Però posso raccontarvi un'ultima
storia, prima di lasciarvi, e sono sicuro che questa non vi deluderà, e magari
vi farà anche ridere. Si tratta di una storia molto vecchia, che in tanti hanno
raccontato in tanti modi diversi, anche se sotto sotto è rimasta sempre uguale:
solo che voi siete piccoli, e molto probabilmente non la conoscete ancora. E'
la storia di un uomo infelice, che aveva una vite d'oro nell'ombelico e non
riusciva a liberarsene. Era andato da dottori, meccanici, carrozzieri,
chirurghi, orafi, ferramenta e fattucchiere, in tutto il mondo, nella speranza
che qualcuno di loro riuscisse a togliere quella vite: nulla, nessuno era mai
riuscito anche solo a smuoverla di un millimetro. Ma l'uomo non si era arreso,
e aveva continuato a girare il mondo, ostinato, alla ricerca di qualcuno che
riuscisse a togliergli quella vite d'oro dall'ombelico. Finché, un giorno, si recò
dall'Imperatore del Giappone - che, come spesso accade in quel saggio paese,
era un bambino. L'uomo gli mostrò la vite e, a gesti, poiché non sapeva una
parola di giapponese, gli fece capire qual era il suo problema.
L'Imperatore-bambino guardò la vite, sorrise, poi si girò lentamente e si mise
a frugare in una grande scatola d'avorio che teneva nascosta dietro al trono,
finché ne cavò un minuscolo cacciavite d'oro, talmente piccolo che sembrava uno
spillo.
Lo mostrò all'uomo e, sempre
sorridendo, pronunciò nella sua lingua una frase incomprensibile, dal suono
però meraviglioso, come una manciata di campanelle d'argento lasciate cadere su
un cuscino di piume. L'uomo, che non aveva capito nulla, annuì, e l'Imperatore
allora estrasse dalla sua scatola un drappo di seta viola e lo stese sul
pavimento, con molta cura. Quando ebbe eliminato anche la più piccola piega vi
fece inginocchiare l'uomo, vi si inginocchiò a sua volta e si mise al lavoro.
Pareva veramente impossibile che un
cacciavite così microscopico potesse svitare una vite così grossa, ma la vite
cominciò a girare senza fatica, e, girando, a uscire dall'ombelico: un giro,
due giri, tre giri, la vite uscì sempre di più, finché fu completamente fuori,
e l'Imperatore-bambino la mostrò all'uomo tenendola tra le dita. L'uomo allora
si guardò la pancia e sbalordì: per la prima volta la vide normale, liscia e
senza viti come quella di tutti gli altri. Era libero: la sua tenacia era stata
premiata, la maledizione che lo aveva accompagnato per tutta la vita era
finita. Balzò in piedi, pazzo di felicità, e gli cadde il culo per terra.
(Sandro Veronesi, da
La forza del passato)
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