Vedo
gente in gran forma cerebrale che sapeva cosa bisognava fare. Lo
sapeva adesso, ovviamente. Ora piovono critiche a governi, governanti
e governatori. Che se le meritano, non tanto per il loro agire: a
fare si sbaglia sempre tanto o poco, ma piuttosto per la spocchia con
cui tutti i giorni ci ricordano che sanno fare ogni cosa quale che
sia. E meno hanno un’idea più hanno voce.
Credo
che se una cosa si possa individuare nella politica contemporanea è
il premio alla spocchia che sempre gli elettori concedono, la gente
ama chi sputa sui concorrenti, c’è tutta una sinistra che ama gli
snob e tutta una destra che ama gli arroganti. Sono due facce della
stessa cultura, la merda umana che ci ha portati dove ci ha portati,
la deriva del prima noi che ora ci fa frignare come scolarette perché
i vicini ci fregano le mascherine, brutti cattivi! Hanno detto “prima
noi” prima di noi, non è giusto!
E
mentre in Germania per solidarietà cantano “Bella Ciao” dai
balconi, in Italia, dove la sinistra ha bandito “Bella ciao” per
non offendere i suoi elettori di destra, si canta l’Inno di
Novaro-Mameli, uno dei componimenti più ipocriti che l’ipocrisia
del patriottismo abbia prodotto, che racconta il falso mito di un
popolo che in realtà è pronto solo alla morte degli altri, che si
stringe a Corte e non a coorte, che ammazza anche i fratelli pur di
avere i soldi per la discoteca, un’Italia che non si desta neanche
con gli sberloni.
L’eterna
lotta tra guelfi e ghibellini prosegue nei contagi e nelle
convalescenze, nei morti per altre malattie che ormai non esistono
più, negli ospedali che saranno ancora depauperati, dopo questa
emergenza, da una ripresa che vedrà di nuovo il cemento, il petrolio
e la stessa merda che ora ci mette in difficoltà farla da padrona.
Già,
capiremo che il virus è roba da ridere in quanto a retorica rispetto
a poi, quando tutti parleranno di ripresa. E solo perché nessuno ci
sta pensando adesso, questo dovrebbe essere mestiere dei politici;
perché non esiste mica solo il ministero della medicina, per ora
l’unica cosa che vedo partorire dal genio dell’italico pensiero è
chiedere soldi, spendere soldi, farsi dare soldi, senza minimamente
pensare a che fare. Fare, semplicemente fare.
C’è
in corso una devastazione, piccola, ma enorme per la nostra spocchia
contemporanea; nel secolo scorso, senza scomodare la spagnola coi
suoi 50 milioni di morti, o l’asiatica con qualche milione nel
mondo, solo nel 69 c’è stata una piccola influenza di cui nessuno
si ricorda, che ha provocato 1 milione di morti. Certo, le ambulanze
e gli elicotteri sono l’esibizione rumorosa della nostra sofferenza
da paese ricco; non ci sono né ambulanze né elicotteri a volare
sulle teste dei 20.000 bambini che ogni giorno muoiono di fame (ma
siccome non si tratta dei nostri confini regionali non rivolgiamo a
questo l’attenzione che pretendiamo per noi). Tuttavia stiamo
vivendo una devastazione alle nostre abitudini, ben più grande
dell’austerity o del periodo degli scioperi selvaggi. Ma cercare
nell’uomo i motivi delle devastazioni naturali è come sempre
sintomo di delirio di onnipotenza. Siamo nella devastazione, non la
devastazione.
Pensiamo
di essere in grado di risolvere i problemi del mondo, quando il mondo
non ha problemi, siamo noi che li abbiamo, e l’errore è come
sempre quello di considerarci esseri logici invece di animali che
seguono un cieco istinto. È impossibile che chi compra e consuma
pacchetti di roba su cui c’è scritto a caratteri cubitali che
produce il cancro ai polmoni, possa avere attenzione reale per il
pericolo che egli stesso rappresenta per gli altri. È impossibile
che chi ha sempre pensato che non pagare le tasse fosse un semplice
dispetto a una generica politica, capisca che se ha la febbre non può
mettersi in viaggio. È impossibile che una civiltà che raccomanda a
tutti di spegnere il riscaldamento in casa e pretende il
riscaldamento delle piazze per poter fumare all’aperto, abbia
capito che dovrà cambiare strada e inquinare meno per ammalarsi di
meno. È tutto dichiarazione d’intenti, è tutto uno stringersi a
coorte virtuale, una conferenza stampa continua di cui Casalino è il
portavoce ideale.
Dentro
i nostri steccati mentali, con le pareti sempre più alte,
riconosciamo sempre meno cose, sempre meno diversità, stiamo tra le
nostre siepi come uccelli giardinieri, attratti da un solo colore.
Ancora
sento gente che esalta il comunismo di Cuba come fosse il trionfo del
pensiero, gente che divide il mondo tra quelli che ci aiutano a noi e
quelli che non ci aiutano a noi. E noi? Chi aiutiamo noi? Chi abbiamo
aiutato? Non dovrebbe essere il normale andazzo? Perché dovrei
essere fiero degli aiuti russi, quegli stessi russi che stanno
mettendo da 10 anni in ginocchio la Siria con le loro armi?
Chi
aiuta il mondo? Questa sarebbe la domanda.
Le
fabbriche di armi continuano a lavorare.
Inutile
sperare che qualcuno abbia capito che il confine nazionale (non
parliamo poi di quello regionale!) è una strettoia che costringe a
un pensiero limitato e limitante. Siamo molto meno liberi delle
nostre merci. In ogni sito c’è un disclaimer, se vuoi continuare a
stare sul sito non devi pigiare NO, ma restare sul sito non significa
avere capito che il sito accede alle informazioni del tuo telefono, e
a quali informazioni; il mondo funziona allo stesso modo. Non sempre
vivere significa capire, non sempre viaggiare significa andare
altrove, non sempre leggere significa essere informati. Ci sono
confini troppo radicati in noi. Dovremmo avere una visione più
larga, più ampia, meno psicopatica.
Il
virus, uno degli esseri più stupidi dell’universo, ha capito che i
confini si possono superare, l’uomo no.
Natalino
Balasso
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