In
questo momento, mi pongo il problema della catastrofe: a livello
storico e in sé. Non so quale forma assumerà, ma, personalmente,
sono assolutamente convinto che l’apocalisse sia inevitabile; e che
non ha nulla a che fare con l’essere barbari o civilizzati. Questa
catastrofe finale ritarda un po’, ma credo anche che, nel periodo
che stiamo vivendo, la caduta del mondo civilizzato sarà molto
rapida. Sono quasi certo che la Russia occuperà tutta l’Europa,
senza neanche la guerra; perché i popoli super civilizzati sono
spacciati. Questo credo. Devo dire che ho studiato molto la caduta
dell’Impero romano. Ora ne riparlano tutti; perché è evidente, ci
sono enormi simmetrie. La barbarie, inoltre, sta accadendo ora in
altro modo. Non ci sono più le invasioni barbariche. I barbari si
insinuano. Parigi, in parte, è già occupata da barbari. C’è
un’infiltrazione, una diversa forma di invasione. Ma le conseguenze
saranno identiche.
Emil
Cioran, Ultimatum all'esistenza. Conversazioni
e interviste (1949-1994)
Patrizia Cavalli, Todi, 17 aprile 1947 – Roma, 21 giugno 2022
Adesso
che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo
e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si
scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per
il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che
ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove
non c’è richiamo e non c’è più ragione
di spogliarsi in
fretta per riposare dentro
l’accecante dolcezza di un corpo
che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e
silenzioso mi lascia ai miei progetti
a tutte le cadenze della
voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.
Quante
tentazioni attraverso
nel percorso tra la camera
e la
cucina, tra la cucina
e il cesso. Una macchia
sul muro, un
pezzo di carta
caduto in terra, un bicchiere d’acqua,
un
guardar dalla finestra,
ciao alla vicina,
una carezza alla
gattina.
Così dimentico sempre
l’idea principale, mi
perdo
per strada, mi scompongo
giorno per giorno ed è
vano
tentare qualsiasi ritorno.
Addosso
al viso mi cadono le notti
e anche i giorni mi cadono sul
viso.
Io li vedo come si accavallano
formando geografie
disordinate:
il loro peso non è sempre uguale,
a volte
cadono dall’alto e fanno buche,
altre volte si appoggiano
soltanto
lasciando un ricordo un po’ in penombra.
Geometra
perito io li misuro
li conto e li divido
in anni e
stagioni, in mesi e settimane.
Ma veramente aspetto
in
segretezza di distrarmi
nella confusione perdere i
calcoli,
uscire di prigione
ricevere la grazia di una nuova
faccia.
E’ tutto così semplice,
sì, era così
semplice,
è tale l’evidenza
che quasi non ci credo.
A
questo serve il corpo:
mi tocchi o non mi tocchi,
mi
abbracci o mi allontani.
Il resto è per i pazzi.
Patrizia Cavalli, da “Amore non mio e neanche tuo”
Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Siate il peso che inclina il piano. Siate sempre in disaccordo perché il dissenso è un’arma. Siate sempre informati e non chiudetevi alla conoscenza perché anche il sapere è un’arma. Forse non cambierete il mondo, ma avrete contribuito a inclinare il piano nella vostra direzione e avrete reso la vostra vita degna di essere raccontata. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai
Bertrand Russell
I legami sono stati sostituiti dalle “connessioni”. Mentre i legami richiedono impegno, “connettere” e “disconnettere” è un gioco da bambini. Su Facebook si possono avere centinaia di amici muovendo un dito. Farsi degli amici offline è più complicato. Ciò che si guadagna in quantità si perde in qualità. Ciò che si guadagna in facilità (scambiata per libertà) si perde in sicurezza.
Zygmunt Bauman
When
I left they were sleeping,
I hope you run into them soon.
Don't
turn on the lights,
you can read their address by the moon.
And
you won't make me jealous
if I hear that they sweetened your
night:
We weren't lovers like that
and besides it would
still be all right,
We weren't lovers like that
and besides
it would still be all right.
Fra tutte le forme di superbia quella più a buon mercato è l'orgoglio nazionale. Esso, infatti, rivela in chi ne è affetto la mancanza di qualità personali di cui andare superbo; se, infatti, le possedesse, non si attaccherebbe a ciò che divide con tanti milioni di persone. Chi possiede notevoli doti personali si renderà conto, piuttosto, meglio di ogni altro, dei difetti della propria nazione, che ha costantemente sotto gli occhi. Ma ogni povero diavolo, che non ha niente al mondo di cui andare superbo, si afferra all'unico pretesto che gli è offerto: essere orgoglioso della nazione alla quale ha la ventura di appartenere. Ciò lo conforta; e in segno di gratitudine egli è pronto a difendere a pugni e calci, con le unghie e coi denti, tutti i suoi difetti e tutte le sue stoltezze.
