domenica 30 novembre 2014
Dischi (molto) importanti / 1974
"His private persona
erupted on Rock Bottom (1974), one of rock music's supreme masterpieces, a
veritable transfiguration of both rock and jazz. Its pieces straddle the
unlikely border between an intense religious hymn and a childish nursery rhyme.
Along that imaginary line, Wyatt carved a deep trench of emotional outpouring,
where happiness, sorrow, faith and resignation found a metaphysical unity. The
astounding originality of that masterpiece, and its well-crafted flow of
consciousness, were never matched by Wyatt's later releases."
Piero Scaruffi on Rock Bottom
sabato 29 novembre 2014
Inannoiabilità
Ho imparato che il mondo
degli uomini così com’è oggi è una burocrazia. È una verità ovvia, certo, per
quanto ignorarla provochi grandi sofferenze. Ma ho anche scoperto, nell’unico
modo in cui un uomo impara sul serio le cose importanti, la vera dote richiesta
per fare strada in una burocrazia. Per fare strada sul serio, dico: fai bene,
distinguiti, servi. Ho scoperto la chiave. La chiave non è l’efficienza, o la
rettitudine, o l’intuizione, o la saggezza. Non è l’astuzia politica, la
capacità di relazione, la pura intelligenza, la lealtà, la lungimiranza o una
qualsiasi delle qualità che il mondo burocratico chiama virtù e mette alla
prova. La chiave è una certa capacità alla base di tutte queste qualità, più o
meno come la capacità di respirare e pompare il sangue sta alla base di tutti i
pensieri e le azioni. La chiave burocratica alla base di tutto è la capacità di
avere a che fare con la noia. Di operare efficacemente in un ambiente che
preclude tutto quanto è vitale e umano. Di respirare, per così dire, senz’aria.
La chiave è la capacità, innata o acquisita, di trovare l’altra faccia della
ripetizione meccanica, dell’inezia, dell’insignificante, del ripetitivo, dell’inutilmente
complesso. Essere, in una parola, inannoiabile. Ho conosciuto, tra il 1984 e
l’85, due uomini così. È la chiave della vita moderna. Se sei immune alla noia,
non c’è letteralmente nulla che tu non possa fare.
D.F. Wallace, Il re pallido
venerdì 28 novembre 2014
giovedì 27 novembre 2014
Pianeti
Per
esempio, Marte si rivela al telescopio un pianeta più perplesso di quanto non
sembri ad occhio nudo: pare abbia tante cose da comunicare di cui si riesce a
mettere a fuoco solo una piccola parte, come in un discorso farfugliato e
tossicchiante. Un alone
scarlatto sporge intorno all’orlo; si può cercare di rincalzarlo regolando la
vite, per far risaltare la crostina di ghiaccio del polo inferiore; macchie
affiorano sulla superficie come nuvole o squarci fra le nuvole
(…)
Tutto il contrario è il rapporto che egli stabilisce con Saturno, il
pianeta che più dà emozione a chi lo guarda attraverso un telescopio: eccolo
nitidissimo, bianchissimo, esatti i contorni della sfera e dell’anello; una
leggera rigatura di paralleli zebra la sfera; una circonferenza più scura
separa il bordo dell’anello; questo telescopio non capta quasi altri dettagli e
accentua l’astrazione geometrica dell’oggetto; il senso di una lontananza
estrema anziché attenuarsi risalta più che a occhio nudo. Che in cielo stia
ruotando un oggetto così diverso da tutti gli altri, una forma che raggiunge il
massimo di stranezza col massimo di semplicità e di regolarità e d’armonia, è
un fatto che rallegra la vista e il pensiero. Se avessero potuto vederlo come
ora lo vedo io, - pensa il signor Palomar, - gli antichi avrebbero creduto
d’aver spinto il loro sguardo nel cielo delle idee di Platone, o nello spazio
immateriale dei postulati di Euclide; invece quest’immagine, per chissà quale
disguido, arriva a me che temo che sia troppo bella per essere vera, troppo
accetta al mio universo immaginario per appartenere al mondo reale. Ma forse è
proprio questa diffidenza verso i nostri sensi che ci impedisce di sentirci a
nostro agio nell’universo.
Italo Calvino, Palomar
domenica 23 novembre 2014
Botticelle
Da quasi dieci anni ormai l’opinione pubblica invoca decisa, e
inascoltata dal Campidoglio, la dismissione delle botticelle, le carrozze a
traino equestre che nella Roma metropolitana vedono i cavalli faticare,
soffrire, accasciarsi al suolo e talvolta morire. Migliaia di firme, lettere,
manifestazioni, grande attenzione mediatica non sono riusciti a scalfire
l’atteggiamento istituzionale, fra l’ex sindaco Alemanno strenuo difensore dei
capricci di quaranta – oggi trentotto – vetturini del tutto indisponibili a
trasformarsi in taxi o vetture turistiche cruelty free, e il successore Marino
avviato sulla stessa linea.
Ma quanto associazioni e cittadini non hanno ancora, forse,
realizzato appieno, è che la tutela dei postiglioni – non di rado protagonisti
di insulti, minacce e percosse a contestatori o semplici passanti – verrà resa
sempiterna a loro spese.
A dispetto della crisi, per garantire indiscutibile continuità
a un’usanza che il caos della Città moderna rende anacronistica e crudele, sono
stati stanziati dalla giunta Alemanno, e confermati da quella attuale, fondi
pubblici con cui realizzare una mega scuderia a uso esclusivo: 141 box e
pertinenze su un’immensa piattaforma di cemento, fra alloggi per gli animali,
depositi per le carrozze, ufficio e letamaia. Il notevole insediamento è stato
progettato, con lo sbalorditivo placet delle soprintendenze (chi controlla il
controllore?) e in violazione di diverse leggi internazionali, nel cuore di Villa Borghese, sbancando
una collina del Pincio della dimensione di oltre due ettari e, senza dubbio,
protetta in quanto inclusa in una villa storica inedificabile, nonché Sic-sito
di interesse comunitario, per tacere dei vincoli previsti dall’Unesco e dalla Carta di Firenze che equipara i giardini storici
a monumenti.
