domenica 13 marzo 2016

Cats in Istanbul



Si narra che Maometto, mentre leggeva con un braccio allungato sul tavolo, fu avvicinato dal suo gatto, che gli si sdraiò sulla manica a dormire. Giunta l'ora della preghiera Maometto guardò il gatto, in dubbio se svegliarlo e liberare il braccio; ma l'animale aveva una tale aria estatica che il profeta, certo che in quel momento il gatto stesse comunicando con Allah, preferì tagliarsi la manica della preziosa veste, per poter pregare, piuttosto che disturbarlo.
Al ritorno dalla preghiera il gatto, riconoscente, gli fece grandi fusa per ringraziarlo e Maometto, commosso, gli riservò un posto in Paradiso. Ma non solo: gli impose per tre volte le mani sulla schiena, dandogli la meravigliosa capacità di cadere sempre sulle quattro zampe senza farsi male.


 
 Mustafa Efe, imam di una moschea a Istanbul, dall'anno scorso ha deciso di ospitare i gatti all'interno dell'edificio per salvarli dal freddo: i gatti possono girare liberamente all'interno di questo spazio dedicato alla preghiera, facendo anche compagnia ai fedeli che si recano in questa moschea.
 La religione islamica è molto legata alla figura del gatto; si narra che il profeta Maometto avesse una micia di nome Muezza, che teneva in grembo mentre predicava e che lo salvò dal morso di un serpente. Tanto è il rispetto verso i gatti che, per il culto dell’Islam, questi sono considerati “quasi sacri”. O meglio, così credono i cittadini di Istanbul, i quali spesso adottano i gatti di strada, che ritengono degli intermediari tra Dio e l’uomo, tanto da chiamarli Tanri misafiri, ossia “ospiti di Dio”, e per questo vengono trattati con rispetto e devozione.


Kedi, di Ceyda Torun, racconta Istanbul attraverso gli occhi di gatti che ci abitano. 
Kedi è stato realizzato raccogliendo le testimonianze di diversi abitanti della città per cercare di capire come questa possa essere vissuta dai gatti che la vivono perché, dice Torun, "a Istanbul un gatto non è solo un gatto, ma incarna il caos e la cultura della città".











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