Arthur Schopenhauer
Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ d’ordine
da solo non si fa.
C’è chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.
C’è chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.
C’è chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c’è chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.
Non è fotogenico
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono già partite
per un’altra guerra.
Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.
C’è chi con la scopa in mano
ricorda ancora com’era.
C’è chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto
gli gireranno intorno altri
che ne saranno annoiati.
C’è chi talvolta
dissotterrerà da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti.
Chi sapeva
di che si trattava,
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.
Sull’erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c’è chi deve starsene disteso
con la spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole
Wislawa Szymborska, La fine e l’inizio
In generale una unica giornata di votazioni in tutto il territorio nazionale costa circa 400 milioni, di cui oltre 300 milioni a carico del solo del ministero dell’Interno e il resto diviso tra il dicastero della Giustizia e quello dell’Economia.
L’apocalisse è culturale, non ontologica. È politica perché è l’effetto dell’organizzazione di un mondo, della vita e della produzione che ha sconvolto il pianeta, l’aria e la terra, la vegetazione e l’atmosfera. L’apocalisse capitalista dice: oltre questo mondo non può esistere un altro. Dunque: rassegnatevi all’agonia di ciò che è destinato a finire comunque. Lo scenario è quello visto in un film come Elysium (2013) con Matt Damon e Jodie Foster: i ricchi vivranno su una stazione orbitante, mentre i poveri sulla Terra tossica e inabitabile. Il film è la storia di una rivoluzione riuscita, ma questa resta, come già detto in precedenza, un apologo. Non riuscire oggi a distinguere la fine di un mondo dalla fine del mondo in quanto tale significa perdere il senso di una differenza fondamentale e vivere in un mondo rovesciato dove è considerato più facile lanciarsi nei trasbordi intergalattici dei miliardari della Silicon Valley per sfuggire all’estinzione invece di cimentarsi con il superamento del capitalismo che distrugge il pianeta e avvelena la vita.
Per
tutte le costole bastonate e rotte.
Per ogni animale sbalzato
dal suo nido
e infranto nel suo meccanismo d'amore.
Per
tutte le seti che furono saziate
fino alle labbra spaccate alla
caduta
e all'abbaglio. Per i miei fratelli
nelle tane. E le
mie sorelle
nelle reti e nelle tele e nelle
sprigionate
fiamme e nelle capanne
e rinchiuse e martoriate. Per le
bambine
mie strappate. E le perle nel fondale
marino. Per
l'inverno che mi piace
e l'urlo della ragazza
quel suo
tentare la fuga invano.
Per
tutto questo conoscere e amare
eccomi. Per tutto penetrare e
accogliere
eccomi. Per ondeggiare col tutto
e forse cadere
eccomi
che ognuno dei semi inghiottiti
si farà in me
fiore
fino al capogiro del frutto lo giuro.
Che
qualunque dolore verrà
puntualmente cantato, e poi anche
quella
leggerezza di certe
ore, di certe mani delicate, tutto
sarà
guardato mirabilmente
ascoltata ogni onda di suono,
penetrato
nelle sue venature ogni canto ogni pianto
lo
giuro adesso che tutto è
impregnato di spazio siderale.
Anche
in questa brutta città appare chiaro
sopra i rumorosissimi
bar
lo spettro luminoso della gioia.
Questo lo giuro.
Mariangela Gualtieri
E questi pomeriggi immensi, che hanno continuato per dei giorni di seguito senza requie a cascarmi sulla schiena e nella testa, hanno fiaccato tutto quel che c’era di fiaccabile. Silenzio completo nel mondo. Tutto è diventato una lunga stasi in movimento, una stasi da subire, un sistema di traslazione necessitata di un corpo morto a mondo morto e a vita morta. In mezzo a detti pomeriggi, troppo immensi e di fatto sterminati, già verso l’una o l’una e mezzo, che mi fossi alzato presto o tardi nulla cambia, mi coglieva la paura del nuovo pomeriggio da subire. Anche se, in generale, va detto che l’idea che uno debba subire dei pomeriggi è veramente incredibile. Non si sa neanche bene che cosa voglia dire subire un pomeriggio. Però in tutto il mondo non c’è una persona, neanche una, che prima o poi non abbia subito almeno una domenica pomeriggio e tutta la sua bieca infernalità che verso le dieci di sera si attenua lasciandoti respirare.