Lo sbancamento del terreno, con distruzione di alberi e
cespugli, prendeva il via sul finire del mandato di Alemanno, quindi il
cantiere si fermò per due anni. Da qualche mese tuttavia i lavori sono ripresi,
con la promessa di consegnare l’opera a gennaio. Per coincidenza, poco prima
che il Corpo Forestale dello Stato effettuasse un blitz all’interno dell’ex
Mattatoio di Testaccio, divulgando quanto è noto da sempre, in primo luogo alle
silenziose Asl, ovvero che i cavalli vi sono detenuti in condizioni abusive,
antigieniche e inadeguate.
La scorrettezza della manovra, al pari di una trappola, si fa
largo fra annunci insensati. Secondo alcuni esponenti dell’Amministrazione
(l’impegno era stato preso dallo stesso Marino in campagna elettorale) i
cavalli verranno poi destinati a lavorare nei parchi dell’Urbe. Quali, e come
faranno a raggiungerli senza attraversare stracarichi la Città convulsa, inquinata e
trafficata, non è però specificato. Si ritiene giusto deciderlo poi, a scempio
storico-ambientale ultimato e irreversibile, intanto che alle associazioni
animaliste (in prima linea Enpa, Lav, Animalisti Italiani onlus, Oipa e tante
altre) viene difficile appuntare le proteste sulla scuderia in sé. Questa
renderebbe il ricovero notturno degli animali più salubre, ma allo stesso tempo
cela l’obiettivo di cancellare l’ipotesi della dismissione del servizio. Dal
canto loro, anziché impugnare gli atti e studiare la questione sotto il profilo
legale, le associazioni ambientaliste si sono finora limitate a qualche
sussulto di indignazione.
Dai 500mila euro a carico della collettività annunciati nel 2011 dall’allora assessore ai
Lavori Pubblici, Fabrizio Ghera, si è passati a “un costo complessivo
dell’intervento pari a 1,3 milioni di
euro, come previsto dal progetto approvato dalla precedente
Amministrazione, che non è stato necessario rifinanziare”
(...)
Nel frattempo, mentre si teme che l’Assessorato all’Ambiente
guidato da Estella Marino si stia adoprando per modificare il Regolamento a
tutela degli animali in favore dei vetturini, vedi la concessione del
trotto oggi vietato e l’abolizione della sosta nelle ore estive più roventi, i
romani in bolletta sono costretti a finanziare la costosa devastazione di un
tratto del loro parco storico più famoso e centrale, non certo per veder
soddisfatta la richiesta di sottrarre i cavalli a un impegno spietato, ma, può
darsi, come materia di scambio per favorire altre iniziative.
Chissà allora che la prossima mossa del rantolante Campidoglio non sia la costruzione, con denaro dei cittadini, di box auto per i tassisti?
Chissà allora che la prossima mossa del rantolante Campidoglio non sia la costruzione, con denaro dei cittadini, di box auto per i tassisti?
margdam@margheritadamico.it
Articolo completo:
sabato 22 novembre 2014
Inevitabile
Sulle ultime catastrofi climatiche del nostro paese abbiamo
intervistato un esperto poco conosciuto, ma che riveste un ruolo
importantissimo. É il dottor Inevitabile, responsabile governativo dell’UTMA,
Ufficio Tutela Mutamento Ambientale.
- Dottor Inevitabile, anzitutto definiamo il ruolo del suo ufficio. Che è evidentemente quello di tutelare il suolo italiano e i cittadini contro i disastri climatici -.
- No, la correggo. Il nostro ufficio ha il compito di tutelare e mantenere la situazione di dissesto ambientale, impedendo soluzioni che creerebbero costose e utopiche aspettative -.
- Scusi ma perché?
- Per molti motivi. In primo luogo perché il mutamento ambientale presuppone un adattamento, e finché il popolo italiano non si abitua ai crolli, alle esondazioni e alle frane sarà sempre spaventato e insicuro. E dato che il disastro climatico è irreversibile, diventa necessaria una nuova cultura, che è appunto quella dell’Inevitabilità -.
-Faccia degli esempi…
- Il nostro ufficio studia nuove forme di comunicazione per aiutare gli italiani a accettare questo mutamento climatico con pazienza. Ad esempio abbiamo coniato il termine “bomba d’acqua”. È ovvio che contro i vecchi acquazzoni di una volta si poteva fare qualcosa, ma contro una bomba d’acqua non c’è nulla da fare. La colpa è di nuvole bellicose e militarizzate. Una volta si diceva: arriva il maltempo. Ora si dice: arriva il ciclone Caronte, l’anticiclone Polifemo, l’uragano Cinzia. Ci si sente dentro a un evento epico, oppure è come aspettare un amico un po’ invadente. Chiudi bene la porta, arriva Cinzia. E basta con le speculazioni ideologiche, basiamoci sui numeri. Quando io dico che in un luogo sono caduti 200 millimetri di acqua, cioè quanto abitualmente piove in un mese a Caracas, io spiego matematicamente la fatalità dell’accaduto. E non è vero che non ci diamo da fare, abbiamo sistemi di rilevamento modernissimi e faticosi… sa quanto tempo si perde a raccogliere duecento millimetri d’acqua con un cucchiaio?
- Ma il mutamento climatico è ormai cosa conosciuta. Contro le esondazioni, le costruzioni abusive, le frane, non si può fare prevenzione?
