martedì 30 maggio 2017

Pensionati / 2














Pensionati / 1




Francesco ha tre anni meno di me, si è diplomato in ragioneria ma non gli è servito perché nella vita ha scelto di lavorare per una s.p.a. quotata in borsa con una mansione del tutto avulsa dai suoi studi. Si calcola che negli ultimi 20 anni abbia incassato tra stipendio base e cessione dei diritti di immagine circa 85 milioni di euro netti, cifra che un operaio della F.I.A.T guadagnerebbe lavorando ininterrottamente per 5.450 anni senza ferie. Alla sua squadra è costato complessivamente 150 milioni di euro, che è esattamente la cifra che il governo ha stanziato con la Legge di Bilancio 2017 per il diritto allo studio (borse). Il picco massimo lo ha raggiunto nel 2005 quando è arrivato a percepire uno stipendio netto di 6 milioni di euro, lo stesso anno la CEI ne stanziava 3 (la metà) per il terremoto del Kashmir (82.000 morti). Francesco è così bravo a fare il suo lavoro che molte altre aziende lo pagano altri milioni di euro soltanto per fargli pronunciare il loro nome: Nike e Diadora, FIAT, Pepsi, Vodafone, PartyPoker.it, 10eLotto. Adesso ha deciso di smettere di lavorare e godersi con sua moglie il suo appartamento a Milano, l'attico e le sue due ville a Roma nonché l'appartamento di 36 vani catastali all'Eur, mentre i suoi marchi di abbigliamento e la scuola da lui fondata (con 500 iscritti all'anno) speriamo gli garantiscano, a 40 anni, una pensione dignitosa.
La sua storia ha commosso l'Italia intera.

         Ettore Ferrini 

 




venerdì 26 maggio 2017

Isole



Sono felice solo in mare, nel tragitto tra un'isola che ho appena lasciato
e un'altra che devo ancora raggiungere

Caro diario, Nanni Moretti
 





Grillo e formica




 






giovedì 25 maggio 2017

Invecchiare




Non è facile invecchiare con garbo.
Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle,
di nuovi solchi, di nuovi nei.
Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, 

senza mortificarla in una nuova età che non le appartiene,
occorre far la pace con il respiro più corto, 

con la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi,
con le giunture, con le arterie, coi capelli bianchi all’improvviso,
che prendono il posto dei grilli per la testa.
Bisogna farsi nuovi ed amarsi in una nuova era,
reinventarsi, continuare ad essere curiosi, ridere
e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole
cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia,
ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani,
allontanarsi dal sé, 
ritornarci, cantare, maledire i guru,
canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza.
Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo
godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli.
Bisogna camminare dritti, saper portare le catene,
parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia.
Non è facile invecchiare, ma l’alternativa 
sarebbe stata di morire 
ed io ho ancora tante cose da imparare.


Cecilia Resio, Le istruzioni






mercoledì 24 maggio 2017

Karma




''Theunis Botha ha perfezionato i safari per la caccia con cani di leopardi e leoni in Africa ". Così il sito di The Big Game Safari definisce il suo fondatore, il cacciatore sudafricano di 51 anni morto durante una battuta di caccia in Zimbabwe. La società faceva capo a Botha e sul suo sito invita a partecipare ai safari con foto di gruppo trionfanti, in primo piano le prede: leopardi, coccodrilli, leoni, giraffe, appunto. 
Pelli senza vita, zanne e dentature ormai inoffensive, perché di cadaveri, ma stimate milioni di dollari. I turisti che vogliono uccidere con le proprie mani gli animali per saccheggiarli vengono da tutto il mondo.

 
 
 

Venerdì 19 maggio Theunis Botha stava guidando un gruppo di clienti in una battuta nel parco Nazionale di Hwange quando il gruppo si è imbattuto in una mandria di elefanti. 
I cacciatori con il fucile imbracciato hanno cominciato a sparare al branco, in cui c'erano anche alcune elefantesse incinte. Botha però è stato colto di sorpresa da un quarto pachiderma, una elefantessa distaccata dal gruppo. L'animale si è avvicinato al cacciatore e lo ha sollevato con la proboscide. Uno dei cacciatori, amico di Botha, ha sparato all'elefantessa cercando di liberare Botha. L'animale è stato ucciso ma collassando a terra ha schiacciato l'uomo.
 
