C’è
un meccanismo psicologico, ormai ne sono convinto, che impedisce alla
maggior parte di noi di immaginare il momento della nostra morte.
Poiché se fosse possibile immaginare nitidamente l’istante del
passaggio dalla coscienza alla non-esistenza, con la relativa paura e
l’umiliazione dell’impotenza assoluta, sarebbe molto difficile
vivere, essendo insopportabilmente ovvio che la morte è inscritta in
tutto ciò che costituisce la vita, e che ogni istante della nostra
esistenza è a un soffio dall’essere ultimo. Saremmo
ininterrottamente devastati dall’immanenza di quel momento
inevitabile, perciò la nostra saggia mente rifiuta di contemplarlo.
E tuttavia, mentre maturiamo verso la mortalità, immergiamo
guardinghi nel vuoto le dita dei piedi frementi di orrore, sperando
che in qualche modo la mente si adeguerà a morire, che Dio o qualche
altro oppiaceo lenitivo resterà contattabile mentre ci avventuriamo
più a fondo nell’oscurità del non-essere.
Aleksandar Hemon, Il libro delle mie vite
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