- Per la prevenzione non abbiamo i soldi perché purtroppo dobbiamo spenderli per riparare i danni di ciò che non abbiamo prevenuto. Se spendessimo i soldi per la prevenzione, poi non avremmo i soldi per riparare i danni -
- Ma forse prevenendo non ci sarebbero i danni…
- Questo è un aspetto bizzarro della questione, che stiamo studiando. Ma noi facciamo tanta prevenzione. Ad esempio, in cinquant’anni le previsioni metereologiche televisive sono passate da tre a tremila al giorno, e la grafica è molto migliorata. Un altro esempio, se si costruiscono case in un luogo geologicamente pericoloso noi …
- Non lo permettete, e sgomberate -
- No, non possiamo intervenire, ci vorrebbe l’esercito. Ma diciamo subito che sono abusive. Poi le condoniamo. Anzi, d’ora in avanti pensiamo di condonarle ancora prima che le costruiscano abusivamente. Non è una grande idea?
- Lei ragiona in modo strano. E le esondazioni?
- Non eravamo pronti. Una volta i fiumi “uscivano dal letto”, “allagavano”, “tracimavano”, “alluvionavano”. Ma adesso fanno una cosa nuova “esondano”. Non ce lo aspettavamo -.
- Ma è la stessa cosa. Il Po esonda o allaga, ma lo ha già fatto tante volte -.
- Certo, il Po se lo può permettere, è un grande fiume. Ma adesso qualsiasi torrentello o canale o fiumiciattolo si sente autorizzato a esondare. Non possiamo controllarli tutti, sembra che lo facciano apposta -.
- E gli argini? I lavori di contenimento? Il rimboschimento?
- Vede, se io devo costruire Milano Expo o i palazzi fantasma della Maddalena, io non ho ostacoli, i grandi appalti vanno rapidi e spediti, con un po’ di tangenti si sveltisce tutto. Ma ogni volta che c’è un appalto per un argine, per un lavoro di consolidamento, per dragare un fiume, le ditte in gara litigano, si appellano al Tar, si ritarda. Non è colpa nostra. Bisognerebbe affidare il piano di riassesto idrogeologico a un pool, o alla camorra o alla Fiat, e allora le cose andrebbero svelte. Ma non ce lo lasciano fare -.
- Perciò in futuro andrà anche peggio?
- Dipende da come vediamo la situazione. Noi stiamo preparando un nuovo approccio scientifico e mediatico. Anzitutto abbiamo creato l’evento ω, evento omega -.
- Cos’è?
- L’evento ω - omega è un tipo di accadimento rarissimo e imprevedibile. Ad esempio la pioggia su Genova, uno scontro tra comete, una connessione internet che funziona regolarmente, un arbitraggio di calcio senza polemiche. Questi eventi eccezionali possiamo affrontarli soltanto in un modo -
- E cioè?
- Vede la forma dell’omega, che cosa le ricorda? Dobbiamo sperare nel culo, e soprattutto noi politici dobbiamo avere la faccia come un culo -
- Non mi sembra granché come prevenzione -.
- La prevenzione non la deve fare il governo che ha già troppi pensieri con le banche europee e le spese pazze in vibratori. É la gente che deve assumersi le proprie responsabilità riguardo al mutamento climatico. Abbiamo dimenticato che l’homo sapiens viene dall’acqua, che siamo nati anfibi. Dobbiamo essere pronti a rientrare nel nostro elemento naturale. In ogni casa italiana ci deve essere almeno un gommone o una barca, salvagenti per tutti e una muta, (parola derivata da mutamento) e anche maschera e pinne. Basta lamentarsi che la metropolitana è allagata! Tuffatevi! Questo vuole dire essere buoni cittadini…
- Ma da anni si aspetta un nuovo piano idrogeologico -.
- E noi abbiamo molte idee nuove. Contro le nutrie che rodono gli argini, immetteremo nei fiumi decine di coccodrilli. Saranno proibiti i bed and breakfast nei crateri dei vulcani. Le commissioni rischio terremoti verranno sostituite da una cartomante. Verranno costruite case in cui ci sarà solo un quinto piano, per evitare allagamenti. Per evitare lamentele sui ritardi, nelle stazioni l’orario del treni verrà scritto in cinese. Ma soprattutto, da questo momento in tutto il paese vige il codice fucsia, vale a dire che siamo sempre in emergenza. Se uscite in auto, a piedi, in bici, cazzi vostri. Eravate avvertiti.
- Insomma secondo lei gli italiani dovranno abituarsi alle catastrofi ?
- Sì, dovranno viverle serenamente, perché sono il futuro inevitabile. Addio clima mediterraneo, siamo entrati nel clima Omega. Scusi, ma mi chiamano al telefono -.
- Dottor Inevitabile, sono la sua segretaria. Mi dicono che la strada è allagata e la sua auto è stata trascinata via…
- Come? Ma è uno scandalo! Cosa è successo?
- Scusi ma sono caduti 132 millimetri di pioggia, il garage si è allagato come al solito e i tombini sono intasati - .
- Basta con questa cazzata dei millimetri di pioggia! Dove sono i pompieri? I tombini intasati, che scandalo! La mia Mercedes nuova. Cosa fa il governo?
- Scusi dottore, ma il governo è lei, e ci ha appena detto che dobbiamo adattarci al clima omega -
- Chi se ne frega, la macchina è mia. Dove sono i miei stivali da pesca e il salvagente a papero? Ma in che paese di merda viviamo? E in quanto all’evento omega, sa cosa le dico?
- Posso immaginare… grazie per l’intervista, dottor Inevitabile.
- Dottor Inevitabile, anzitutto definiamo il ruolo del suo ufficio. Che è evidentemente quello di tutelare il suolo italiano e i cittadini contro i disastri climatici -.
