Allevamenti
intensivi, un’unica foto che
colpisce come una mazzata.
L’immagine, pubblicata su
Facebook da
Diane
Scarazzini,
autrice e attivista per i diritti degli animali, è
stata scattata in Oregon,
e
si
tratta di una fotografia reale, non di un fotomontaggio.
Si
vedono
piccoli capanni tutti uguali e ben allineati fila dopo fila verso
l’orizzonte. Sono centinaia. Ogni capanno ha al proprio interno un
vitellino che è stato strappato alla madre dopo
solo
un’ora dalla
nascita. Come sottolinea Farm
Sanctuary,
allontanare
i vitellini dalle madri è la prassi
per consentire la produzione di latte su larga scala.
Le mucche da
latte trascorrono la loro vita in un ciclo costante di gravidanza,
nascita e mungitura. I
vitelli sono allontanati dalla madre poco dopo la nascita, il che
rappresenta uno stress enorme sia per la mucca che per il vitello,
legatissimi tra loro. Spesso la madre continua a muggire per giorni, per chiamare
il suo piccolo dopo la separazione. Il latte che dovrebbe nutrire i loro
cuccioli
viene destinato all'industria lattiero-casearia. I
mesi di riposo tra una gravidanza e l’altra sono sempre troppo
pochi negli allevamenti intensivi, e
i
vitellini maschi, che
non sono utili per la produzione di latte,
sono destinati al macello
dopo meno di sei mesi.
"Sostenere
una produzione di cibo che sia in grado di rimettere gli animali
all'aria aperta, al pascolo, anziché dentro capannoni",
sostiene Philip Lymbery, autore del libro Farmageddon:
il vero prezzo della carne economica,
"Un allevamento estensivo connesso alla terra, in grado di
fornire cibo più nutriente con metodi che risultano migliori sia per
il territorio che per il benessere animale.
I
governi di tutto il mondo possono contribuire a migliorare la salute
delle loro nazioni e salvaguardare le future scorte alimentari
basandosi su risorse naturali come i pascoli. Cibo che insomma
provenga da fattorie e non da fabbriche".
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