Si
narra che Maometto, mentre leggeva con un braccio allungato sul
tavolo, fu avvicinato dal suo gatto, che gli si sdraiò sulla manica
a dormire. Giunta l'ora della preghiera Maometto guardò il gatto,
in dubbio se svegliarlo e liberare il braccio; ma l'animale aveva una
tale aria estatica che il profeta, certo che in quel momento il gatto
stesse comunicando con Allah, preferì tagliarsi la manica della
preziosa veste, per poter pregare, piuttosto che disturbarlo.
Al ritorno dalla preghiera il gatto, riconoscente, gli fece grandi fusa per ringraziarlo e Maometto, commosso, gli riservò un posto in Paradiso. Ma non solo: gli impose per tre volte le mani sulla schiena, dandogli la meravigliosa capacità di cadere sempre sulle quattro zampe senza farsi male.
Mustafa
Efe,
imam di una moschea a
Istanbul,
dall'anno scorso ha deciso di ospitare i gatti all'interno
dell'edificio per salvarli dal freddo: i gatti possono girare
liberamente all'interno di questo spazio dedicato alla preghiera,
facendo anche compagnia ai fedeli che si recano in questa moschea.
Kedi, di Ceyda Torun, racconta Istanbul attraverso gli occhi di gatti che ci abitano.
Kedi è stato realizzato raccogliendo le testimonianze di diversi abitanti della città per cercare di capire come questa possa essere vissuta dai gatti che la vivono perché, dice Torun, "a Istanbul un gatto non è solo un gatto, ma incarna il caos e la cultura della città".
Al ritorno dalla preghiera il gatto, riconoscente, gli fece grandi fusa per ringraziarlo e Maometto, commosso, gli riservò un posto in Paradiso. Ma non solo: gli impose per tre volte le mani sulla schiena, dandogli la meravigliosa capacità di cadere sempre sulle quattro zampe senza farsi male.
La
religione islamica è molto legata alla figura del gatto; si
narra che
il profeta Maometto avesse
una micia di nome Muezza, che teneva in grembo mentre predicava e che
lo salvò
dal morso di un serpente. Tanto è il rispetto verso i gatti che, per
il culto dell’Islam, questi sono considerati “quasi sacri”. O
meglio, così credono i cittadini di Istanbul, i quali spesso
adottano i gatti di strada, che ritengono degli intermediari tra Dio
e l’uomo, tanto da chiamarli Tanri
misafiri,
ossia “ospiti di Dio”, e per questo vengono trattati con rispetto
e devozione.
Kedi, di Ceyda Torun, racconta Istanbul attraverso gli occhi di gatti che ci abitano.
Kedi è stato realizzato raccogliendo le testimonianze di diversi abitanti della città per cercare di capire come questa possa essere vissuta dai gatti che la vivono perché, dice Torun, "a Istanbul un gatto non è solo un gatto, ma incarna il caos e la cultura della città".
Nessun commento:
Posta un commento