- No, la correggo. Il nostro ufficio ha il compito di tutelare e mantenere la situazione di dissesto ambientale, impedendo soluzioni che creerebbero costose e utopiche aspettative -.
- Scusi ma perché?
- Per molti motivi. In primo luogo perché il mutamento ambientale presuppone un adattamento, e finché il popolo italiano non si abitua ai crolli, alle esondazioni e alle frane sarà sempre spaventato e insicuro. E dato che il disastro climatico è irreversibile, diventa necessaria una nuova cultura, che è appunto quella dell’Inevitabilità -.
-Faccia degli esempi…
- Il nostro ufficio studia nuove forme di comunicazione per aiutare gli italiani a accettare questo mutamento climatico con pazienza. Ad esempio abbiamo coniato il termine “bomba d’acqua”. È ovvio che contro i vecchi acquazzoni di una volta si poteva fare qualcosa, ma contro una bomba d’acqua non c’è nulla da fare. La colpa è di nuvole bellicose e militarizzate. Una volta si diceva: arriva il maltempo. Ora si dice: arriva il ciclone Caronte, l’anticiclone Polifemo, l’uragano Cinzia. Ci si sente dentro a un evento epico, oppure è come aspettare un amico un po’ invadente. Chiudi bene la porta, arriva Cinzia. E basta con le speculazioni ideologiche, basiamoci sui numeri. Quando io dico che in un luogo sono caduti 200 millimetri di acqua, cioè quanto abitualmente piove in un mese a Caracas, io spiego matematicamente la fatalità dell’accaduto. E non è vero che non ci diamo da fare, abbiamo sistemi di rilevamento modernissimi e faticosi… sa quanto tempo si perde a raccogliere duecento millimetri d’acqua con un cucchiaio?
- Ma il mutamento climatico è ormai cosa conosciuta. Contro le esondazioni, le costruzioni abusive, le frane, non si può fare prevenzione?
- Per la prevenzione non abbiamo i soldi perché purtroppo dobbiamo spenderli per riparare i danni di ciò che non abbiamo prevenuto. Se spendessimo i soldi per la prevenzione, poi non avremmo i soldi per riparare i danni -
- Ma forse prevenendo non ci sarebbero i danni…
- Questo è un aspetto bizzarro della questione, che stiamo studiando. Ma noi facciamo tanta prevenzione. Ad esempio, in cinquant’anni le previsioni metereologiche televisive sono passate da tre a tremila al giorno, e la grafica è molto migliorata. Un altro esempio, se si costruiscono case in un luogo geologicamente pericoloso noi …
- Non lo permettete, e sgomberate -
- No, non possiamo intervenire, ci vorrebbe l’esercito. Ma diciamo subito che sono abusive. Poi le condoniamo. Anzi, d’ora in avanti pensiamo di condonarle ancora prima che le costruiscano abusivamente. Non è una grande idea?
- Lei ragiona in modo strano. E le esondazioni?
- Non eravamo pronti. Una volta i fiumi “uscivano dal letto”, “allagavano”, “tracimavano”, “alluvionavano”. Ma adesso fanno una cosa nuova “esondano”. Non ce lo aspettavamo -.
- Ma è la stessa cosa. Il Po esonda o allaga, ma lo ha già fatto tante volte -.
- Certo, il Po se lo può permettere, è un grande fiume. Ma adesso qualsiasi torrentello o canale o fiumiciattolo si sente autorizzato a esondare. Non possiamo controllarli tutti, sembra che lo facciano apposta -.
- E gli argini? I lavori di contenimento? Il rimboschimento?
- Vede, se io devo costruire Milano Expo o i palazzi fantasma della Maddalena, io non ho ostacoli, i grandi appalti vanno rapidi e spediti, con un po’ di tangenti si sveltisce tutto. Ma ogni volta che c’è un appalto per un argine, per un lavoro di consolidamento, per dragare un fiume, le ditte in gara litigano, si appellano al Tar, si ritarda. Non è colpa nostra. Bisognerebbe affidare il piano di riassesto idrogeologico a un pool, o alla camorra o alla Fiat, e allora le cose andrebbero svelte. Ma non ce lo lasciano fare -.
- Perciò in futuro andrà anche peggio?
- Dipende da come vediamo la situazione. Noi stiamo preparando un nuovo approccio scientifico e mediatico. Anzitutto abbiamo creato l’evento ω, evento omega -.
- Cos’è?
- L’evento ω - omega è un tipo di accadimento rarissimo e imprevedibile. Ad esempio la pioggia su Genova, uno scontro tra comete, una connessione internet che funziona regolarmente, un arbitraggio di calcio senza polemiche. Questi eventi eccezionali possiamo affrontarli soltanto in un modo -
- E cioè?
- Vede la forma dell’omega, che cosa le ricorda? Dobbiamo sperare nel culo, e soprattutto noi politici dobbiamo avere la faccia come un culo -
- Non mi sembra granché come prevenzione -.
- La prevenzione non la deve fare il governo che ha già troppi pensieri con le banche europee e le spese pazze in vibratori. É la gente che deve assumersi le proprie responsabilità riguardo al mutamento climatico. Abbiamo dimenticato che l’homo sapiens viene dall’acqua, che siamo nati anfibi. Dobbiamo essere pronti a rientrare nel nostro elemento naturale. In ogni casa italiana ci deve essere almeno un gommone o una barca, salvagenti per tutti e una muta, (parola derivata da mutamento) e anche maschera e pinne. Basta lamentarsi che la metropolitana è allagata! Tuffatevi! Questo vuole dire essere buoni cittadini…
- Ma da anni si aspetta un nuovo piano idrogeologico -.
