Uno finisce che si sveglia un giorno
e dice ma che cazzo ci sto a fare
o qualcosa del genere qualcosa
del tipo basta lo vedi si posa
sempre la stessa polvere in soggiorno
la togli e torna e tutto ciò che pare
nuovo è solo un anello del collare
di tutta questa roba appiccicosa
che più ti muovi e più si stringe intorno
per tenerti al tuo posto nello stormo
di questa specie che ha evoluto in strame
vivificato nella terra smossa
ogni anello trascorso nella fossa
che s’incatena fino a me che dormo
e mi risveglio a me che sazio ho fame
un’altra volta e sento queste lame
ficcarsi tutte dentro per la scossa
di quella forza lenta in cui mi sformo
e che mi renderà simile a loro
riverso nella fossa come un cane
dove finisce l’ultima rincorsa
e ci si serra tutti nella morsa
che chiude questo inutile lavoro
con cui ci costruimmo tante tane
trascorse dalle larve delle vane
voci che fummo fermi nella pozza
o solo l’aria che va via dal foro
(Gabriele Frasca, Poesie scelte 1977-2007)
Stasera come sempre sto sospeso
a risentire quello che mi sento
schiudersi dentro dove s’è già spento
quello stizzo che fuori sempre acceso
arse soffiando con un suono teso
e lungo come il sibilo del vento
o come quello sfrigolare lento
delle scariche statiche che preso
un canale chissà quanto remoto
risuona nella radio di una quieta
rassegnata improvvisa nostalgia
di tutto quanto ignoto è invece noto
se lo si prende come propria meta
o si riaggiusta un po’ la sintonia.
(Gabriele Frasca, da Rive)
Nessun commento:
Posta un commento