sabato 24 dicembre 2016

L'uomo che dice No




Un vecchio amico e io siamo soliti discutere da anni, tra un bicchiere e l’altro, sulle caratteristiche che dovrebbe avere la nostra società perfetta; alla fine, dopo molte discussioni, siamo giunti alla conclusione che in quella repubblica ideale ci sono soltanto tre personaggi imprescindibili: un maestro, un medico e un uomo che dice «No». Il maestro è colui che insegna a vivere; il medico è colui che insegna a morire; l’uomo che dice «No» è colui che preserva la dignità collettiva: è l’uomo che, nelle situazioni limite, nei momenti più rischiosi, quando si decide il destino della società ed è più difficile conservare i nervi saldi e tutti o quasi tutti perdono il senso della realtà e dicono Sì per un errore di valutazione e chi non lo fa non osa dire «No» per timore di essere rifiutato dalla maggioranza, in quel momento, dopo essere andato in piscina e avere riflettuto senza fretta e con la massima serietà ed essere giunto a una conclusione, ha il coraggio di dire «No», tranquillamente, senza alzare la voce, con la stessa ostinata impavidità e la stessa mancanza di gestualità e la stessa discrezione inflessibile e la stessa dignità statuaria con cui Kafka disse «No» quel giorno del 1912, nel bel mezzo della battaglia tra la polizia e i manifestanti.
Quest’uomo non vuole erigersi a esempio per nessuno né dare lezioni a nessuno; e non dice «No» per il piacere o il capriccio o la vanità della contraddizione, né è un conformista dell’anticonformismo, né dal suo rifiuto ottiene qualche reddito economico e professionale: semplicemente ha il coraggio di pensare con lucidità e di agire in accordo con ciò che pensa. Quest’uomo è il nemico del popolo di Ibsen, l’uomo in rivolta di Camus, in molti sensi il protagonista dei grandi romanzi di Kafka. Quest’uomo incarna la dignità dell’intellettuale.

Javier Cercas, «L’uomo che dice No»






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