Dietro Bobo mi nascondo,
ma mi porto dentro Berto, zio di mio padre, fratello di mio nonno, del quale
porto il nome che io, secondogenito, ho avuto per tradizione. Emiliano
contadino, scapolo, mezzo scemo del villaggio, uomo mite e buono, sgonfiatore di
damigiane, sempre in mezzo a risse e puttane, ma una era la sua morosa
preferita, la Caterina,
una donna tonda e ubriacona che lui dal paese, gonfio di vino, caricava sulle
spalle per portarla nella stalla, e quando nel tragitto lei gli diceva “Berto
ho da pisciare!” lui neanche si fermava e così le rispondeva “Piscia pure,
basta che non caghi”. E così con questa precisazione lei gli lasciava sulla
giacca il suo odore e il suo calore come un vino, che dal consumatore ritorna
al produttore, come una gatta a segnare il suo territorio animale. Mio nonno
Giuseppe, suo fratello, era tornato dall’America, dove era andato a far fortuna
dieci anni giù in miniera (per morire un anno dopo il suo ritorno, di silicosi
come premio) per comprare un po’ di terra ed un mulino e non aver bisogno di
nessuno, specie della tessera del fascio per dover mangiare, perché il mulino
da mangiar ne dava. L’Emilia nell’Appennino è terra dura, in salita, piena di
sassi e forgiava uomini rozzi e grossi, e poi con la guerra fu ancora più dura perché
lì passava la cosiddetta Linea gotica. I tedeschi in ritirata come bestie
impazzite rastrellavano e ammazzavano famiglie intere, tra cui parte della mia.
E così toccò anche a zio Berto, che col mitra puntato obbligarono a caricar sacchi e roba sui loro mezzi, lui mentre caricava con la rabbia, forse nascondendo la paura, così mugugnava e bestemmiava…: “Dio porc di un Dio boia! Catvengn un cànker in bocca, boia d’un Dio lader…” Non finì il calvario, prima lo fucilarono.
E così toccò anche a zio Berto, che col mitra puntato obbligarono a caricar sacchi e roba sui loro mezzi, lui mentre caricava con la rabbia, forse nascondendo la paura, così mugugnava e bestemmiava…: “Dio porc di un Dio boia! Catvengn un cànker in bocca, boia d’un Dio lader…” Non finì il calvario, prima lo fucilarono.
E così lo voglio ricordare come uno che bestemmiava, perché la vita era troppo ingiusta e dura e che forse quel giorno s’era alzato pure male e non aveva voglia di arrivare a sera. Quasi indifferente persino agli assassini, così, magari a non voler dar loro soddisfazione, chissà, a volerli ringraziare di liberarlo da una vita di letame e mosche e zappar nel sole, contro un Dio a cui neanche credeva ma che l’aveva messo lì.
E se Dio c’è, certo lo perdona, e magari gli chiede pure scusa.
E così dietro Bobo mi nascondo, ma dentro porto Berto. E quando mi dicono di stare coi più forti e i loro culi dover leccare, e sedermi alle loro cerimonie di vuote parole, io vedo facce che bramano potere, vedo le stesse, quelle che dan l’ordine di sparare. E allora sento in me una voce che dice “a me ciam Bert! Bert Rundell” e comincio a bestemmiare! “Dio porc di un Dio boia! Catvengn un cànker in bocca, boia d’un Dio lader…!!!”
Nessun commento:
Posta un commento