Dentro
il Noi che Sara pronunciava c’era tutta la vita che avremmo fatto
insieme, come una valigia riempita fino all’orlo di parole e su cui
poi ci si doveva sedere, per poterla chiudere. Perché esistesse quel
Noi era necessario che ci fossero dei figli. Perché il suo Noi era:
Noi che adesso siamo solo in due ma poi saremo in tre o quattro se
non cinque, e vi riempiremo il palazzo di bambini che all’inizio
piangeranno un po’, poi usciranno sul balcone con qualcuno che li
farà camminare sulle punte e voi potrete salutarli se vorrete, poi
sul balcone giocheranno da soli con la faccia dentro la merenda, poi
li vedrete uscire dal portone per mano alla madre per andare a
scuola, poi li vedrete uscire da soli, fare due metri, voltarsi
indietro, girare l’angolo e accendersi una sigaretta, allora ci
sentirete litigare con loro e sentirete sbattere le porte, le urla
che passeranno da una stanza all’altra della casa, poi ci sentirete
litigare tra di noi, tra madre e padre, perché non saremo d’accordo
sui modi di educare, e uno di noi lo vedrete uscire nervoso sul
balcone a fumare e tornare dentro e di nuovo uscire, e dei nostri
figli qualcuno uscirà tutti i pomeriggi e qualcun altro invece starà
sempre chiuso in casa, e gli vedrete cambiare le andature giú in
cortile, impettirsi sui sederi oppure rimbalzare molleggiati come
scimmie, qualcuno aprirà le spalle strafottente e qualcun altro le
richiuderà impaurito, e poi cominceranno a portare a casa i
fidanzati e le fidanzate e quando vi abituerete a uno di loro di
colpo poi non verrà piú, e andranno all’università e li vedrete
partire la domenica con un borsone e tornare il sabato con lo stesso
borsone piú sformato, e li vedrete portare via le loro poche cose in
un trasloco e venire ogni tanto per pranzo la domenica e per Pasqua e
per Natale, e noi, noi madre e noi padre, ci vedrete all’improvviso
orfani di figli stare seduti per lunghe ore sul balcone senza dirci
niente, per poi scattare in casa al suono del telefono e avere di
nuovo qualcosa da dirci dopo la telefonata, e poi vedrete delle pance
crescere attraversando il cortile insieme ai nostri figli e tutto
ricomincerà, e sentirete piangere un’altra volta dentro casa e noi
che allora invecchieremo tutto d’un colpo, in uno schianto
improvviso, e sorrideremo accontentandoci, affaccendati da questi
figli che i nostri figli ci avranno dato al posto loro.
Andrea
Bajani, Ogni promessa
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