La
cucina italiana, del resto, non è affatto unitaria. Tra Nord e Sud
ci sono grandi differenze. Nel Sud il mangiare è più dionisiaco.
Laggiù ci sono spezie eccitanti, per esempio una certa varietà di
peperoncino. È tutt’altra cosa dal pepe: lo si trova anche nei
paesi arabi. Nell’Italia del Nord è praticamente sconosciuto. La
mia – diciamo – vocazione di autodidatta gastronomico verte
intorno al peperoncino. Per me ha qualcosa di fortemente magico.
Se
lei soffrisse di stati ansiosi – cosa che ovviamente mi auguro
non sia–, le consiglio di mangiare peperoncino. Giova
incredibilmente, le assicuro. È una cosa che appartiene al mondo
gastronomico del Sud, non del Nord. Il modo di mangiare dell’Italia
meridionale è un rito in tutto e per tutto privato. Al Nord si tende
sempre alla mensa sociale. Se lei guarda un ristorante di Milano poi
uno di Roma e poi di Napoli, la cosa le si chiarisce. A Milano, il
ristorante ha sempre un che di una ditta o di un’associazione. Lì
si incontrano le vittime del lavoro. A Roma nient’affatto, può
“portare” qualcosa tutt’al più dal punto di vista psicologico.
E questo vale in genere per il Sud, benché il Sud sia povero. In
Calabria, ad esempio, ho mangiato cose del tutto insolite, semplici,
ma di una pienezza di gusto addirittura magica. È stato
affascinante, quasi inquietante. ricordo ancora oggi l’odore di un
certo tipo di pomodori. Giù a Roma non li si trova più. Questo
pomodoro era l’idea commestibile del sole. Mangiarsi il sole, ecco
cos’è.
Giorgio Manganelli, La penombra mentale
Nessun commento:
Posta un commento