Ugo Cornia, Quasi amore
White wine and sleeping pills
Help me get back to your arms
Cheap sex and sad films
Help me get where I belong
I think you're crazy, maybe
I think you're crazy, maybe
Stop sending letters
Letters always get burned
It's not like the movies
They fed us on little white lies
I think you're crazy, maybe
I think you're crazy, maybe
I will see you in the next life...
Beautiful angel
Pulled apart at birth
Limbless and helpless I can't even recognize you
I think you're crazy, maybe
I think you're crazy, maybe
I will see you in the next life
Acqua
sono stata,
questo lo so.
Sono stata acqua e vento.
Una
pioggia su qualcosa
che ero stata tempo addietro.
Un
giuramento.
Un’attesa.
Un bastimento fra onde
altissime.
Forse anche il mare.
E dunque - di cosa dovrei
avere paura
adesso.
Mariangela Gualtieri
Per me è un grande onore essere stato scelto come portavoce dall’Unione Cinghiali Romani, che mi ha affidato una dichiarazione ufficiale. E’ un momento storico, per la prima volta in televisione non parlano solo cani e porci, ma anche i cinghiali.
"Noi cinghiali romani condanniamo con fermezza il comportamento scorretto di una minoranza, che ruba le borse della spesa alle signore anziane. Si tratta di poche mele marce, metafora che usiamo con qualche dubbio perché non avete idea di quanto siano buone le mele marce.
Ma la grande maggioranza dei cinghiali a Roma si comporta con senso civico, dando un contributo decisivo allo smaltimento dei rifiuti. E sopporta con dignità le manifestazioni ostili e discriminatorie degli umani, che ci fotografano e ci filmano, con urla di raccapriccio in sottofondo, come se fossero arrivati gli zombie. Non siamo mostri, siamo maiali selvatici. Avete frequentato troppo i social e troppo poco i boschi, per capire come funziona il mondo.
Fino agli anni Novanta in Italia eravamo meno di centomila e vivevamo tranquilli nel bosco e nella macchia. Ogni scrofa partoriva, una sola volta all’anno, tre o quattro porcellini. Poi qualche genio della caccia ebbe l’idea di incrociarci con il maiale domestico e con i nostri cugini dell’Est Europa, specie molto più prolifiche di noi. Adesso, a causa dell’ibridazione, partoriamo due volte all’anno almeno dieci porcellini per volta. Noi non sappiamo far di conto, ma evidentemente neanche voi. Perché il risultato del vostro brillante intervento è che in Italia siamo diventati circa un milione e mezzo.
Poi avete abbandonato i campi. E la selva, che è il nostro habitat, si è estesa. E avete moltiplicato i vostri rifiuti, tonnellate di proteine, carboidrati, zuccheri parcheggiati in mezzo alla strada. Chiedetevi come mai preferiamo Roma a Stoccolma.
Ci chiamate specie infestante. Senti chi parla. Parlate tanto di Intelligenza Artificiale ma non siete neanche capaci di regolare le nascite. Presto sarete dieci miliardi. Per quanto ci riguarda, noi eravamo in quantità ragionevole e stabile, in equilibrio con l’ambiente. Siete voi che avete forzato la natura per avere più prede da impallinare.
Chissà se la pandemia vi ha insegnato qualcosa. Se modificate gli equilibri naturali, con la cecità e la fretta degli ingordi, ne pagherete il prezzo. Se affondate le vostre ruspe nella selva, dalla selva usciranno, in fila indiana, i virus e i piccoli mammiferi che ne sono i vettori. Se moltiplicate per venti gli esemplari di una specie, come avete fatto con noi cinghiali, la peste suina avrà venti volte più possibilità di diffondersi.
Quando ci vedete comparire sbarrate gli occhi, ma selvatico non vuol dire strano, o alieno. Selvatico dire che la vita sulla Terra non obbedisce a voi umani. Obbedisce alle leggi della natura. Nascere e prosperare è la regola, e vale per tutti gli esseri viventi del mondo, dagli infinitamente piccoli, come i virus, agli infinitamente affamati, come noi cinghiali.
Avete presente il grande cerchio della vita? A giudicare dalle vostre facce quando ci vedete comparire, si direbbe che no, non lo avete presente. Eppure è facile: tutto è connesso, la vita e la morte, la città e la foresta, la buccia di anguria che tracima dal cassonetto romano e il cinghiale che va a mangiarla. Solo voi umani, sempre più spesso, ci sembrate sconnessi."
Michele Serra