A quell’ora le gallerie di negozi non erano affollate. Adottai un ottimistico sorriso interiore e presi a passeggiare lentamente. Non tardai a rendermi conto che gli scarsi clienti del primo pomeriggio erano per lo più ragazzi, riuniti in piccole bande. Non che una simile scoperta richiedesse grande perspicacia: i ragazzi facevano di tutto per non passare inosservati. Gridavano parolacce, camminavano bevendo bibite in lattina e, quel che è peggio, si presentavano in modo spaventoso. I maschi, con la testa rapata (alcuni alla mohicana), calzavano enormi scarpe da ginnastica e avevano le orecchie e la faccia perforate da numerosi piercing; le ragazze, con i capelli tinti di colori impossibili, portavano magliette di cinque taglie troppo piccole e pantaloni cascanti sotto l’ombelico. Sono orribili, pensai, fanno di tutto per cancellare la naturale bellezza della gioventù. A pensarci bene, diceva la stessa cosa mia madre, negli anni della mia adolescenza, ogni volta che mi vedeva uscire con un vecchio cappotto «da poeta maledetto», così lei lo definiva. Eppure era un cappotto niente male, solo un pò logoro. Povera mamma, pensai, se vedesse questi «giovinastri» (espressione sua anche questa) abbandonarsi a comportamenti francamente inadatti alla loro età... Ma forse ero io ad avere idee inadatte alla mia età. Dovevo proprio giudicare il mondo come una zitella inacidita? Potevo ancora aspettare qualche anno prima di diventarlo veramente. E così feci un altro eroico sforzo per scacciare il malumore. Decisi di concedermi un caffè prima dello shopping. A pochi metri, un minuscolo bar aveva sparso i tavolini nella galleria come in una piazzetta all’aperto. Guardai con scetticismo le aiuole di plastica, la fontanella, perfino un paio di lampioni che non gettavano luce. Tutto fasullo. Ma il problema era mio, ero io che non mi adattavo ai tempi. Eppure, cosa potevo farci? Nessuno sarebbe riuscito a togliermi dalla testa che dipingere animaletti in un parcheggio è un’idiozia, che i ragazzi di oggi sono maleducati e malvestiti, e che decorare i negozi con fiori finti è una caduta di gusto imperdonabile. Per non parlare dei centri commerciali per loro stessa definizione. Non conosco luoghi più inospitali, volgari e nauseabondi sull’intero pianeta. Questa era la mia opinione, e sarei stata disposta a sostenerla anche di fronte a un tribunale popolare.
Alicia Gimènez-Bartlett, Nido vuoto
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