Vedi,
Michele, non si è mai abbastanza morbosi, perché per quanto si viva
del passato c’è sempre qualcosa di ineludibile, nel presente, che
ci plagia e ci umilia. Distrazioni, pulsioni, scuse buone per
scrollarsi di dosso un po’ di coperte, così quell’aria chiusa in
cui consistevi riceve aria nuova, ciao consistenza, nuove scuole,
nuove case, nuove luci e noi intanto abbiamo dato il culo a chiunque,
a furia di darlo ci siamo persi… Ma basta che ci capiti in mano una
nostra fotografia di quando avevamo sette o dieci anni per
scioglierci di commozione come ulissidi che rivedan la patria, ecco
chi sono gridiamo, quello lì sono, volevo ben dire, io sono sempre
quello. Ma intanto, hai dilapidato. Se hai venti giochi e ne conservi
diciotto sei già fritto. Se un certo coltellino con il manico di
madreperla, una certa calamita smaltata di rosso incominci a metterli
lievemente da parte (statevene qui per un po’ dici affettuoso
mentre li adagi in un cassetto), ecco, sei fritto. Sei diventato un
dilapidatore.
Michele
Mari, L'uomo che uccise Liberty Valance (in Tu, sanguinosa infanzia)
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