domenica 26 gennaio 2020

Virus



Sars, aviaria, influenza suina, bse (altrimenti detta sindrome della mucca pazza), ebolavirus, coronavirus e forse (chissà) hiv: questi terribili mali dei nostri giorni derivano tutti dalle mostruosità che l'uomo infligge alle altre specie.
Negli allevamenti, nei mercati, in laboratorio, costringendoli a mangiarsi fra simili, facendoli vivere e morire nelle condizioni più incredibili, sottoponendoli alle sperimentazioni più oscure. Incapaci di ribellarsi a miliardi gli animali, assieme al Pianeta, soccombono all'orrore, ma qualcosa di cui al solito ci rifiutiamo di prendere coscienza, confortati dai grandi sistemi consumistici che ci invitano a persistere nella superficialità, necessariamente accade.


Ecco allora che nei luridi mercati dove sono ammassati cani, gatti, serpenti, cuccioli di lupo, pipistrelli, volpi, scimmie, pronti a essere scuoiati vivi per soddisfare i gusti alimentari di milioni e milioni di cinesi, un popolo con cui intratteniamo scambi intensi, presente ovunque nel nostro Paese con i suoi negozi e ristoranti, esplode una nuova ribellione naturale. 


Dopo la sars, apparsa la prima volta nel novembre 2002 nella provincia del Guandong (Canton) e seguita alla fine dell'anno seguente da un'epidemia di aviaria, oggi il drammatico coronavirus dissemina morti e paura, ma forse non sufficienti riflessioni.
A inizio millennio furono bruciati in massa polli e galline, accusati di trasmettere le malattie, e poco ci mancò che si diramasse l'ordine di abbattere gli uccelli migratori. Al tempo dell'encefalopatia spongiforme bovina o bse, individuata in Gran Bretagna nel 1986 ma esplosa all'attenzione pubblica intorno al 2000, furono sterminati interi allevamenti. Salvo poi, tredici anni dopo, reintrodurre la possibilità di somministrare farine animali agli erbivori, con l'eccezione dei bovini.
Infatti, sotto la spinta degli interessi economici, la disinformazione e le cattive abitudini che ne conseguono, non c'è mai una volta in cui si consideri l'opportunità di un passo indietro rispetto al fatto stesso di allevare, catturare, uccidere e mangiare gli animali. E non c'è bisogno di andare in Asia, perché già nel 2015 l'Oms ha codificato l'enorme insalubrità della carne, inserendone alcuni tipi addirittura nel gruppo 1 che le assimila, quanto a potenziale cancerogeno, a materiali come amianto, arsenico e benzene.
Dunque, eccoci qui su una Terra che brucia e trema e sbuffa e piange, e ci mostra piaghe sempre più difficili da risanare, se non ci decidiamo a comprendere.







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