Ci sono parole perfette,
che aprono un mondo e lo contengono, inspiegabili se non con complessi giri di
parole. Parole contenitori che raccontano l’apatia, l’indolenza, la
refrattarietà nate da sconforto e dolore, di quando si sta così male che niente
più sembra interessare, e il mondo ha frequenze che semplicemente non
interessano più, ché nulla può scalfire la condizione che si sta attraversando.
Questa parola è napoletana ed è «appocundria»
Davide Enia
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