Come
alcuni di voi ne sono già a conoscenza, io sono toscano e più
esattamente di Viareggio, dove la sagacia del contadino
dell’entroterra del Chianti incontra l’ignoranza (intesa come
invulnerabilità psicofisica) del pescatore sferzato da mille
fortunali.
Da
noi la bestemmia è un intercalare elevato ad arte sublime che supera
in potenza e pregnanza quei sintetici e stizzosi attacchi di rabbia
dei Veneti o quelle tiepide circonlocuzioni attenuativo-sostitutive
dei Lombardi.
Noi
ci mettiamo il cuore, rabbioso per i divini strali della sorte.
Per
esempio, un veneto che si pesta un dito col martello esclama DIO
CAN!, un milanese ZIO CANTANTE! e un emiliano al massimo osa un
DIO ‘NIMEL!… un Toscano, invece, non perde tempo con vuote
interiezioni perché sa perfettamente di chi è la colpa e quindi
entra subito nell’attribuzione delle responsabilità dirette, per
esempio, con un DIO VIGLIACCO DELLA MADONNA ASSASSINA!
Ma
attenzione… non sono semplici esclamazioni enfatiche fini a se
stesse ma un giudizio preciso per una catena di comportamenti che
hanno esitato nell’evento scatenante.
Nello
specifico, la vigliaccheria si riferisce a quell’evidente inanità
pavida divina, resa ancora più eclatante e invisa da una tanto
sventolata onnipotenza, onnipresenza e onniscenza di Dio… insomma,
sai tutto e puoi fare tutto ma decidi di non fare un cazzo.
L’aggettivo
di ‘assassina’, nel merito, fa riferimento a una
corresponsabilità morale e legale della coniuge che, per quanto
infusa dallo Spirito Santo e Immacolata, rimane un essere vivente
terreno con doti empatiche di condivisione emotiva… insomma, sai
bene cosa si prova e non dici nulla a quell’altro.
Il
Toscano è diretto e sintetico ma non sacrifica mai il tempo dedicato
alla bestemmia senza lasciare le proprie motivazioni implicite
all’interno di essa. Nell’attimo in cui esso cade dalle nuvole
quando gli si fa notare che inserisce una bestemmia ogni due parole,
non dovete commettere l’errore di credere che lui stia facendo lo
gnorri o che imprechi per abitudine: il suo è un ponte giaculatorio
tra uomo e dio che non necessita della parte razionale dell’anima
ma che, anzi, riveste carattere rivelatorio del mistero divino.
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