- E noi abbiamo molte idee nuove. Contro le nutrie che rodono gli argini, immetteremo nei fiumi decine di coccodrilli. Saranno proibiti i bed and breakfast nei crateri dei vulcani. Le commissioni rischio terremoti verranno sostituite da una cartomante. Verranno costruite case in cui ci sarà solo un quinto piano, per evitare allagamenti. Per evitare lamentele sui ritardi, nelle stazioni l’orario del treni verrà scritto in cinese. Ma soprattutto, da questo momento in tutto il paese vige il codice fucsia, vale a dire che siamo sempre in emergenza. Se uscite in auto, a piedi, in bici, cazzi vostri. Eravate avvertiti.
- Insomma secondo lei gli italiani dovranno abituarsi alle catastrofi ?
- Sì, dovranno viverle serenamente, perché sono il futuro inevitabile. Addio clima mediterraneo, siamo entrati nel clima Omega. Scusi, ma mi chiamano al telefono -.
- Dottor Inevitabile, sono la sua segretaria. Mi dicono che la strada è allagata e la sua auto è stata trascinata via…
- Come? Ma è uno scandalo! Cosa è successo?
- Scusi ma sono caduti 132 millimetri di pioggia, il garage si è allagato come al solito e i tombini sono intasati - .
- Basta con questa cazzata dei millimetri di pioggia! Dove sono i pompieri? I tombini intasati, che scandalo! La mia Mercedes nuova. Cosa fa il governo?
- Scusi dottore, ma il governo è lei, e ci ha appena detto che dobbiamo adattarci al clima omega -
- Chi se ne frega, la macchina è mia. Dove sono i miei stivali da pesca e il salvagente a papero? Ma in che paese di merda viviamo? E in quanto all’evento omega, sa cosa le dico?
- Posso immaginare… grazie per l’intervista, dottor Inevitabile.
Stefano Benni
mercoledì 19 novembre 2014
martedì 18 novembre 2014
Valigia per viaggi brevi
Cara: quando me ne sono andato, quando finalmente ho deciso di
andarmene, perché ormai mi era impossibile convivere con gli antidoti della
paura, io mi ero accorto che poco a poco avevo cominciato ad odiare i miei
angoli preferiti o gli alberi ondeggianti, e non avevo più tempo né voglia di
rifugiarmi all’edicola del quartiere Flores, e gli amici di sempre iniziavano
ad essere gli amici di mai, e c’erano più cadaveri nei depositi di spazzatura
che nelle imprese di pompe funebri, allora ho aperto la valigia per i viaggi
brevi (anche se sapevo che questo sarebbe stato lungo) e ho cominciato a
infilarci dentro ricordi a casaccio, oggetti insignificanti ma profondamente
legati alla mia vita, immagini sintetiche della felicità, lettere che messe
insieme raccontavano sofferenze, ultimi abbracci alla frontiera più vicina,
sere senza le campane dell’angelus ma con il rumore a battola dei mitra,
sorrisi che che erano state smorfie e viceversa, défaillance e atti di coraggio,
insomma, un’antologia delle foglie secche che il vento dell’abitudine non era
riuscito a portare via dalla faccia della guerra.
Con questa valigia dei viaggi brevi sono andato là e ancora più in là, qua e ancora più qua. Ogni tanto lavoravo con le mani agili e gli occhi asciutti, per guadagnarmi il pane, il vino, un tetto e un letto. Tuttavia, con la valigia dei viaggi brevi non avevo una relazione stretta. Io ero consapevole che stesse dormendo nel fondo dell’armadio sgangherato dal tempo e dai tarli. Ma a che scopo affrontare un passato in pillole, alcune nutrienti e altre avvelenate?
Eppure certe volte, di domenica, quando la solitudine diventava silenzio insopportabile, prendevo la valigia dall’armadio e tiravo fuori un ricordo; solo uno per volta, per non abbattermi. Così ho avuto tra le mani il libro che era stato sempre sul mio comodino e che devo aver letto una ventina di volte, però adesso mi sono dedicato alla lettura di diverse pagine e non mi ha detto niente, non mi ha domandato né risposto nulla, mi è risultato estraneo. Così, l’ho buttato via.
Un’altra domenica ho recuperato una foto che era diventata color seppia e lì c’erano vari personaggi che avevano occupato un posto importante nella mia vita. Due di loro chissà dove sono; uno resta fedele a se stesso; tre, hanno trovato, una notte, una morte con le spalline militari; altri due, con il tempo, sono diventati spie astute ed eleganti, e oggi godono del rispetto e dell’amnesia generale. L’ultimo sono io, ma anch’io sono un altro, quasi non mi riconosco, forse perché se mi guardo allo specchio non sono color seppia. Dopotutto, è una foto non più valida, scaduta. Così, l’ho buttata via.
Un’altra domenica ho estratto dalla valigia un orologio subacqueo e antiurto. È di una buona marca svizzera, però era fermo a un crono/simbolo, e cioè l’ora, il minuto e il secondo, in cui hanno ucciso per strada Venancio, tu sai chi è, vale a dire che questo tempo era stato il mio Greenwich. A cosa mi serve un orologio che misura e fissa solo il tempo della disgrazia? Così, l’ho buttato via.
Domenica dopo domenica ho vuotato la valigia: temperamatite, portapenne, occhiali da sole, ritagli di giornale, tranquillanti, agende, passaporti scaduti, altre fotografie, lettere di amici e nemici. La verità è che tutto mi sembrava caduco, inespressivo, silenzioso, incoerente, precario.
Eppure ieri, domenica, ho messo un’altra volta la mano in quel pozzo del passato e la mano è uscita fuori con qualcosa di tuo: il fazzoletto di seta azzurra, quello che per tre stagioni su quattro ti avvolgeva il collo, il tuo collo giovane, bello, che ho tanto amato. Loro l’hanno fatta finita con te, e io sono solo in un mondo insopportabile. Hanno ucciso te invece di uccidere me. È difficile ammettere, accidenti, che tu mi hai sostituito nella morte.
