martedì 4 ottobre 2011

Attraversamenti



A Roma, per qualche tempo, ho guardato le ragazze attraversare la strada. Venivo da Caserta dove cambiare marciapiede è una cosa che impari subito, io, infatti, già a sei anni attraversavo che era una bellezza. In pratica, devi solo buttarti per primo e poi fare segno alla macchina di rallentare.
Non è niente di che, quando attraversi la strada in una città di provincia, puoi continuare a parlare con il tuo amico oppure litigare con qualcuno.
Giusto per dirne una, una volta, da piccolo, ho pure cominciato una dichiarazione d’amore esattamente in mezzo alla strada.
Certo, l’attraversamento subisce soste e ripartite, a tratti puoi camminare sbilenco, bello e buono cambi direzione perché la macchina non si ferma. Ma in fondo non è mica pericoloso, nessuno che io conosco è mai finito sotto una macchina.
A Roma, invece, nessuno si butta quando pare a lui, soprattutto le ragazze. È pericoloso, infatti, nemmeno ero arrivato che mi hanno detto: «Ti devi stare attento, che qua t’arrotano».
Non solo, la prima immagine che ho di Roma è quella di un uomo finito sotto la macchina, davanti la stazione Termini. Uno sprovveduto, stava messo pure molto male, una donna gli teneva la mano. Non l’ho guardato più di tanto, se fossi stato a Caserta mi sarei fermato e avrei pure commentato, invece, quel giorno sono andato via.
Questa, per inciso, è stata la seconda cosa che ho imparato. In città, gli sguardi sono veloci come un respiro. Ancora non ho capito se si tratta di pudore, nel senso che in fondo mi sono immaginato al posto di quel signore, appena arrotato, con tutti gli sguardi addosso e allora pensai: almeno il mio sguardo glielo risparmio. O se, chissà, è solo la mia indifferenza, ho tanti sguardi ancora davanti a me che posso permettermi il lusso di sprecarli.
Fatto sta che a volte gli sguardi sono sì come un respiro intenso, una boccata di vita, però passano: il fiato, all’improvviso, se ne va.

(Antonio Pascale, da Amori romani)


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