Ha
vissuto, Lucia Berlin. È
stata insegnante, donna delle pulizie, centralinista, infermiera, ha
avuto quattro figli da tre uomini diversi, ha abitato in camper,
nella New York dei musicisti jazz, in una comune hippie a Berkeley.
È stata ricchissima, poverissima, alcolizzata e infine sobria e
seria professoressa universitaria. (…)
Ha
pubblicato per riviste e piccoli editori, e negli ultimi anni ha
insegnato a Boulder, all’università del Colorado, adorata dai suoi
allievi e dagli amici poeti ma sconosciuta alla maggior parte dei
lettori. È
morta nel 2004, a 68 anni, e l’anno scorso è diventata uno degli
scrittori più importanti del Novecento americano.
Grazie all’amore e la passione di Stephen Emerson e Lydia Davis,
che hanno voluto ostinatamente e poi curato "A manual of
cleaning woman", pubblicato da Farrar, Straus and Giroux.
Quarantatré racconti, quarantatré piccoli capolavori. (…)
È
un libro sontuoso, stracolmo di meraviglie, vale la pena tenerlo
vicino al comodino e leggerlo lentamente, una storia ogni tanto.
Centellinarlo, come una cosa buonissima. È una raccolta di storie ma
è soprattutto
il romanzo di un’esistenza, con tutte le sue sfumature, le
battaglie vinte e perse. (…)
Negli
ultimi anni della sua vita Lucia Berlin dovette convivere con la
bombola di ossigeno, imposta dal collasso di un polmone, conseguenza
della scoliosi di cui aveva sofferto fin da bambina. All’epoca,
intorno al 2002, viveva in un camper, in uno di quei parcheggi che
nascono vicino alle città, perché la
malattia l’aveva ridotta in bancarotta.
Lo racconta Elizabeth Geoghegan, scrittrice, che andò a trovarla e
la intervistò per The Paris Review. Quando arrivò, Lucia le chiese
se poteva farle la cortesia di andarle a comprare un paio di
sigarette, che si vendevano sfuse nella drogheria del paese. Prendi
le più forti, le chiese. Le fumò entrambe, con gusto, scostandosi
dal naso i tubicini della bombola. Era una splendida conversatrice,
parlava molte lingue, amava il gossip e Cechov, ridere e vivere fino
in fondo (…)
Dopo
il periodo trascorso in Texas da bambina, al ritorno del padre Lucia
Berlin di trasferisce a Santiago del Cile con tutta la famiglia. E
diventa una giovane ereditiera, frequenta il jet set, permette al
principe Ali Khan di accenderle la prima sigaretta. Ma in quel
periodo sua madre inizia a bere pesantemente, a passare le sue
giornate a letto. Lo racconta più avanti, nelle storie che
riguardano la sorella malata di cancro. Che morì nel 1992 a Città
del Messico. Lucia la assistette per due anni. I racconti di queste
due donne adulte, che fanno i conti col passato, non rinunciano alla
seduzione tra una seduta di chemio e l’altra e si amano
ferocemente, sono magnifici. Fool to cry, per esempio, dove scorre
una gran quantità di amore esagerato, sgangherato, commovente. (...)
Elena
Stancanelli su D.Repubblica, 10 febbraio 2016
La
solitudine è un concetto anglosassone. A Città del Messico, se una
persona sale su un autobus e tu sei l’unico passeggero, non solo
viene a sedersi vicino a te, ma ti appoggia anche la testa sulla
spalla.
(da Fool to cry)
(da Fool to cry)
Nessun commento:
Posta un commento