffi solcarono lo specchio,
lasciando che il mondo esterno penetrasse,
e il mio io più segreto vi affiorasse,
poiché questa è la nascita dell’anima nel dolore,
una nascita con vincite e perdite.
La mente vede il mondo come cosa a sé,
e l’anima unisce il mondo al proprio io.
Uno specchio graffiato non riflette immagine,
e questo è il silenzio della saggezza.

E. Lee Masters, Ernest Hyde da "Antologia di Spoon River" 





 


  Photographer: Bing Wright









Adams



Una delle cose che Ford Prefect aveva sempre trovato difficile comprendere a proposito degli esseri umani era che avevano il vizio di affermare e ripetere cose assolutamente ovvie, come risultava evidente da frasi quali "Che bella giornata!" o "Come sei alto!" oppure "Oddio, mi sembra che tu sia caduto in un pozzo profondo nove metri: ti sei fatto male?". In un primo tempo Ford si era fatto una sua teoria per spiegare questo strano comportamento. Aveva pensato che le bocche degli esseri umani dovessero continuamente esercitarsi a parlare per evitare di rimanere inceppate. Dopo avere osservato e riflettuto per alcuni mesi, Ford aveva abbandonato questa sua teoria per un'altra. Aveva pensato che se gli esseri umani non si esercitavano in continuazione ad aprire e chiudere la bocca, correvano il rischio di cominciare a far lavorare il cervello. Dopo un po' aveva abbandonato anche questa teoria, considerandola eccessivamente cinica, e aveva deciso che in fondo gli esseri umani gli piacevano molto, anche se non poteva mai fare a meno di preoccuparsi e disperarsi davanti alla terribile quantità di lacune che le loro conoscenze presentavano.

Douglas Adams, La guida galattica per gli autostoppisti 

 

 


domenica 22 giugno 2014

L’albero inutile



Il mastro falegname Shi, in viaggio verso il paese di Qi, attraversando un villaggio vide un’immensa quercia presso il tempietto del dio del luogo. La sua ombra era tanto vasta che poteva offrire riparo a migliaia di buoi, il suo tronco misurava cento spanne e la sua chioma era grande come una collina. I rami più bassi si trovavano a ottanta piedi dal suolo e da una dozzina di essi si sarebbe potuto fabbricare delle barche. Intorno all’albero c’era una tal folla di viandanti che sembrava una fiera. Ma mastro Shi non lo degnò di uno sguardo e proseguì per la sua strada.
Il suo apprendista si fermò a contemplare l’albero a lungo, poi raggiunse di corsa il
falegname e gli disse: “Maestro, da quando hai cominciato a insegnarmi a maneggiare l’ascia non ho mai visto del legname tanto bello. Perché non ti sei neppure fermato a guardarlo?”
“Lascia perdere,” disse il falegname. “È un albero inutile. Se ne fai delle barche, affondano; se ne fai delle bare, marciscono in fretta; se ne fai delle porte, trasudano resina; se ne fai dei pilastri, sono subito tarlati. Quest’albero non serve a nulla. È proprio per questo che ha potuto diventare tanto vecchio.”
Ritornato a casa, mastro Shi ebbe un sogno. La quercia gli apparve in sogno e gli disse: “Perché fai confronti? Vorresti che assomigliassi agli alberi utili? Il ciliegio, il pero, l’arancio, il limone, tutti gli alberi da frutta, quando i loro frutti sono maturi vengono saccheggiati; i loro rami grossi vengono spezzati, i rametti danneggiati. Per via della loro utilità hanno una vita tormentata e muoiono prematuramente. Sono essi stessi la causa della loro sciagura. E lo stesso vale per tutti gli altri esseri. Io ho cercato a lungo l’inutilità e finalmente, prossimo alla fine dei miei giorni, ci sono arrivato. Questa inutilità mi è molto utile. Se servissi a qualcosa, come avrei potuto raggiungere queste dimensioni? Tu e io siamo entrambi creature. Come può una creatura giudicarne un’altra? Tu, un uomo inutile alla fine dei suoi giorni, pretendi di giudicare l’inutilità di un albero?”

Zhuangzi, IV



Yoga
















mercoledì 18 giugno 2014

L'inutile






Hui Zi disse a Zhuangzi: “Le tue parole sono inutili”.
Zhuangzi rispose: “Devi capire l’inutile per poter parlare di utilità. La terra è immensa, ma di tutta questa estensione usi solo il piccolo spazio che hai sotto i piedi. Ora, immagina di togliere tutto il resto, in modo che tutto intorno a te si spalanchi un abisso. La terra che hai sotto i piedi ti sarebbe ancora utile?”
“Non molto,” ammise Hui Zi.
“Questo dimostra che l’inutile è necessario,” rispose Zhuangzi.