Botha era considerato il pioniere delle battute in stile europeo nel Sud del continente africano, impegnato da sempre ad offrire il massimo per i suoi clienti. Cioè un safari con cani e fucili, a caccia di trofei da portare a casa come souvenir.






martedì 23 maggio 2017

Polli e chef




Io non sono esattamente un filantropo. Sono una persona educata, paziente e con un talento naturale per il subire in silenzio, ma faccio fatica a interessarmi ai problemi altrui, non vado matto per animali e bambini (per me sono solo un problema igienico) e se faccio un favore a qualcuno, lo faccio solo perché mi sono incaponito nel voler essere quel tipo di persona che fa i favori, ma non li faccio con la gioia nel cuor. Certo, non mi piace vedere la gente che soffre, ma se capita mi limito a cambiare canale. Quindi, in estrema sintesi, non sono un filantropo e men che meno un cosiddetto buonista, ciononostante, se c’è una cosa che mi dà fastidio, è tutta questa dilagante avversione per gli stranieri. Non tanto per motivi etici, chi se ne frega dell’etica? L’etica è solo un trucco per fare del male agli altri continuando a sentirsi buoni. È una questione di logica: che differenza fa se il tuo vicino di casa è bianco, nero o verde? Per caso devi abbinarlo al divano? Giudicare una persona per le sue azioni o le sue idee è logico, giudicarla per come è colorata, pettinata o vestita è illogico, incredibilmente e fastidiosamente illogico. Infatti la gente non odia gli stranieri perché convinta che siano dei delinquenti, ma si convince che siano dei delinquenti perché li odia. Prima viene l’odio, poi tutto il resto. Se così non fosse non si spiegherebbe la gioia sfrenata con cui accoglie ogni notizia di cronaca nera quando il colpevole è uno straniero, è la gioia di chi riceve il via libera per odiare da Dio in persona.


Non sei tu che sei un razzista di merda, figliolo, sono loro che sono dei delinquenti.

Grazie, Dio! Lo sapevo!

Odia più che puoi, l’etica è dalla tua parte.

Posso odiare anche i vigili urbani?

Certo, hanno ucciso Carlo Giuliani.


Primo Levi, che era uno che se ne intendeva di queste cose, diceva che l’odio razziale è una cosa che viene spontanea anche ai polli.

L'avversione contro gli ebrei, impropriamente detta antisemitismo, è un caso particolare di un fenomeno più vasto, e cioè dell'avversione contro chi è diverso da noi. È indubbio che si tratti, in origine, di un fatto zoologico: gli animali di una stessa specie, ma appartenenti a gruppi diversi, manifestano fra loro fenomeni di intolleranza. Questo avviene anche fra gli animali domestici: è noto che una gallina di un certo pollaio, se viene introdotta in un altro, è respinta a beccate per vari giorni.

Ecco perché le pulizie etniche non passano mai di moda, come i jeans. Eppure gli esseri umani non sono polli. La cosa che mi fa diventare matto è: perché uno con un cervello così


si comporta come se avesse un cervello così?


Per tentare di capire, ho cercato di mettermi nei panni dei razzisti, cioè ho sostituito mentalmente gli stranieri con una categoria di persone che io disprezzo e che, se dipendesse da me, resterebbe rinchiusa a vita negli istituti alberghieri: gli chef.
Cosa proverei io se ogni anno arrivassero in Italia migliaia di tizi così?


