A
proposito di probità le dirò una cosa. Quando uno comincia a
scrivere un saggio di quaranta pagine su qualsiasi argomento, parte
da alcune affermazioni preliminari e ne rimane prigioniero. Una certa
idea della probità lo obbliga ad andare fino in fondo rispettandole,
lo obbliga a non contraddirsi; tuttavia, a mano a mano che prosegue,
il testo gli prospetta altre tentazioni, che è costretto a
respingere, perché si allontanano dalla via prefissata. Siamo
rinchiusi in un cerchio che abbiamo tracciato noi stessi.
Ed è in
questo modo che, volendo essere probi, si cade nella falsità, nella
mancanza di veracità. Se questo succede in un saggio di quaranta
pagine, che cosa non accadrà in un sistema! Qui sta il dramma di
ogni riflessione strutturata: non permettere la contraddizione. E
così si cade nel falso, si mente a se stessi per salvaguardare la
coerenza. Se invece si compongono frammenti, è possibile dire nello
stesso giorno una cosa e il suo contrario. Perché? Perché ogni
frammento nasce da un’esperienza diversa, e perché queste
esperienze sono vere: sono l’essenziale. Si dirà che ciò
significa essere irresponsabili; ma in tal caso lo si sarà al modo
stesso in cui è irresponsabile la vita.
Un pensiero frammentario
riflette tutti gli aspetti della tua esperienza; un pensiero
sistematico ne riflette uno solo: l’aspetto controllato, e per ciò
stesso impoverito. In Nietzsche, in Dostoevskij si esprimono tutti i
tipi di umanità possibile, tutte le esperienze. Nel sistema parla
solo il controllore, il capo. Il sistema è sempre la voce del capo:
proprio per questo ogni sistema è totalitario, mentre il pensiero
frammentario rimane libero.
Emile Cioran, Intervista
con Fernando Savater
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