Zhuangzi, XXVI










domenica 15 giugno 2014

Salgado


"Adoro la fotografia, adoro fotografare, tenere in mano la fotocamera, giocare con le inquadrature e con la luce. Adoro vivere con la gente, osservare le comunità e ora anche gli animali, gli alberi, le  pietre. E un'esigenza che proviene dal profondo di me stesso. È il desiderio di fotografare che mi spinge di continuo a ripartire. Ad andare a vedere altrove. A realizzare sempre e comunque nuove immagini."

Sebastião Salgado


“Per me, l'estetica è un linguaggio costante, non una variabile. Non a caso, mi hanno spesso rimproverato la dimensione troppo estetizzante delle mie foto, specie di fronte alla violenza e alla miseria. Questa però è la mia forma di scrittura, il mio stile. Cambiano i soggetti, non il mio linguaggio fotografico, che nasce sempre da una forma di partecipazione spirituale. Una foto, prima di essere uno sguardo critico, è capacità di materializzare questa partecipazione in un'immagine. Certo, poi, è anche una forma di comunicazione che si rivolge agli altri. Le mie fotografie però non nascono dal desiderio di comunicazione, ma dall'istinto


"Nelle fotografie a colori c'è già tutto. Una foto in bianco e nero invece è come un'illustrazione parziale della realtà. Chi la guarda, deve ricostruirla attraverso la propria memoria che è sempre a colori, assimilandola a poco a poco. C'è quindi un'interazione molto forte tra l'immagine e chi la guarda. La foto in bianco e nero può essere interiorizzata molto di più di una foto a colori, che è un prodotto praticamente finito".


"Ci sono molte cose che una foto non riesce a trasmettere. Ad esempio certi paesaggi grandiosi. Quando mi rendo conto che non riesco a cogliere quello che vorrei, allora lascio la macchina fotografica e mi limito a guardare, a vivere. In altre situazioni, invece, il dilemma è tra agire e fotografare. Davanti al dolore e alla sofferenza, mi è capitato spesso di non riuscire a fotografare, perché troppo scosso dalle emozioni. Mi sembrava più importante prendere in braccio un bambino morente e correre a cercare un medico. Altre volte di fronte alla violenza e all'umiliazione mi sono vergognato di appartenere al genere umano e mi sono messo a piangere. Tutte le volte che una foto rischiava di ledere la dignità delle persone, ho preferito non scattare".







giovedì 12 giugno 2014

Dogs



Ecco cosa fa la presenza di un cane in una casa, aiuta anche le persone affette da Alzheimer.
Quest’uomo è affetto da questa tremenda sindrome e il figlio spiega che praticamente non parla quasi più, non fa più discorsi… ma quando si avvicina il cane accade una cosa quasi impossibile da spiegare, l’uomo comincia a parlargli, e non cose insensate, gli chiede cosa vuole, gli fa i complimenti… Poi gli dice:  “Che peccato, questo è tutto quello che ho. Perché non posso prendermi cura? Ti porterò e tu porterai me…” E con estrema dolcezza lo accarezza.

Fonte: www.eticamente.net





mercoledì 11 giugno 2014

Il primo amore




Dicono che il primo amore sia il più importante.

Ciò è molto romantico

ma non è il mio caso.

Qualcosa tra noi c’è stato e non c’è stato,

è accaduto e si è perduto.

Non mi tremano le mani

quando mi imbatto in piccoli ricordi

e in un rotolo di lettere legate con lo spago

nemmeno con un nastrino.

Il nostro unico incontro dopo anni,

la conversazione di due sedie

intorno a un freddo tavolino.

Atri amori

ancora respirano profondamente in me.

A questo manca il fiato per sospirare.

Eppure proprio così com’è,

è capace di ciò di cui quelli

non sono ancora capaci:

non ricordato,

neppure sognato,

mi familiarizza con la morte.

 

Wislawa Szymborska

 

 

 

 

I hold this letter in my hand
A plea, a petition, a kind of prayer
I hope it does as I have planned
Losing her again is more than I can bear
I kiss the cold, white envelope
I press my lips against her name
Two hundred words. We live in hope
The sky hangs heavy with rain



 



Palle






domenica 8 giugno 2014

giovedì 5 giugno 2014

Scatole



Nella vecchia casa ho chiuso scatole per un mese, 
su ognuna ne ho scritto il contenuto,
poi sono venuti gli addetti al trasloco,
mi hanno chiesto, questa scatola con scritto: Fallimenti amorosi dal 1984 al 1999,
 dobbiamo portarla?
e questa: Appunti per personaggi di romanzi?,
e poi: Cose non dette a mia madre?
non c’è abbastanza spazio, ho detto,
regalatele alla chiesa,
ma alla fine hanno portato tutto.
Adesso abito in un condominio moderno,
non parlo con nessuno,
faccio la spesa in un decò pieno di poveri,
la notte sento l’allarme delle macchine,
apro le scatole,
tocco quello che c’è dentro.