E quindi questa volta butterò nella spazzatura la mia povera valigia dei viaggi brevi e conserverò soltanto il tuo fazzoletto azzurro. Resterò con te per il viaggio lungo.
Con questa valigia dei viaggi brevi sono andato là e ancora più in là, qua e ancora più qua. Ogni tanto lavoravo con le mani agili e gli occhi asciutti, per guadagnarmi il pane, il vino, un tetto e un letto. Tuttavia, con la valigia dei viaggi brevi non avevo una relazione stretta. Io ero consapevole che stesse dormendo nel fondo dell’armadio sgangherato dal tempo e dai tarli. Ma a che scopo affrontare un passato in pillole, alcune nutrienti e altre avvelenate?
Eppure certe volte, di domenica, quando la solitudine diventava silenzio insopportabile, prendevo la valigia dall’armadio e tiravo fuori un ricordo; solo uno per volta, per non abbattermi. Così ho avuto tra le mani il libro che era stato sempre sul mio comodino e che devo aver letto una ventina di volte, però adesso mi sono dedicato alla lettura di diverse pagine e non mi ha detto niente, non mi ha domandato né risposto nulla, mi è risultato estraneo. Così, l’ho buttato via.
Un’altra domenica ho recuperato una foto che era diventata color seppia e lì c’erano vari personaggi che avevano occupato un posto importante nella mia vita. Due di loro chissà dove sono; uno resta fedele a se stesso; tre, hanno trovato, una notte, una morte con le spalline militari; altri due, con il tempo, sono diventati spie astute ed eleganti, e oggi godono del rispetto e dell’amnesia generale. L’ultimo sono io, ma anch’io sono un altro, quasi non mi riconosco, forse perché se mi guardo allo specchio non sono color seppia. Dopotutto, è una foto non più valida, scaduta. Così, l’ho buttata via.
Un’altra domenica ho estratto dalla valigia un orologio subacqueo e antiurto. È di una buona marca svizzera, però era fermo a un crono/simbolo, e cioè l’ora, il minuto e il secondo, in cui hanno ucciso per strada Venancio, tu sai chi è, vale a dire che questo tempo era stato il mio Greenwich. A cosa mi serve un orologio che misura e fissa solo il tempo della disgrazia? Così, l’ho buttato via.
Domenica dopo domenica ho vuotato la valigia: temperamatite, portapenne, occhiali da sole, ritagli di giornale, tranquillanti, agende, passaporti scaduti, altre fotografie, lettere di amici e nemici. La verità è che tutto mi sembrava caduco, inespressivo, silenzioso, incoerente, precario.
Eppure ieri, domenica, ho messo un’altra volta la mano in quel pozzo del passato e la mano è uscita fuori con qualcosa di tuo: il fazzoletto di seta azzurra, quello che per tre stagioni su quattro ti avvolgeva il collo, il tuo collo giovane, bello, che ho tanto amato. Loro l’hanno fatta finita con te, e io sono solo in un mondo insopportabile. Hanno ucciso te invece di uccidere me. È difficile ammettere, accidenti, che tu mi hai sostituito nella morte.
E quindi questa volta butterò nella spazzatura la mia povera valigia dei viaggi brevi e conserverò soltanto il tuo fazzoletto azzurro. Resterò con te per il viaggio lungo.
[Mario Orlando Hamlet Hardy Brenno Benedetti-Farugia, noto
come Mario Benedetti (Paso de los Toros, 14 settembre 1920
– Montevideo, 17 maggio 2009), è stato un poeta, saggista,
scrittore e drammaturgo uruguaiano]
venerdì 14 novembre 2014
Crepe
La verità
è che le crepe
non mancano
così passando
ricordo quelle che
separano i mancini e i destrorsi
i pechinesi e i moscoviti
i presbiti e i miopi
i gendarmi e le prostitute
gli ottimisti e gli astemi
i sacerdoti e i doganieri
gli esorcisti e le checche
i facili e gli incorruttibili
i figliol prodighi e gli investigatori
borges e sabato
le maiuscole e le minuscole
gli artificieri e i pompieri
le donne e le femministe
gli acquariani e i taurini
i profilattici e i rivoluzionari
le vergini e gli impotenti
gli agnostici e i chierichetti
gli immortali e i suicidi
i francesi e i non-francesi
il breve o il lunghissimo periodo
tutte però sono sanabili
c’è una sola crepa decisamente profonda
ed è quella che sta a metà tra
la meraviglia dell’uomo e i disillusionatori
è ancora possibile saltare
da un bordo all’altro
ma attenzione qui ci siamo tutti
voi e noi
per affondarla
signore e signori
a scegliere a scegliere
da che parte poggiate il piede.
è che le crepe
non mancano
così passando
ricordo quelle che
separano i mancini e i destrorsi
i pechinesi e i moscoviti
i presbiti e i miopi
i gendarmi e le prostitute
gli ottimisti e gli astemi
i sacerdoti e i doganieri
gli esorcisti e le checche
i facili e gli incorruttibili
i figliol prodighi e gli investigatori
borges e sabato
le maiuscole e le minuscole
gli artificieri e i pompieri
le donne e le femministe
gli acquariani e i taurini
i profilattici e i rivoluzionari
le vergini e gli impotenti
gli agnostici e i chierichetti
gli immortali e i suicidi
i francesi e i non-francesi
il breve o il lunghissimo periodo
tutte però sono sanabili
c’è una sola crepa decisamente profonda
ed è quella che sta a metà tra
la meraviglia dell’uomo e i disillusionatori
è ancora possibile saltare
da un bordo all’altro
ma attenzione qui ci siamo tutti
voi e noi
per affondarla
signore e signori
a scegliere a scegliere
da che parte poggiate il piede.
