martedì 30 aprile 2019
lunedì 29 aprile 2019
domenica 28 aprile 2019
Piccola stella
ciao
Stella, stellina, principessa, splendore smeraldino…
avresti dovuto
usare qualcuna delle tue sette vite
per restare ancora un po' insieme a
noi...
venerdì 26 aprile 2019
Ringraziare
Ringraziare desidero il divino
per la diversità delle creature
che compongono questo singolare universo,
per la ragione,
che non cesserà di sognare
un qualche disegno del labirinto
e l’uccello leggero che vola oltre, più in alto, più su.
Ringraziare desidero per l’amore,
che ci fa vedere gli altri come li vede la divinità,
per il pane e il sale,
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede.
Ringraziare desidero
per l’arte dell’amicizia,
per l’ultima giornata di Socrate,
per le parole che in un crepuscolo furono dette
da una croce all’altra,
per i fiumi segreti e immemorabili
che convergono in noi,
per il mare, che è un deserto risplendente
e una cifra di cose che non sappiamo
per il prisma di cristallo e il peso di ottone,
per le strisce della tigre,
per l’odore medicinale degli eucaliptus,
e la speranza, la fiducia, la lavanda.
Ringraziare desidero
per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
per l’oblio, che annulla o modifica il passato,
per la consuetudine,
che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
per il mattino, che ci procura l’illusione di un inizio,
per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
per il coraggio e la felicità degli altri,
per la patria, sentita nei gelsomini
per lo splendore del fuoco
che nessun umano può guardare senza uno stupore antico
e per il mare che è il più dolce fra tutti gli dei.
Ringraziare desidero perché
sono tornate le lucciole,
le nuvole disegnano,
le albe spargono brillanti nei prati,
e per noi
per quando siamo ardenti e leggeri
per quando siamo allegri e grati.
Io ringraziare desidero per la bellezza delle parole, natura astratta di dio
per la lettura e la scrittura, che ci fanno sfiorare noi stessi e gli altri
per la quiete della casa,
per i bambini che sono nostre divinità domestiche
per l’anima, perché consola il mio girovagare errante,
per il respiro che è un bene immenso,
per il fatto di avere una sorella.
Io ringraziare desidero
per tutti quelli che sono piccoli liberi e limpidi
per le facce del mondo che sono varie
per quando la notte si dorme abbracciati
per quando siamo attenti e innamorati,
fragili e confusi,
cercatori indecisi.
Ringrazio dunque
per i nostri maestri immensi
per tutti i baci d’amore,
e per l’amore che ci rende impavidi.
Per i nostri morti
che fanno della morte un luogo abitato,
e per i nostri vivi, che rendono la vita uno specchio fatato.
Per i figli,
col futuro negli occhi,
perchè su questa terra esiste la musica,
per la mano destra e la mano sinistra, e il loro intimo accordo
per i gatti per i cani esseri fraterni carichi di mistero,
per il silenzio che è la lezione più grande
per il sole, nostro antenato.
Ringraziare desidero
per Whitman, Presti e Francesco d’Assisi,
che scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini.
Ringraziare desidero
per i minuti che precedono il sonno,
per il sonno e la morte,
quei due tesori occulti,
per gli intimi doni che non elenco,
per la gran potenza d’antico amor
per amor che muove il sole e l’altre stelle
e muove tutto, in noi…
Mariangela
Gualtieri, da
Le
giovani parole
giovedì 25 aprile 2019
martedì 23 aprile 2019
Bambina mia
Bambina
mia,
Per
te avrei dato tutti i giardini
del
mio regno, se fossi stata regina,
fino
all’ultima rosa, fino all’ultima piuma.
Tutto
il regno per te.
E
invece ti lascio baracche e spine,
polveri
pesanti su tutto lo scenario
battiti
molto forti
palpebre
cucite tutto intorno.
Ira
nelle periferie della specie.
E
al centro,
ira.
Ma
tu non credere a chi dipinge l’umano
come
una bestia zoppa e questo mondo
come
una palla alla fine.
Non
credere a chi tinge tutto di buio pesto e
di
sangue. Lo fa perchè è facile farlo.
Noi
siamo solo confusi, credi.
Ma
sentiamo. Sentiamo ancora.
Sentiamo
ancora. Siamo ancora capaci
di
amare qualcosa.
Ancora
proviamo pietà.
Tocca
a te, ora,
a
te tocca la lavatura di queste croste
delle
cortecce vive.
C’è
splendore
in
ogni cosa. Io l’ho visto.
Io
ora lo vedo di più.
C’è
splendore. Non avere paura.
Ciao
faccia bella,
gioia
più grande.
L’amore
è il tuo destino.
Sempre.
Nient’altro.
Nient’altro.
Nient’altro.
