venerdì 31 maggio 2013

Hobbit


In una caverna sotto terra viveva uno hobbit. Non era una caverna brutta, sporca, umida, piena di resti di vermi e di trasudo fetido, e neanche una caverna arida, spoglia, sabbiosa, con dentro niente per sedersi o da mangiare: era una caverna hobbit, cioè comodissima.  Aveva una porta perfettamente rotonda come un oblò, dipinta di verde, con un lucido pomello d’ottone proprio nel mezzo. La porta si apriva su un ingresso a forma di tubo, come un tunnel: un tunnel molto confortevole, senza fumo, con pareti foderate di legno e pavimento di piastrelle ricoperto di tappeti, fornito di sedie lucidate, e di un gran numero di attaccapanni per cappelli e cappotti: lo hobbit amava molto ricevere visite. Il tunnel si snodava, inoltrandosi profondamente anche se non in linea retta nel fianco della collina (o meglio la Collina, come era chiamata da tutta la gente per molte miglia all’intorno) e molte porticine rotonde si aprivano su di esso, prima da una parte e poi dall’altra. Niente piani superiori per lo hobbit: le camere da letto, i bagni, le cantine, le dispense (molto numerose), i guardaroba (c’erano camere intere destinate ai vestiti), le cucine, le sale da pranzo, erano tutte sullo stesso piano, anzi sullo stesso corridoio. Le camere migliori erano tutte sul lato sinistro (entrando), perché erano le sole ad avere finestre: finestre rotonde profondamente incassate che davano sul giardino e sui campi dietro di esso, lentamente degradanti verso il fiume.


(…) ma che cos’è uno hobbit? Credo che al giorno d’oggi gli hobbit abbiano bisogno di essere in qualche modo descritti, dal momento che sono diventati rari e timorosi della Gente Grossa, come ci chiamano. Sono (o erano) gente piccola, alti all’incirca la metà di noi, e più minuti dei nani barbuti. Gli hobbit non hanno barba. Del resto, poco o niente di magico c’è in loro tranne il modo comunissimo con cui spariscono silenziosamente e velocemente quando gente grossa e stupida come me e voi capita lì attorno, facendo il rumore di un elefante che essi possono sentire a un miglio di distanza. Tendono a metter su un po’ di pancia; vestono di colori vivaci (soprattutto di verde e di giallo); non portano scarpe, perché i loro piedi sviluppano piante naturalmente dure come il cuoio e un vello fitto, caldo e scuro come quello che hanno in testa (che è riccioluta); hanno lunghe, abili dita scure, facce gioviali, e ridono con risa profonde e pastose (specialmente dopo il pranzo, che consumano due volte al giorno, se ci riescono). Adesso ne sapete abbastanza per andare avanti.

Tolkien, The Hobbit 

 

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