Mario Benedetti
mercoledì 12 novembre 2014
C'è (sempre) tempo
Come farti capire che c'è sempre tempo?
Che uno deve solo cercarlo e darselo,
Che non è proibito amare,
Che le ferite si rimarginano,
Che le porte non devono chiudersi,
Che la maggiore porta è l'affetto,
Che gli affetti ci definiscono,
Che cercare un equilibrio non implica essere tiepido,
Che trovarsi è molto bello,
Che non c'è nulla di meglio che ringraziare,
Che nessuno vuole essere solo,
Che per non essere solo devi dare,
Che aiutare è potere incoraggiare ed appoggiare,
Che adulare non è aiutare,
Che quando non c'è piacere nelle cose non si sta vivendo,
Che si sente col corpo e la mente,
Che si ascolta con le orecchie,
Che costa essere sensibile e non ferirsi,
Che ferirsi non è dissanguarsi,
Che chi semina muri non raccoglie niente,
Che sarebbe meglio costruire ponti,
Che su di essi si va all'altro lato e si torna anche,
Che ritornare non implica retrocedere,
Che retrocedere può essere anche avanzare,
Come farti sapere che nessuno stabilisce norme salvo la vita?
Come farti sapere che c'è sempre tempo?
Che uno deve solo cercarlo e darselo,
Che non è proibito amare,
Che le ferite si rimarginano,
Che le porte non devono chiudersi,
Che la maggiore porta è l'affetto,
Che gli affetti ci definiscono,
Che cercare un equilibrio non implica essere tiepido,
Che trovarsi è molto bello,
Che non c'è nulla di meglio che ringraziare,
Che nessuno vuole essere solo,
Che per non essere solo devi dare,
Che aiutare è potere incoraggiare ed appoggiare,
Che adulare non è aiutare,
Che quando non c'è piacere nelle cose non si sta vivendo,
Che si sente col corpo e la mente,
Che si ascolta con le orecchie,
Che costa essere sensibile e non ferirsi,
Che ferirsi non è dissanguarsi,
Che chi semina muri non raccoglie niente,
Che sarebbe meglio costruire ponti,
Che su di essi si va all'altro lato e si torna anche,
Che ritornare non implica retrocedere,
Che retrocedere può essere anche avanzare,
Come farti sapere che nessuno stabilisce norme salvo la vita?
Come farti sapere che c'è sempre tempo?
Mario Benedetti
[scrittore e poeta
uruguaiano (1920 – 2009)]
domenica 9 novembre 2014
mercoledì 5 novembre 2014
Australian Bat Hospital
Il Tolga bat hospital è
un'associazione di volontariato che si occupa della protezione
dei pipistrelli e della conservazione dei loro habitat. Hanno sede ad Atherton, in
Australia, e dal 1990 svolgono diverse attività tra cui, la più importante, è
la gestione di un ricovero: un vero è proprio ospedale
per queste piccole creature, troppo spesso demonizzate dalla cultura
popolare. I cuccioli di pipistrello
della frutta al Tolga Bat Hospital nell’ Atherton Tablelands arrivano quando
sono afflitti da paralisi da zecche o quando le loro madri sono morte o
diventate troppo malate per dar loro da mangiare (spesso della stessa malattia).
Dei volontari accudiscono i cuccioli di pipistrello fino a completa guarigione
e poi li rilasciano in libertà. L’ospedale serve anche come santuario per i
pipistrelli che escono dai giardini zoologici.
martedì 4 novembre 2014
Nel dubbio
Servo lo Stato da 26 anni
soltanto grazie a un prudente disincanto che mi permette ancora di sopravvivere
tra le pieghe di quel medesimo nulla costituito per lo più da ingiustizie,
bugie, miserie umane, silenzi, paure, sofferenze.
Oggi intendo rompere quel silenzio cui si è condannati quasi contrattualmente da regolamenti di servizio che impongono e mitizzano l’obbedire tacendo, perché le parole pronunciate dal Segretario nazionale del Sap all’esito della pronuncia di assoluzione non restino consegnate anch’esse al fenomeno di cui sopra.
Il diritto di parola consentito al Segretario nazionale del Sap gli ha permesso di esprimere ”La piena soddisfazione per l’assoluzione di tutti gli imputati ” con una disinvoltura che abitualmente può trovare applicazione esclusivamente in uno stadio dove l’unica forma di dolore può derivare abitualmente da un goal mancato e non già dalla morte violenta di un giovane celebrata in un’aula di Giustizia.
Oggi intendo rompere quel silenzio cui si è condannati quasi contrattualmente da regolamenti di servizio che impongono e mitizzano l’obbedire tacendo, perché le parole pronunciate dal Segretario nazionale del Sap all’esito della pronuncia di assoluzione non restino consegnate anch’esse al fenomeno di cui sopra.
Il diritto di parola consentito al Segretario nazionale del Sap gli ha permesso di esprimere ”La piena soddisfazione per l’assoluzione di tutti gli imputati ” con una disinvoltura che abitualmente può trovare applicazione esclusivamente in uno stadio dove l’unica forma di dolore può derivare abitualmente da un goal mancato e non già dalla morte violenta di un giovane celebrata in un’aula di Giustizia.
“Bisogna finirla in questo
Paese di scaricare sui servitori dello Stato la responsabilità dei singoli, di
chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità. Se uno ha
disprezzo della condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne
paga le conseguenze” .
