domenica 19 giugno 2022

Martin Eden




Mise il corpo in posizione verticale.
Alzando lo sguardo alle gelide stelle del cielo svuotò i polmoni dell'aria. Quindi con un colpo rapido e vigoroso dei piedi e delle mani sollevò le spalle e la parte superiore del busto per guadagnare forza nella spinta verso il basso.
Si lasciò quindi andare sott'acqua, una bianca statua che precipita nel mare. 
Una volta immerso respirò deliberatamente con forza come si fa quando si deve andare in anestesia. La sensazione di soffocamento lo costrinse però a muovere involontariamente braccia e gambe su fino alla superficie, alla chiara presenza delle stelle.
"Volontà di vivere", pensò di nuovo con sdegno, cercando invano di non immettere aria nei polmoni che gli scoppiavano. Bene, avrebbe dovuto fare in un altro modo. Decise di immagazzinare nel petto quanta più aria poteva e di scendere in profondità. Si immerse a testa in giù e prese a inabissarsi sempre di più nuotando con grande forza. Tenendo gli occhi aperti notò le forme spettrali e fosforescenti dei velocissimi squali. Si augurò che non lo assalissero perchè ciò poteva fiaccare la sua determinazione. Non lo fecero e trovò il tempo di ringraziare la vita per quest'ultima cortesia che gli aveva concesso.
Andò giù, sempre più giù finchè la stanchezza delle braccia e delle gambe fu tale che non riusciva quasi a muoversi. Capì di essere sceso molto perchè sentiva una pressione dolorosa alle orecchie e un ronzio alla testa. Stava per cedere, ma costrinse gli arti a portarlo ancora più sotto fino a quando la capacità di resistenza venne meno e l'aria gli uscì dai polmoni con la violenza di un'esplosione, avvolgendogli le guance in mille bollicine che salivano rapidamente. Quando cominciò il dolore e il soffocamento pensò che non era ancora la morte. La morte non faceva male. Era la vita con i suoi spasimi, con le sue terribili sensazioni; e quello era l'ultimo colpo che gli dava.
Ostinatamente mani e piedi cominciarono a vorticare frenetici, ma con un movimento sempre più debole: era riuscito astutamente a sconfiggere la loro volontà di vivere. Era sceso troppo e non sarebbero più stati capaci di riportarlo in superficie. Gli parve di essere languidamente alla deriva in un mare di visioni fantastiche, che lo circondavano cullandolo e accarezzandolo. Dov'era?
Gli sembrò di trovarsi in un faro; era invece il suo cervello che emanava una luce bianca, accecante, che roteava sempre più veloce. Seguì un suono cupo e rombante che lo precipitò giù per una smisurata tromba di scale, al fondo della quale, a un certo punto, cadde nella tenebra. Questo solo capì. Di essere caduto nella tenebra. E nell'istante in cui seppe, cessò di sapere.

Jack London, Martin Eden











Nessun commento:

Posta un commento