Io sono un poeta e quindi sono un animale. Come gli animali, il poeta è una creatura che sta sempre con le orecchie tese, sempre a spiare il pericolo. Gli animali devono sempre guardarsi da qualche altro animale: un topo ha l’incubo del gatto e la gazzella ha l’incubo del leone. Il poeta ha l’incubo del mondo intero, il poeta scrive e trema, non sa fare altro. Ogni attimo richiede una piccola avventura per arrivare al successivo. Tra un attimo e l’altro in effetti c’è la stessa distanza che c’è tra una stella e l’altra. E gli attimi sono tanti come le stelle e quando finiscono gli attimi ci sono altri attimi, e quando finiscono le stelle ci sono altre stelle. Il poeta le sa queste cose, il poeta è qui per unire ciò che la vita separa. La metafora è proprio questo, è una corda che tiene insieme cose lontane. Il poeta unisce nella sua carne i vivi e i morti, l’allegria e il dolore, il silenzio e la parola. Il poeta è lontano dagli uomini come può essere lontano un riccio, un moscone. Il poeta non vola, non c’entra niente coi gabbiani. Anzi, il poeta è un animale che si trascina, ha sempre un po’ di affanno. Il poeta è un animale notturno, anche se va in giro anche di giorno. Lui vede dal buio perché gli fa luce il batticuore e quello che vede dal buio rimane dentro al mondo anche quando il poeta muore. Il poeta è l’animale che vive non vivendo, che ama non amando, che dorme non dormendo. Il poeta è sempre lontano e vicinissimo a tutte le cose. Se lo incontrate non pensate che si possa fermare con voi. Lui è fatto per andare altrove. Se Dio ha fatto il mondo e ha dato a ciascuno un compito: il mare fa il mare, il cane fa il cane, l’uomo fa l’uomo, nessuno sa cosa fa il poeta dentro il mondo. Non lo sa lui per primo e per questo scrive, per scoprirlo.
Franco Arminio, Il topo sognatore e altri animali di paese
Nessun commento:
Posta un commento