Queste parole, in un
contesto democratico che ne apprezzasse il loro peso, sortirebbero reazioni,
conseguenze, interrogativi e dibattiti sul loro senso, sull’utilità e gli
effetti di questa allegra scampagnata lessicale sul dolore di una famiglia
nonché una minima inchiesta semantica sul concetto di vita dissoluta e al
limite della legalità. Sarebbe da attendersi dal Segretario la spiegazione su
quanto realmente produca paura in questo Paese e se l’abuso di alcol e droghe
sia causa di morte per lesioni e se vi sia qualcosa di più dissoluto di un
diritto calpestato.
Andrebbe preteso che ci chiarisse se quelle parole siano rappresentative di tutto l’universo della Polizia o invece siano la personale interpretazione di un dramma o la recensione di un abominio. E ancora gli andrebbe richiesto se il silenzio seguito alle sue parole sia l’indicatore di un Paese dove domina sul diritto l’incertezza, sulla complessità della vita l’omologazione, sui drammi umani l’assenza di indignazione e l’ignavia.
Andrebbe preteso che ci chiarisse se quelle parole siano rappresentative di tutto l’universo della Polizia o invece siano la personale interpretazione di un dramma o la recensione di un abominio. E ancora gli andrebbe richiesto se il silenzio seguito alle sue parole sia l’indicatore di un Paese dove domina sul diritto l’incertezza, sulla complessità della vita l’omologazione, sui drammi umani l’assenza di indignazione e l’ignavia.
Per questo chiedo scusa alla famiglia Cucchi per questo
oltraggio infinito, per questa deriva che non può rappresentare
la totalità degli appartenenti alle forze di polizia neppure quelli a cui per
regolamento è precluso il diritto di indignarsi e di affrancarsi dalla
convivenza col divieto di opinione .
Nel dubbio, semplicemente nel dubbio.
Nel dubbio, semplicemente nel dubbio.
Francesco
Nicito, agente della Questura di Bologna
lunedì 3 novembre 2014
Aurora
The setting is a summit of
the Austnesfjorden fjord close to the town of Svolvear on the Lofoten islands in northern Norway.
Auroras over Northern Canada
Politici
Uomini troppo poco simili a
esseri umani persino per odiarli. Ciò che suscita la loro vista altro non è che
una travolgente sensazione di disinteresse, il genere di profondo disimpegno
che spesso è solo una difesa contro il dolore. Contro la tristezza. Di fatto, è
probabile che se così tanti di noi sono poco interessati alla politica è
proprio perché i politici moderni ci intristiscono, ci feriscono profondamente
e in modi di cui è difficile persino trovare il nome, figuriamoci
parlarne. È assai più facile alzare gli occhi al cielo e fregarsene.
DFW, Consider the lobster
Come autogiudicarsi
COME AUTOGIUDICARSI CON OBIETTIVITÀ E, EVENTUALMENTE, PUNIRSI
Una cosa che mi ha sempre
stupito è come tutti siano sempre convinti di essere nel giusto. Certo ci sono
anche quelli che fanno cose ingiuste sapendo di farle e ci provano gusto, ma
sono pochi. Si chiamano sadici. Ogni tanto qualcuno di loro prende il potere e
rade al suolo mezzo pianeta, ma per fortuna non succede spesso, solo due o tre
volte al secolo. Per il resto ognuno, chiunque sia, qualsiasi cosa abbia fatto
nella vita, anche la più terribile, è sempre convinto di essere uno dei
rarissimi casi di persona giusta in un mondo di carogne.
Il motivo è semplice:
ognuno ha sempre una valida ragione per spiegare a se stesso quello che fa
(evado le tasse perché sono troppe, picchio i figli per educarli, uccido la
gente per migliorare il mondo), mentre quando giudica gli altri giudica solo le
azioni e ignora le ragioni (evade le tasse perché è una carogna, picchia i
figli perché è una carogna, uccide la gente perché è una carogna). Fa sempre
impressione vedere come uno usi tutte le cautele e i riguardi quando giudica se
stesso e poi con gli altri vada giù piatto come uno zerbino. Ogni tanto
bisognerebbe provare a fare il contrario.
Così succede che per
quanto uno sia convinto di essere giusto, buono e sexy, esiste sempre almeno
una persona che invece lo considera una carogna. Dico “almeno una persona”, ma
in realtà di solito sono molte di più, all’incirca tutti gli altri. Quindi la
domanda è: come si fa a sapere se si è veramente giusti o se, come tutti, si dà
solo per scontato di esserlo?
Un modo c’è: basta
chiedersi “come mi troverei in un mondo dove tutti si comportassero esattamente
come me?”. Se la risposta è “bene” allora sono giusto, se è “male” sono
ingiusto, se è “mio dio che banalità” sono ingiusto e ipocrita. Facile, no?
Esempio. Sei solito
urlare, battere i pugni sul tavolo e inzupparti la maglietta di saliva appena
qualcuno ti dà torto? Non c’è niente di cui vergognarsi, lo fanno anche i
neonati. Ora immagina che la stessa cosa la facciano gli altri con te. “Beh, ma
io faccio così perché ho ragione, gli altri invece lo fanno quando hanno
torto”. Perfetto, questa è precisamente la tipica risposta di una persona
ingiusta. Una persona giusta avrebbe detto “mi piace da matti, adoro la gente
che mi sfonda i timpani di insulti e, se proprio devo dirla tutta, il massimo è
quando mi fracassano il boccale di birra sul naso”.
Chi fa le cose di cui è
solito lamentarsi (evadere, picchiare, uccidere), non importa quanto siano
valide le ragioni per cui le fa, è lui stesso una delle carogne che tanto
disprezza, e lo è proprio secondo i suoi stessi criteri di giudizio. È triste
riconoscerlo, lo so, ma se ne può comunque ricavare qualche soddisfazione, per
esempio si può mettere la testa fuori dal finestrino e sputare contro vento.
Pubblicato da Smeriglia | 3.11.14
http://incomaemeglio.blogspot.com/
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