«Ho visto una serie di
fotografie che una fotografa di eccezionale talento ha fatto a Heidegger con
quella sua aria da pingue ufficiale di stato maggiore in pensione che ha sempre
avuto, diceva Reger, e un giorno gliele mostrerò; in quelle fotografie
Heidegger scende dal letto, si rimette a letto, Heidegger dorme, si risveglia,
indossa i mutandoni, infila i pedalini, beve un sorso di mosto, esce dalla
casamatta e contempla l’orizzonte, intaglia il bastone, si mette il berretto,
si toglie il berretto dalla testa, tiene il berretto in mano, divarica le
gambe, alza la testa, china la testa, mette la mano destra nella sinistra di
sua moglie, sua moglie mette la mano sinistra nella sua destra, cammina davanti
a casa, cammina dietro la casa, si dirige verso casa, si allontana da casa,
legge, mangia, prende qualche cucchiaiata di minestra, si taglia una fetta di
pane (fatto in casa), apre un libro (scritto in casa), chiude un libro (scritto
in casa), si china, si stiracchia, e così via, diceva Reger. Roba da vomitare.
Se già i wagneriani sono insopportabili, figurarsi gli heideggeriani».
«Heidegger me lo vedo
sempre seduto sulla panchina davanti a casa sua nella Foresta Nera accanto a
sua moglie, la quale, nel suo perverso entusiasmo per il lavoro a maglia,
lavora ininterrottamente per confezionargli le calze invernali con la lana che lei stessa ha
tosato dalle loro pecore heideggeriane».
Nessun commento:
Posta un commento