V
E
cosí eccomi qui, nel mezzo del cammin, dopo vent’anni —
vent’anni
in gran parte aridi, gli anni dell’entre deux guerres —
cercando
di imparare l’uso delle parole, e ogni tentativo
è
tutto un ripartire dal principio, e un modo diverso di fallire
perché
si è imparato a servirsi bene delle parole
soltanto
quanto basta a dire quello che non si ha piú da dire, o nel modo in
cui
non
si è piú disposti a dirlo. E cosí ogni impresa
è
un ripartire dal principio, un’incursione nel vago
con
strumenti logori che si deteriorano sempre piú
nella
grande confusione di sentimenti imprecisi,
indisciplinate
squadre di emozioni. E quello che c’è da conquistare
con
la forza e la sottomissione, è già stato scoperto
una
volta o due, o molte altre volte, da uomini che non possiamo sperare
di
emulare — ma non c’è competizione —
c’è
soltanto la lotta per recuperare ciò che si è perduto
e
trovato e perduto, e ancora: e adesso in circostanze
che
non sembrano propizie. Ma forse non c’è guadagno né perdita.
Per
noi rimane soltanto il tentare. Il resto non ci riguarda.
Casa
è il punto da cui si parte. Man mano che invecchiamo
il
mondo diventa piú estraneo, la trama piú complicata
di
morti e di vivi. Non il momento intenso
isolato,
senza prima né poi,
ma
tutta una vita che brucia in ogni momento
e
non la vita intera di un uomo soltanto
ma
la vita di vecchie pietre che non si possono decifrare.
C’è
un tempo per la sera con la luce delle stelle
un
tempo per la sera al paralume
(la
sera con l’album delle fotografie).
L’amore
è piú vicino a sé stesso
quando
il qui e l’ora non importano piú.
I
vecchi dovrebbero essere esploratori,
il
qui e l’ora non importano
noi
dobbiamo muovere ancora, e ancora
verso
un’altra intensità
per
un’unione piú completa, una comunione piú profonda
attraverso
il buio freddo e la vuota desolazione,
il
grido dell’onda, il grido del vento, la vastità d’acqua
della
procellaria e del delfino. Nella mia fine è il mio principio.
T.S.
Eliot, dai Quattro Quartetti
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