Le
finestre del soggiorno si aprivano su un balcone che dava sul
giardino. In fondo, contro il muro, si levava un pero alto e snello
nella pienezza di una rigogliosa fioritura; era perfetto, immobile
contro il cielo verde giada. Bertha non poté fare a meno di sentire,
anche da quella distanza, che non un bocciolo, non un petalo di esso
era appassito. Giù, sotto il balcone, le aiuole di tulipani fitte di
fiori gialli e rossi sembravano protendersi nel crepuscolo.
Trascinandosi sulla pancia, un gatto grigio attraversò il prato, e
un altro nero, la sua ombra, ne ricalcò le orme.
(…)
Fu
in quell'istante che Miss Fulton le "diede un segno".
"Avete
un giardino?" domandò la voce fredda, assonnata.
Era
così squisito da parte sua, che tutto ciò che Bertha potè fare fu
obbedire. Attraversò la stanza, tirò le tende e aprì le lunghe
finestre.
"Ecco!"
disse in un soffio.
E
le due donne rimasero in piedi l’una accanto all’altra a
contemplare l’esile albero in fiore. Benchè fosse
assolutamente immobile sembrava, come la fiamma di una
candela, allungarsi, affilarsi, palpitare nell’aria luminosa, crescere e crescere via via che esse lo fissavano... fin quasi a toccare l'orlo della tonda
argentea luna.
Quanto
tempo rimasero lì? Entrambe, per
così dire,
rapite in quel cerchio di luce ultraterrena,
comprendendosi perfettamente
l’una
con l’altra, creature di un altro mondo, attonite
di quel che dovessero fare in questo, con tutto
quel tesoro di felicità che gli
ardeva dentro
e grondava, in fiori d’argento, dalle mani e
dai capelli.
Katherine Mansfield,
Felicità
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