sabato 29 febbraio 2020

Talento



Cerco di capire quale potrebbe essere la mia vocazione: raggiungere l’assoluto, tentando di elevare, perfezionandomi, il livello della mia maestria. La dignità dell’artigiano. Il livello della qualità. Perduto da tutti perché inutile e sostituito dall’apparenza, dall’illusione della qualità. Io invece voglio conservare il livello della qualità. Come Atlante, che reggeva la Terra sulle proprie spalle. Avrebbe potuto, quand’era stanco, lasciarla semplicemente cadere. Per una sconosciuta ragione tuttavia non l’ha mai fatto, ha continuato a portarla sulle spalle. Ed è questa la cosa più sorprendente del mito, non tanto il fatto che l’abbia sopportata così a lungo, ma che abbia continuato a portarla anche dopo aver scoperto l’inganno.
Il talento è una disgrazia perché se, da un lato, non dà diritto ad alcun merito né rispetto particolari, d’altro canto impone enormi vincoli, come per un uomo onesto i preziosi affidatigli perché li custodisca, senza il diritto a trarne un profitto personale. Non capisco perché la gloria sia il massimo dei sogni delle cosiddette personalità del mondo artistico. È più probabile che la megalomania sia invece un segno di mancanza di talento. Vivere la vita per dare forma a qualcosa –che sia fittizio o fatale, che ci faccia fiorire nell’eternità o meno– è il carisma potente. Viviamo qui per dare vita ad altro, per altri. Fosse pure un quaderno, su cui è inscritta una favola, nascosto in un armadio, a favore dei futuri e di chi non saprà comprenderlo. A volte l’incendio va equiparato al bacio.

Andrej Tarkovskij,  Martirologio






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