La stanchezza persistente porta al culto del silenzio, perché quando si è esausti le parole perdono di significato e martellano nelle orecchie, ridotte a sonorità vuote, a vibrazioni esasperanti. I concetti si stemperano, la forza dell’espressione si attenua, tutto ciò che si dice o si ascolta si svuota fino ad apparire sterile e ripugnante. Niente ha più forma e consistenza, e tutto ciò che va e viene dall’esterno rimane un murmure monocorde e lontano, incapace di accendere le sfumature della vita spirituale, di suscitare interesse o curiosità. Sembra allora inutile esprimere un parere, prendere posizione o impressionare qualcuno, e tutti i rumori cui si è rinunciato montano nell’inquietudine dell’anima, esistente in tutti i grandi silenzi. Dopo essersi forsennatamente prodigati per risolvere tutti i problemi, dopo essersi tormentati al massimo grado, quando occorrerebbe dare risposte definitive, si finisce col trovare nel silenzio la sola realtà e l’unica forma d’espressione.
Emil Cioran, Al culmine della disperazione
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