È
iniziata il 20 luglio la demolizione dell’istituto buddista più
grande del mondo, nell’est del Tibet. Un centro che comprende anche
la città studentesca di Larung Gar in cui vivono oltre diecimila tra
cinesi e tibetani. Le autorità vogliono ridurre il numero di monaci
e monache. Non a caso le prime a essere demolite sono state proprio
le loro case. La motivazione di tale decisione data dalle forze di
polizia cinesi, che a quanto denunciato da attivisti di Free Tibet
non è stata concordata con gli abitanti della struttura,
ufficialmente è quella di garantire la sicurezza di un’area
sovrappopolata. Lo scorso giugno le autorità avrebbero distribuito
un’ordinanza che esigeva la riduzione a 5 mila del numero di
presenze nel monastero. L’ordine fissava per il 30 ottobre l’inizio
del trasferimento dei residenti e delle demolizioni ed elencava una
serie di punizioni se i residenti non si fossero trasferiti, fra cui
quella della distruzione completa del monastero. Il governo cinese ha anticipato
l’inizio delle demolizioni di accademia e monastero adducendole al
rischio di eventuali collegamenti con le «forze separatiste in
esilio»
(Corriere della sera)
Larung
Gar è un insediamento a 3.700 metri d’altezza nella Contea cinese
di Sertar, dove vivono insieme agli studenti circa 40 mila monaci
tibetani, caratterizzato da migliaia di capanne rosse ammassate le
une alle altre, ed è molto importante anche per
le monache, considerato che proprio qui giungono allieve da tutto il
Tibet. A Larung Gar non esistono televisioni e cellulari, i religiosi
lavorano e meditano tutto il giorno da decenni, in una valle per
lungo tempo rimasta incontaminata.
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