domenica 17 novembre 2013

La luna guarda Stella



Lento, nel chiarore lunare della notte lenta, il vento là fuori muove cose che fanno ombra nel muoversi. Forse non sono soltanto i panni stesi al piano superiore, ma l’ombra in sé non conosce camicie e fluttua impalpabile in un accordo muto con tutte le cose.

Ho lasciato le imposte aperte per svegliarmi presto, ma fino ad ora (e la notte è già così avanzata che non si sente nulla) non ho potuto abbandonarmi al sonno né restare completamente sveglio. Il chiarore lunare sta oltre le ombre della mia camera senza penetrare dalla finestra. Esiste, come una giornata di argento vuoto, e i tetti del palazzo dirimpetto che vedo dal letto sono liquidi di oscurata bianchezza. Come un augurio che venga dall’alto a chi non può sentire, c’è una pace triste nella luce dura della luna.

E senza vedere, senza pensare, gli occhi ormai chiusi nel sonno assente, penso con quali parole vere si può descrivere un chiarore lunare. Gli antichi direbbero che il chiardiluna è bianco, o che è d’argento. Ma il biancore falso del chiardiluna è di molti colori. So che se mi alzassi dal letto e guardassi da dietro i vetri freddi nell’alta aria isolata, il chiardiluna sarebbe di un bianco grigio azzurrino sul giallo sfumato; che sui tetti variati, con dislivelli di oscurità degli uni sugli altri, il chiarore talvolta indora di bianco-nero gli edifici docili, altre volte inonda di un colore privo di colore il rosso marrone delle tegole alte. In fondo alla strada, placido abisso dove le pietre nude si arrotondano irregolarmente, non c’è altro colore che l’azzurro che proviene forse dal grigio delle pietre. Sul lontano orizzonte c’è una sorte di blu scuro, diverso dal blu nero del cielo basso. Sulle finestre il chiarore lunare è di un giallo-nero.

Da qui, dal mio letto, se apro gli occhi assonnati da un sonno che io non ho, c’è un’aria di neve trasformatasi in colore sul quale galleggiano filamenti di madreperla tiepida.

E, nel pensarlo con i sensi, il chiardiluna è un tedio fatto ombra bianca che si oscura come se gli occhi si chiudessero su questo biancore indistinto.


Pessoa, Il libro dell’inquietudine







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