L’uomo di sinistra,
conformemente al suo credo, manifesta la sua fede non in un certo progresso, ma
in un progresso certo, il che è piú grave, e lo fa assomigliare ai primi
cristiani che credevano a un prossimo ritorno del Signore in terra, alla parusía.
In questa nostra epoca, in cui il progresso tecnologico si è costantemente
accompagnato a catastrofiche calamità, sarebbe un atteggiamento fideistico
alquanto ingenuo. Ma in che cosa è diverso l’uomo di sinistra, ottimista a ogni
costo, dal capitalista di destra che anche lui sogna il progresso, o quanto
meno lo sognava fino a ieri? Ogni volta che vado in un supermarket, cosa
che del resto mi succede di rado, mi sembra d’essere in Russia. È lo stesso
cibo imposto dall’alto, assolutamente uguale in ambedue i sistemi, con la sola
differenza che qui i prodotti sono imposti dalle multinazionali e là da degli
organismi statali. In un certo senso, gli Stati Uniti sono altrettanto
totalitari dell’URSS, e in ambedue i paesi, come del resto dappertutto, il
progresso (vale a dire l’incremento del benessere umano immediato), o
semplicemente il mantenimento dello statu quo presente, dipende da strutture
sempre piú complesse e sempre piú fragili. Come il beato umanesimo del borghese
del 1900, il progresso a getto continuo è un sogno che appartiene al passato.
Bisogna imparare di nuovo ad amare la condizione umana qual è, accettare i suoi
limiti e i suoi rischi, avere un rapporto diretto con le cose, rinunciare ai
nostri dogmi di partito, di patria, di classe, di religione, tutti
intransigenti e dunque tutti forieri di morte. Quando faccio il pane, penso
alla gente che ha fatto spuntare il grano, penso ai profittatori che ne
gonfiano artificialmente il prezzo, ai tecnocrati che ne hanno guastata la
qualità – non che le tecniche recenti siano necessariamente un male, ma il
fatto è che si sono messe al servizio dell’avidità che è certamente un male, e
che la maggior parte di esse sussiste solo in virtú di grandi concentrazioni di
forze che sono piene di potenziali pericoli. Penso a chi non ha pane, e a chi
ne ha troppo, penso alla terra e al sole che fanno crescere le piante. Mi sento
idealista e materialista al tempo stesso. Il cosiddetto idealista non vede il
pane, né il prezzo del pane, e il materialista, per un curioso paradosso,
ignora che cosa significhi quella cosa immensa e divina che chiamiamo “la
materia”.
(M. Yourcenar, Ad
occhi aperti)
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