Migliaia di narcisisti vestiti come la parodia di un cuoco della Disney, tutti convinti di essere grandi artisti, delle specie di Michelangelo dei fornelli, con la piccola differenza che le opere di Michelangelo durano secoli, mentre le opere di uno chef durano il tempo di andare in bagno. Come reagirei se nei tg vedessi barconi carichi di chef sbarcare sulle coste italiane? Uomini, donne, bambini, tutti chef, tutti vogliosi di farti provare i loro audaci abbinamenti culinari, cioè più o meno gli abbinamenti che faccio io quando ceno con quello che mi è rimasto in frigo: pizzoccheri col tonno, cetriolini sottaceto e maionese, solo che io non farei mai pagare una roba del genere 100 euro e, soprattutto, non avrei mai il coraggio di spacciarla per “tagliatelle di grano saraceno con tonno cilindrico, cetrioli mignon rifiniti all’aceto e ricordo di uova”. Questa gente è riuscita a far credere ai poveri che, se buttano via mezzo stipendio per mangiare cose a caso descritte in modo eufemistico, allora possono provare l’emozione di sentirsi ricchi per una sera. Peccato che un ricco non si farebbe mai infinocchiare in questo modo, altrimenti non sarebbe diventato ricco.
Ecco, se esistesse un populista che mi promettesse di espellere dall’Italia tutti gli chef o, che so, di potergli sparare se mi entrano in cucina, io dovrei fare davvero uno sforzo enorme per non andarlo a votare, ma alla fine penso che resisterei. In fondo preferisco seguire la logica invece che i polli.


Pubblicato da Smeriglia | 22.5.17







lunedì 22 maggio 2017

sabato 20 maggio 2017

Marcia su Milano





 






Giardini




Anche voi, pensando il vostro giardino, evitate di mettervi subito davanti a un foglio di carta. Immergetevi prima nel luogo, assorbitene la presenza, le energie. Lasciatevene guidare. Entrate in contatto. Sappiate aspettare. In silenzio, senza fretta. Ascoltate. Sakuteiki, manuale dei giardinieri del Sol Levante, inizia proprio da qui, da un'attitudine docile e ricettiva. È gentile non dimenticare che la nostra presenza è imposta a un paesaggio preesistente. Bellezza e armonia nascono spesso dall'occultamento di una simile violenza. 
 
Pia Pera, Il giardino che vorrei


In foto: Il giardino di Pia Pera






No, grazie








giovedì 18 maggio 2017

mercoledì 17 maggio 2017

Frida Kahlo




«Sono nata con una rivoluzione. Diciamolo. È in quel fuoco che sono nata, pronta all’impeto della rivolta fino al momento di vedere il giorno. Il giorno era cocente. Mi ha infiammato per il resto della mia vita.
Da bambina, crepitavo. Da adulta, ero una fiamma». 


 Un evento terribile, il 17 settembre 1925, all'età di 18 anni, cambiò drasticamente la sua vita e la rinchiuse in una profonda solitudine che ebbe solo l'arte come unica finestra sul mondo. Frida all'uscita di scuola salì su un autobus per tornare a casa e pochi minuti dopo rimase vittima di un incidente. L'autobus finì schiacciato contro un muro. Le conseguenze dell'incidente furono gravissime per Frida: la colonna vertebrale le si spezzò in tre punti nella regione lombare; si frantumò il collo del femore e le costole; la gamba sinistra riportò 11 fratture; il piede destro rimase slogato e schiacciato; la spalla sinistra restò lussata e l'osso pelvico spezzato in tre punti. Inoltre, un corrimano dell'autobus le entrò nel fianco e le uscì dalla vagina. Nel corso della sua vita dovette subire 32 operazioni chirurgiche. Dimessa dall'ospedale, fu costretta ad anni di riposo nel letto di casa, col busto ingessato. Questa situazione la spinse a dipingere. Il suo primo lavoro fu un autoritratto, che donò al ragazzo di cui era innamorata. Da ciò la scelta dei genitori di regalarle un letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto, in modo che potesse vedersi, e dei colori. Iniziò così la serie di autoritratti. "Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio" affermò. Dopo che le fu rimosso il gesso riuscì a camminare, con dolori che sopportò per tutta la vita. Fatta dell'arte la sua ragion d'essere, per contribuire finanziariamente alla sua famiglia, un giorno decise di sottoporre i suoi dipinti a Diego Rivera, illustre pittore dell'epoca, per avere una sua critica.

(Wikipedia)