Ma
come ci si adegua alla morte della propria figlia? Intanto dovrebbe
accadere ben dopo la nostra dissoluzione nel nulla. I nostri figli
dovrebbero sopravviverci di diversi decenni, durante i quali vivere
le loro vite, felicemente liberati dal fardello della nostra
presenza, per poi completare la stessa parabola mortale dei loro
genitori: oblio, negazione, paura, fine. Dovrebbero farsi carico
della loro mortalità, e in questo non c'è aiuto che gli si possa
dare (se non quello di costringerli a confrontarsi con la morte
attraverso la nostra) (…)
Una
delle più comuni banalità che ci capitava di sentire era che
“mancavano le parole”. Ma
le parole a me e Teri non mancavano. Non era vero che non c’era
modo di descrivere la nostra esperienza. Io e Teri avevamo un vasto
linguaggio per parlare tra noi dell’orrore di quello che stava
accadendo, e ne parlavamo. (...) Se
c’era un problema di comunicazione era che di parole ce n’erano
troppe; ed erano di gran lunga troppo gravi e troppo specifiche per
essere inflitte agli altri. (…)
Se
qualcosa mancava, era la funzionalità della routine, il linguaggio
stereotipato
– i
rassicuranti clichè adesso erano inapplicabili e perfettamente
inutili. Istintivamente proteggevamo gli altri dalla conoscenza che
possedevamo; li lasciavamo pensare che le parole mancavano, perché
sapevamo che non volevano avvicinarsi al vocabolario che noi usavamo
ogni giorno. Eravamo sicuri che non volevano sapere quello che noi
sapevamo; neanche noi volevamo saperlo. (…)
Una delle credenze religiose più meschine è che la sofferenza nobiliti, che sia una tappa lungo il cammino verso qualche forma di illuminazione o salvezza. La sofferenza e la morte di Isabel non hanno fatto niente per lei né per noi né per il mondo. L’unico esito importante della sua sofferenza è la sua morte. Non abbiamo imparato alcuna lezione che valesse la pena imparare; non abbiamo acquisito alcuna esperienza che possa giovare a chicchesia. E Isabel non è certamente ascesa a un posto migliore, perché mai ci fu posto migliore per lei del seno di Teri, del fianco di Ella o del mio petto. (…) L'indelebile assenza di Isabel oggi è un organo nei nostri corpi la cui unica funzione è secernere un dolore continuo.
Aleksandar
Hemon,
L'acquario,
da Il
libro delle mie vite
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