Poete
le
mamme delle poete si siedono sul divano,
è tardo pomeriggio e
aspettano le figlie.
le vedo dalla cima di una
stella;
accendersi una sigaretta, farsi un bicchiere,
incrociare
e scrociare le gambe,
girare gli anelli, mangiarsi le unghie.
le
madri delle poete sono inquiete,
è tardo pomeriggio e aspettano
le bimbe,
poete appunto, non luminari della scienza,
né
capitane d’industria o avvocatesse,
non donne che sanno
organizzarti una casa,
una vacanza, un veglione per cento
persone,
poete appunto, inabili alla vita,
perennemente
offese dalla durezza della realtà,
le vene azzurrate di micro
apocalissi,
e una passione smodata per le ciliegie sotto
spirito
(ma niente soldi per il dentista).
nell’attesa
che le separa dalla visita
si chiedono veloci dove avranno
sbagliato,
le rivedono in stellina dentro i cieli,
quando
erano soltanto puro desiderio
senza ombra di dubbio, e una
felicità,
morbida e tiepida, dalla nuca profumata,
quando
dicevano le cose buffe a tavola
e aspettavano sveglie i topini
dei denti.
forse
le avevano allattate poco
o lasciate troppo davanti alla
televisione,
saranno stati i campi steineriani?
o la
sopravvalutata pedagogia montessoriana?
più acqua? meno acqua?
più
luce, madre mia, ancora sulla terra.
le
madri delle poete sembrano marat,
nel celebre quadro al british
museum,
o vecchie ofelie preraffaellite,
nel famoso dipinto
alla tate gallery,
sdraiate sui cuscini del divano,
confuse
con i fiori dei tessuti,
il vino rovesciato lungo i
polsi,
allorché queste figlie poete,
(un tempo così
brillanti e allegre,
un tempo così belle e in salute),
si
mettono comode, si tolgono le scarpe
e raccontano di problemi
esistenziali,
o come si sono fatte fottere marito e lavoro
da
qualcuna più giovane e furba
(qualcuna la cui madre avrà
allattato meglio
e di sicuro cucinato tutte quelle torte
che
nell’abbaglio delle loro giovinezze
loro mai si sono sognate
di architettare).
le
mamme delle poete reagiscono
ognuna a suo modo alla cattiva
sorte,
se sono di indole frivola
partiranno per un lungo
viaggio,
per un tour di shopping compulsivo,
che manco
elton john nei momenti più bui.
se sono inclini alla
saccenza
chioseranno “l’avevo capito da quella poesia”
(le
madri delle poete infatti
tendono a leggere l’opera delle
figlie,
con approccio gossipparo,
come una sorta di Eva
Tremila).
se sono di indole lugubre
si chiuderanno in un
atroce silenzio
e puzza amara sarà, fino ai prossimi natali.
le
rivedono in stellina fluorescente,
ballare a ferragosto sulla
spiaggia,
così carine nei loro costumi di sirena,
così
della vita fiduciose,
pescioline nel brillare della luna,
di
ogni marea, di ogni compleanno,
di ogni adorazione del
piedino
(tutti gli altari d’oro dell’infanzia).
forse
le avevano allattate troppo,
o quella volta giù dal
seggiolone,
sarà stata la baby sitter isterica?
o i
racconti horror della zia?
più vino? un po’ di vino?
più
luce madre mia, ancora sulla terra.
Francesca
Genti, Le mamme delle poete
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