Mariangela
Gualtieri, da Canto di ferro
lunedì 22 aprile 2019
Jatayupara
Scultura
di un enorme uccello, situata
in India, a Kerala, sulla cima del Jatayupara; l’opera è stata creata dallo scultore Rajiv
Anchal e vede le sue origini in una leggenda: questo
picco roccioso è il punto esatto in cui si credeva che l’aquila
gigante mitologica del Ramayana, il mitico uccello Jatayu, fosse
caduto dal cielo dopo un combattimento con Ravana.
L’enorme
uccello è disteso sul dorso, con le ali di ben 45 metri spalancate;
misura in lunghezza 61 metri e solleva grossi artigli in aria a 21
metri di altezza. L’intera scultura nasconde al suo interno un
edificio di 5 piani, e ospita un museo ed un teatro multidimensionale.
sabato 20 aprile 2019
venerdì 19 aprile 2019
giovedì 18 aprile 2019
mercoledì 17 aprile 2019
Mount Fanjing
Mount
Fanjing, or Fanjingshan, is part of the Wuling mountain range in
southwestern China’s Guizhou province. It is considered one of
Chinese Buddhism's sacred mountains, the fifth most important one in
China. Named as a UNESCO World Heritage Site last year, the mountain
is home to a conservation area, a nature reserve, and a number of
Buddhist temples: it has been considered a sacred site for centuries.
Two
of these temples sit atop a lonely spire called the New Golden
Summit, or Red Clouds Golden Summit, which rises more than 330 feet
(100 meters) above the surrounding mountaintop. The Temple of the
Buddha and Maitreya Temple are separated by a narrow gorge that
visitors can cross via a short bridge.
(The
Atlantic Photo)
Casa
Adesso
abito quassù
in una casa di montagna
e passo il tempo con delle foglie secche
che metto in fila sopra uno scalino;
o vado a toccare quei fili d’acqua
che saltellano giù da una fessura di sassi
dove le trote stanno accovacciate al fresco
e Silvestro le prende con le mani
come fanno i gatti con le farfalle.
Mi piace anche fare dei conti
con un’aritmetica elementare:
due e due quattro sei e sei dodici
se vai a comprare sette uova e tre cadono
a terra, quante ne restano sane?
O altrimenti faccio delle righe sulla sabbia
del cortile, delle aste una dopo l’altra
per ricordare la sveltezza
delle gambe di una volta e l’aria
piena di lucciole e la bicicletta
e la fionda, gli aquiloni
e laggiù per ogni Ferragosto
il mare che stava disteso dietro montagne
di sabbia come una bestia buona
sotto le carezze del padrone.
Il pomeriggio sto seduto a guardare
la valle e la montagna in fondo
con tutti i campi che sembrano stracci
ad asciugare al sole e ogni tanto le strisce
rosse dei papaveri, dei mucchietti di case
come dei nidi di rondini appoggiati a terra
e la gente piegata a lavorare
piccola come la polvere e io seduto
con tutta ’sta roba dentro gli occhi
e con la memoria che è diventata bianca
e su questo lenzuolo ogni tanto passa
la voce della mia povera mamma
e l’odore delle mele cotogne
che stavano in cima all’armadio.
in una casa di montagna
e passo il tempo con delle foglie secche
che metto in fila sopra uno scalino;
o vado a toccare quei fili d’acqua
che saltellano giù da una fessura di sassi
dove le trote stanno accovacciate al fresco
e Silvestro le prende con le mani
come fanno i gatti con le farfalle.
Mi piace anche fare dei conti
con un’aritmetica elementare:
due e due quattro sei e sei dodici
se vai a comprare sette uova e tre cadono
a terra, quante ne restano sane?
O altrimenti faccio delle righe sulla sabbia
del cortile, delle aste una dopo l’altra
per ricordare la sveltezza
delle gambe di una volta e l’aria
piena di lucciole e la bicicletta
e la fionda, gli aquiloni
e laggiù per ogni Ferragosto
il mare che stava disteso dietro montagne
di sabbia come una bestia buona
sotto le carezze del padrone.
Il pomeriggio sto seduto a guardare
la valle e la montagna in fondo
con tutti i campi che sembrano stracci
ad asciugare al sole e ogni tanto le strisce
rosse dei papaveri, dei mucchietti di case
come dei nidi di rondini appoggiati a terra
e la gente piegata a lavorare
piccola come la polvere e io seduto
con tutta ’sta roba dentro gli occhi
e con la memoria che è diventata bianca
e su questo lenzuolo ogni tanto passa
la voce della mia povera mamma
e l’odore delle mele cotogne
che stavano in cima all’armadio.
Tonino
Guerra, La mia casa a Pennabilli
martedì 16 aprile 2019
lunedì 15 aprile 2019
sabato 13 aprile 2019
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